sabato 5 gennaio 2013

E le Mamme Natale?



Si è spesso cercato - lo hanno fatto soprattutto gli scrittori - di attribuire a Babbo Natale una compagna. William Joyce in À ce soir, Père Noël ha messo in scena una «coppia Natale» regale che vive al Polo Nord e che accoglie in casa tre bambini perdutisi nella loro dimora. In I balocchi di Babbo Natale, Marie-José Sacré e Évelyne Passegand inventano una Mamma Natale bisbetica che tiene occupato il suo sposo facendogli fabbricare giocattoli. In Svizzera, Babbo Natale è spesso accompagnato dalla sua sposa che, curiosamente, è santa Lucia. In realtà - e da molto tempo (vedi l’antico nome germanico del solstizio d’inverno: «notte delle madri» o «della madre») - alcuni personaggi femminili sono stati associati a questo periodo di Jul/Natale. Anzi: quando queste entità femminili esistevano, hanno spesso preceduto i loro omologhi maschili (vedi Babbo Gelo, accanto all’arcaica Babouchka o Befana italiana, che non fu mai soppiantata, come distributrice di regali, da san Nicola o da Gesù Bambino). Si possono distinguere tre principali categorie di «Mamme Natale» che potranno ritrovarsi anche in uno stesso personaggio: le dispensatrici (di regali, di bambini), le condottiere della caccia selvaggia e le filatrici. Le prime due categorie svolgono funzioni assimilabili a quelle maschili. Al contrario, la terza è specificamente femminile e corrisponde a un’attività arcaica, quella delle donne che tessono la grande tela del destino (destino dei mondi, degli esseri...) e che, di conseguenza, si pongono come ordinatrici o regolatrici del mondo (funzione essenziale). In un certo senso, sono senz’altro manifestazioni di un personaggio sciamanico antichissimo, la vecchia madre delle ossa, che recuperava le ossa degli sciamani smembrati (simbolicamente, in una cornice iniziatica allegorica) dopo la loro iniziazione, e ricostituiva la struttura psicofisica dell’impetrante. Poteva affidare questo lavoro ai nani, sottoterra. Le Norne, queste dee filatrici germaniche, avevano un telaio costituito - si diceva - di ossa. Si noterà che la maggior parte di questi personaggi femminili sono bipolari, poiché presentano aspetti al tempo stesso terrificanti e benefici. Inoltre, anche alcuni tratti del loro aspetto fisico sono spesso mostruosi. In effetti, hanno conservato le caratteristiche precise, bipolari, del loro antico statuto di divinità pagane, non assimilate dal cristianesimo, mentre i loro corrispettivi maschili dividevano gli aspetti antinomia tra due esseri diversi. Le due «Mamme Natale» più rappresentative sono germaniche e si chiamano Holda e Perchta. A volte si confondono, ma la prima appartiene soprattutto al Nord e al Centro della Germania e si manifesta la notte di Natale, mentre la seconda opera soprattutto nel Sud della Germania all’Epifania. Entrambe riuniscono le tre funzioni: distributrice, condottiera della caccia selvaggia e filatrice. L’una e l’altra hanno un aspetto spaventoso, pur mostrandosi buone nei confronti dei bambini. Nella Germania centrale, dunque, la personificazione femminile di Natale era chiamata Holda o Holt. Per metà strega, per metà fata, è una signora vecchissima (a volte, la si vede con tratti giovani) dai capelli bianchi e dai denti grandissimi. Vive in una grotta dove passa le sue giornate a filare e a fare le pulizie. La lascia soltanto una volta all’anno, a Natale, per portare felicità e prosperità alle famiglie. Malgrado la sua fisionomia un po’ inquietante, i bambini tedeschi l’aspettano la sera di Natale, perché viene a distribuire i regali. La ritroviamo nei fratelli Grimm con il nome di Frau Holle. Quando Frau Holle rifa’ il letto - si legge in Le fate dei Grimm - le piume del guanciale cadono sulla terra sotto forma di fiocchi di neve. In Norvegia, è Huldra o Hulda. Questi nomi sono stati legittimamente accostati a quello della dea nordica dei morti, Hel, benché Holle sia piuttosto una dea dell’agricoltura in queste regioni. Ma nell’antica tradizione germanica vi è un legame tra Morte e Fecondità. D’altronde, si è fatto di Holle, come di Odino-Wotan, una cacciatrice, una condottiera della caccia selvaggia, o almeno un membro della schiera di Wotan nella forma di «Dama Bianca». Si dice in particolare che conduca il corteo dei bambini morti in età neonatale. È il caso della Huldra norvegese Ed è probabilmente Frau Gode o Wode (esplicitamente, Wode è un nome di Wotan), una cacciatrice di Mecklembourg, che cavalca un cavallo bianco (come il dio) accompagnata da una muta di mastini e di altre bestie selvagge. Logicamente è stata assimilata, in particolare dai predicatori cristiani, a Diana cacciatrice che in Omero appare con il nome di Agrotera, cioè «quella delle bestie selvagge». Quest’antica dea greco-romana era intimamente associata al cervo. A proposito di Diana, si può d’altronde segnalare una curiosità che esalta l’antichità della tradizione britannica legata al cervo. Si dice che la cattedrale di Saint-Paul sia costruita su un antico tempio di Diana. Nel 1830, durante i lavori, fu infatti scoperto un altare di pietra dedicato alla dea e, più tardi, una statuetta di bronzo. Ora, Saint-Paul è stata per molto tempo - almeno fino al XVI secolo - la cornice di una cerimonia singolare, il blowing of the stag, l’«abbattimento del cervo», che si svolgeva due volte all’anno, per la festa della Conversione e la festa della Commemorazione di san Paolo. In ogni occasione si abbatteva un cervide: una cerva per la prima festa e un maschio per la seconda. La testa della bestia sacrificata veniva quindi poggiata su un palo. Una processione usciva dalla cattedrale e i suonatori soffiavano nelle trombe nelle quattro direzioni. Questa cerimonia risale probabilmente ai tempi precristiani. Ma ritorniamo a Holda nella veste di dea dell’agricoltura. In Francia, è Abundia (Habonde, in Jean de Meung) o Satia, e in Italia è Richella: questi tre nomi significano «Abbondanza», vocabolo idoneo a una dea dell’agricoltura. Nell’Inghilterra anglosassone sarà riconosciuta nei tratti di una dea misteriosa chiamata Sataera o Saeter. Quest’ultima ha dato il suo nome al sabato: Saturday, giorno di Saeter. Notiamo che questa divinità era considerata - logicamente, come Holle - una dea dell’agricoltura. Potrebbe essere dunque la controparte femminile di Saturno, lui stesso dio della Semina e delle Messi e Signore del Sabato. Nel XIII secolo, Guillaume d’Auvergne raccontava già che le «Signore della Notte», guidate da Domina Abundia o Satia, si libravano nell’aria e invadevano le cantine dove mangiavano e bevevano, ma in cambio portavano la prosperità alla casa. Così, malgrado la sua appartenenza alla caccia selvaggia e alcuni tratti tenebrosi, Holda è davvero una dea protettrice, una dea-fata che veglia particolarmente sui bambini piccoli e le donne. In alcune regioni, d’altronde, è nota semplicemente come regina delle fate. E a volte, ma di rado, la si è vista accompagnare san Nicola. Nel Sud della Germania, invece, è dunque una Dama Perchta (Berchta, Bertha, Berta o Eisenberta) che passa con la caccia selvaggia durante Jul e anche lei è stata dunque assimilata a Diana. Nella notte dell’Epifania, lascia la sua schiera per scendere sulla terra e distribuire regali. Nonostante questa funzione, i suoi tratti più terrificanti restano intatti. Ha la fama di uccidere e sventrare con facilità bambini e adulti. Si dice che abbia un «naso di ferro», che la fa assomigliare a un uccello predatore (vedi il poeta tirolese Hans Vinte, verso il 1410). Per proteggersi, furono escogitati metodi diversi: far dormire i bambini sotto la culla, durante quella notte; appendere ferri da cavallo alla porta delle coppie senza figli; lasciare sulla tavola e sul tetto i resti del pasto della famiglia; e, soprattutto, fare sfilate di maschere e travestimenti. Nel Tirolo, un grande carnevale organizzato durante lo Jul, e precisamente nel giorno dei SS. Innocenti, il 28 dicembre, lo Schemenlaufen («corsa delle maschere»), era originariamente una festa in onore di Perchta (Perchtlaufenl, «corsa di Perchta» o Perchtafest).

Malgrado gli aspetti cupi e l’appartenenza all’inquietante Caccia spettrale, è paradossalmente soprannominata «la brillante» o «la luminosa». E, in fondo, la sua venuta era una garanzia di fertilità futura. Inoltre, proteggeva le colture e guidava le anime dei bambini non battezzati (in altri termini, morti in età prematura).Condivideva dunque questa funzione con Holda ma Perchta, detta «la Filatrice», è prima di tutto, come indica il suo soprannome, la grande dea filatrice dei Germani, la Frigg/Frigga delle regioni più settentrionali (Frigg - la sposa di Odino, l’archetipo della Madre - il cui attributo principale era la rocca). Questo simbolismo la rimanda alle Nome (le tre filatrici nordiche del Destino, corrispondenti alle Moire o Parche della tradizione greco-romana) e in particolare alla più antica tra esse, Urd. Si dice che quest’ultima metta alla prova le filatrici, che ricompensi le meritevoli e imbrogli la canapa o il lino delle negligenti, soprattutto se osano filare durante lo Jul, tempo in cui quest’attività era vietata. Durante questo periodo, la filatura era appannaggio delle sole Norne che filavano i destini - il Wyrd -dell’anno successivo. In Francia, il suo equivalente era Berta la filatrice, presunta figlia del duca di Alemannia, che appare anch’essa con i tratti di una cacciatrice regale.
Pur ricompensando con facilità, Perchta se ne va in giro con un bastone, che ricorda forse la sua rocca, per punire i bambini disobbedienti. È nota anche come protettrice delle donne senza bambini e divinità della fertilità vegetale. Un personaggio del folklore francese, la zia Arie, ricorda molto Perchta. Come quest’ultima e come Holda, è per metà fata, per metà strega. Spesso gigantesca, si dice che abbia denti di ferro, come Holda, e zampe d’oca. Nella notte tra il 24 e il 25dicembre, giunge con il suo asino che porta due gerle e una campanella. Entra dal buco della serratura, il camino o la finestra, porta dolci ai bambini buoni e colpisce con la verga i bambini disobbedienti. Anche lei vive in una caverna e, come Perchta, la zia Arie fila laboriosamente durante tutto l’anno e mette alla prova le filatrici. Imbroglia il filo delle cattive filatrici e ricompensa le migliori. Si racconta che può perfino trasformarsi in serpente: in questa occasione, distribuisce borse piene d’oro e in cambio le viene offerto pane e latte o un ramo di vischio. Altre personificazioni femminili di Natale, che accompagnano o meno san Nicola, sono probabilmente altre forme di Holda o di Perchta tra cui Budelfrau, Butzenbercht (allusione esplicita a Berchta) e Klausenweiblein (moglie di Nicola). Se si considera il nome germanico-anglosassone della festa del solstizio d’inverno, la Modranicht («notte delle madri, o della madre») e che questo nome, proposto da Beda, sia autentico, è probabilissimo che una grande dea filatrice - e prima fra tutte Frigg - o un gruppo come le Norne, sia stato celebrato in quell’occasione. Dal punto di vista simbolico, sembra logico tessere in questo periodo di solstizio - l’anno in formato ridotto - il Wyrd (destino) dei mesi futuri. Il ricordo di queste madri germaniche sembra essersi conservato in alcuni luoghi: così, le fate di Natale, le buone Signore dei cantoni svizzeri di Neuchâtel e di Berna e le dame bianche dei Pirenei visigoti ci sono probabilmente allusioni alle antiche «madri» germaniche. Tutte, secondo Van Gennep, distribuivano regali e in cambio si offriva loro un pasto.
Un altro personaggio femminile tipico di questo periodo è la Signora di Natale (la Madre?) che arriva il 24 dicembre, incoronata di candele o di rose, vestita di bianco come santa Lucia, con lunghi capelli biondi. I personaggi mascherati che la rappresentano durante le processioni indossano una parrucca di canapa e si infarinano il viso per accentuare il biancore, in contrasto con il viso ricoperto di fuliggine del Santa Claus di Moore o degli orchi/Castigamatti. Ha una campanella d’argento nella mano destra e un cesto di caramelle nella sinistra. Fin dall’autunno, presso i Sorbi, una tribù slava della Germania orientale, arriva la Besherkind o
Kindlein.
È un uomo travestito da donna (a volte semplicemente una donna) velata di bianco. Il suo vestito è ricoperto di nastri. Una ragazza la guida. In mano, la Besherkind tiene un fascio di rami di betulla per punire i disobbedienti, ma ricompensa d’altro canto i meritevoli con noccioline, mele o dolci.
Quanto a santa Barbara, festeggiata il 1° dicembre, e associata alla rinascita e alla fertilità, accompagna talvolta san Nicola nei suoi giri di distribuzione di regali il 6dicembre. Più a Sud, ricordiamo che gli antichi Romani tributavano un culto alla dea Fortuna dei Saturnali, per la quale si lasciava un posto a tavola, e alla dea Strenia delle Calende che ha dato il suo nome alle strenne. Ma in Italia, il personaggio più importante del periodo di Natale/Capodanno è la Befana. Ancora oggi, svolge lafunzione di Mamma Natale a Roma (mentre in altre regioni d’Italia, è Babbo Natale o più in generale Gesù Bambino). È presentata come una strega vecchia e gentile tutta vestita di nero, con grandi denti (decisamente una caratteristica comune a moltissime di queste donne Natale). Per l’esattezza, la Befana è la personificazione dell’Epifania (6 gennaio). Durante questa notte, tra il 5 e il 6, viaggia su una scopa sciamanica per distribuire i suoi regali attraverso i camini. In Toscana, le questue dei bambini si chiamavano Befanate. La leggenda vuole che la Befana sia stata scacciata dall’Europa del Nord da san Nicola, che la prese per una strega cattiva: «Un tempo la Befana / la Befana se ne andava /A cavallo sulla scopa / E il vento / Il vento del Nord ululava» diceva la canzone intonata dai bambini toscani durante la questua. La leggenda cristiana racconta che un giorno, raccogliendo la legna, la Befana si sarebbe imbattuta nei Re Magi che cercavano il Bambino Gesù e si sarebbe rifiutata di seguirli. La Befana avrebbe poi cambiato idea e avrebbe deciso di raggiungerli ma si sarebbe persa e sarebbe atterrata (ricordiamoci che viaggia sulla sua scopa magica) in Italia. La Befana sente la mancanza del Bambino Gesù che non riesce a trovare e, per compensare, distribuisce regali a tutti gli altri bambini. La Babouchka russa, una vecchia nonna che porta i regali, ha un destino molto simile alla Befana. Anche lei si sarebbe rifiutata di accompagnare i Re Magi o li avrebbe indirizzati verso una direzione sbagliata. Secondo un’altra tradizione, non avrebbe accettato di ospitare la santa famiglia cristiana (Gesù e i suoi genitori) durante la fuga in Egitto. Comunque sia, deve riparare a una delle sue colpe distribuendo regali ai bambini. Il folklore francese ha conservato il ricordo di inquietanti personaggi femminili di Natale. Nel Giura, Chauchevieille (Chauchepaille o Trotte-vieille) terrorizzava coloro che non andavano alla messa di mezzanotte. Nel Vallese svizzero, ricompensava i bravi bambini. Quanto alle Trotte-vieilles della Haute-Saône, anche queste «fate dall’aspetto di donna ma munite di corna» (Van Gennep) facevano regali ai bambini meritevoli, punendo invece quelli cattivi. Si cercava di rendersele amiche offrendo loro una minestra calda e la loro venuta era una «gioia per la casa»
Da: La vera storia di Babbo Natale di Arnaud d’Apremont


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