venerdì 31 agosto 2012

Il mondo fatato - Fine

Le fate amano anche le pietre in genere e ora voglio parlarvi di due pietre che per esse sono molto significative: la pietra di fata e la bufonite.

La pietra di fata
Esiste una pietra speciale che ci aiuta ad entrare nel mondo feerico: la cosiddetta “pietra di fata”, più nota come staurolite, o staurolito, che deriva il suo nome dal greco stauros, (croce), per via, appunto, della sua forma a croce.
Lo staurolite è considerato un potente amuleto, è utile oltre che per protezione, salute, denaro, per richiamare e risvegliare i poteri degli elementi.
Inoltre riequilibra le carenze e gli eccessi di uno dei nostri quattro elementi nel nostro complesso organismo. Per esempio la ritenzione dei liquidi (elemento acqua), le infiammazioni (elemento fuoco), la decalcificazione ossea (elemento terra), scarsa ossigenazione del sangue (elemento aria).
Gli stauroliti che si intersecano perfettamente producendo croci a bracci uguali sono i preferiti per scopi magici e proprio per il loro legame con tutti e quattro gli elementi e per il loro simboleggiare l’intersecarsi del piano spirituale con quello fisico, sono particolarmente adatti a favorire i contatti con il mondo fatato.

La bufonite
La pietra che invece ci può donare le fate è chiamata bufonite, da bufo, nome scientifico del rospo. Secondo la tradizione infatti queste pietre si formano nel corpo di tale animale.
Alla vigilia del giorno di San Giovanni o durante la notte stessa, oppure in una qualsiasi splendida notte dell'anno, soprattutto quando c'è la luna piena, potete offrire un dono alle Fate. Se donate con cuore sincero, sicuramente conquisterete la loro fiducia ed il loro favore. Preparate un dolce di avena o mettete del miele e del vino in una tazza oppure, ancora meglio, offrite alle Fate un canto, una danza o una poesia creati da voi o che trovate piacevoli. Prima di iniziare dite ad alta voce: "Questo è per le Fate"; ditelo nuovamente dopo aver offerto il dono, cosa che andrà fatta all'aperto, in un luogo appartato, selvaggio e solitario.
Ben presto, probabilmente il giorno dopo, scoprirete che le Fate vi hanno dato qualcosa in cambio; siate vigili, ma non offrite i vostri doni pensando di ricavarne qualcosa né aspettatevi nulla. Rimanete semplicemente all'erta. Sicuramente molto presto scoprirete nella natura un qualche oggetto strano e grazioso, oppure potrete trovare delle monete d'argento. Qualunque cosa troviate, conservatela per sempre, perché si tratta di un dono sacro e vi porterà fortuna e felicità.
Nella maggior parte dei casi l'oggetto che troverete sarà una bufonite, un ciottolo rotondo e venato di disegni splendidi e misteriosi, che sembra mandare bagliori, dalle tinte delicate. Tenetelo con voi e ponetelo sotto il guanciale; secondo la saggezza popolare, queste pietre sono gioielli mistici che si trovano nella testa di un rospo. Coloro che possiedono questa pietra saranno fortunati in amore, saggi nella divinazione e la loro vita sarà benedetta.

(Tratto da Parola di fata di Claire Nahmad)

Beh, una volta chiesi in un forum se qualcuno avesse mai trovato una bufonite, mi rispose una signora raccontandomi che assieme a sua figlia era solita raccogliere sassi dalle forme e colori particolari che poi tenevano in un angolo dell’ingresso, con statuine di fate e gnomi acquistati a Selva, in Val Gardena.
Tra questi ce n'è anche uno ovale, levigato, con sfumature ocra, nero, grigio brillante, che sembra una grossa perla, tipo cammeo... che sia una bufonite o no, è sicuramente bellissimo ed è un dono speciale che proviene direttamente dalla Natura.

Findhorn
La comunità di Findhorn, in Scozia, merita un breve cenno.
È un’associazione nata nel 1962, nota in tutto il mondo per il lavoro svolto con il regno vegetale attraverso la comunicazione sottile con i regni della natura. Findhorn è un paesino su una costa battuta da venti gelidi, il clima e il terreno erano quanto di più inospitale potesse esistere, fino a quando nel 1962 si stabilirono con la propria roulotte Dorothy Maclean, Peter e Eileen Caddy e i loro figli, dopo che erano stati licenziati in tronco. I tre avevano una voce interiore che li guidava: i deva! E grazie a un deva particolare che si definiva "architetto delle forme vegetali" cominciò a crescere miracolosamente, su un terreno di sabbia e sassi, una vegetazione prodigiosa: cavolfiori di 20 kg, fiori alti due metri, frutti di ogni genere, persino tropicali! Mi ha sempre affascinato quello che queste persone sono riuscite a fare grazie all’aiuto degli spiriti di natura, oggi Findhorn è una comunità di 400 persone che attira visitatori da tutto il mondo e che organizza seminari spirituali, le cosiddette “settimane di esperienza”. Spiega Isabella Popani, una delle resource person della comunità: “Il loro principio era l'ascolto interiore e la meditazione, qualunque forma di meditazione. Attraverso questo ascolto interiore, cioè la tua parte più profonda, entri in contatto con tutto quello che ti circonda: se dentro di noi c'è il Tutto, attraverso la parte spirituale, entri in contatto con il Tutto".
 (Ancora il consiglio del folletto Wide-Awake!)








La stella elfica a 7 punte
Desidero parlare di un simbolo molto importante nella spiritualità feerica: la stella a 7 punte o eptagramma. L’eptagramma è un simbolo sacro alla Faery Wicca, secondo questa tradizione, il suo nome è Elven o Stella delle Fate. È un disegno a tratto unico con sette punte, molto importante nell’esoterismo occidentale, simbolizza la sfera di Netzach (tradotto anche Eternità o Vittoria), ossia la capacità di esprimere l’Amore Divino nel mondo, dandogli durata e stabilità, e vincendo gli ostacoli che si frappongono alle buone intenzioni. È costanza e decisione, è il saper vincere, cioè il non inebriarsi eccessivamente della vittoria. È il senso di sicurezza che pervade chi sa di appoggiarsi sul luogo giusto.L'eptagramma è presente anche nel cuore della bandiera della nazione Cherokee, e nella bandiera australiana.Sette è il numero perfetto che unisce popoli e culture di tutto il mondo (i sette pianeti sacri, secondo l’antica astrologia, i sette colori dell’arcobaleno, le sette stelle della principale costellazione dell’emisfero settentrionale, le sette stelle delle Pleiadi, tutte collegate con i sette pianeti sacri, le sette notti di ciascun quarto di luna,i sette chakra, le sette note musicali, i sette piani dell’universo – secondo l’occultismo ci sono quattro piani nell’universo ciascuno corrispondente ai quattro elementi, ma poiché ciascun piano sopra il fisico ha un aspetto superiore e uno inferiore, più uno centrale, dà un totale di sette -, le sette ghiandole endocrine, principali del corpo umano, e così via).

Il sette è associato anche con il magico cerchio, dove abbiamo i quattro quarti o punti cardinali, il Nord il Sud l’Est e l’Ovest, più l’Alto, il Basso (il Sopra e il Sotto della tradizione ermetica, come Sopra così Sotto ): queste sono le sei direzioni che lo sciamanesimo di tutto il mondo rispetta e onora, mentre il centro del cerchio, un luogo di quiete da cui tutte si irradiano, è il settimo punto.

Esso è il “numero fortunato” per eccellenza, foriero di abbondanza e favori, ed è anche associato alla beatitudine e alla completezza spirituale (di qui l’espressione “ascendere, essere al settimo cielo”).

Secondo i pitagorici il sette è il numero perfetto, in quanto risultato della somma di due numeri perfetti, il tre e il quattro, i tre principi e i quattro elementi.





La tradizione fatata
Esiste un libro che attraverso visualizzazioni guidate e viaggi sciamanici ci indica la strada per accedere alla dimensione feerica:
La via delle fate - un viaggio verso mondi inesplorati, di Hugh Mynne, Macro Edizioni.
Hugh Mynne è nato nel 1950 in Inghilterra e si è laureato in studi religiosi presso la University College of North Wales.
Attualmente vive con la moglie in Irlanda, dove conduce seminari sulle tecniche di guarigione sciamanica e coordina un gruppo di studio sulla Tradizione delle Fate.
Oltre agli esseri fatati piccoli e graziosi di cui vi ho parlato finora, esiste un vero e proprio popolo che abita in una dimensione parallela alla nostra in un luogo ben definito:
I Tuatha de Danaan.
Nei fondamenti della via feerica che ci sono stati tramandati dai Celti la razza delle fate è chiamata Tuatha de Danaan, il popolo o le tribù della Dea Dana, una razza spirituale che abitava dimensioni energetiche.
Nel racconto della battaglia di Moytura, messo in forma scritta nel XVI secolo, leggiamo che i Tuatha de Danaan risiedevano nelle isole settentrionali del mondo, dediti allo studio della scienza occulta e della magia, delle arti druidiche e della stregoneria, fino a superare i saggi delle arti pagane.
Il termine “isole settentrionali” designa la vera patria dei Tuatha, nelle dimensioni spirituali.
Essi studiavano in quattro città: Falias, Gorias, Murias e Finias.
Gorias si trovava a oriente, Finias a sud, Murias a occidente e Falias a nord, ma c’è anche una misteriosa quinta città, non menzionata in questo testo.
Secondo Fiona Mcleod (poeta scozzese, vero nome William Sharp,nato a Paisley il 12 settembre 1855, morto a Castello di Maniace in provincia di Catania il 14 dicembre 1905 e sepolto nel piccolo cimitero inglese sempre di Maniace), quattro città sono situate sulle quattro punte del “diamante verde che è il mondo”, la quinta città, che è a forma di cuore, si trova in posizione centrale.
Si tratta di cinque sapienze, i Tuatha acquistarono le loro cognizioni ricollegandosi direttamente a questi cinque punti dell’energia sapienziale dell’universo.
In Feerilandia, ogni cosa, assolutamente ogni cosa, anche gli animali e le pietre, è viva e parla e tutto è permanente, imperituro e immutabile, inoltre ci sono specie di animali che non abbiamo mai visto sulla Terra.
Anche noi siamo collegati a Feerilandia con fibre luminose che si irradiano nei nostri corpi di luce.
I sidhe, il popolo di Feerilandia, sono detti anche popolo della pace, collegandosi ad uno dei significati di Sidhe.
L’inizio della via feerica è segnato da un paradosso: il paradosso dell’oscurità nella luce:

All’inizio era la dea
Che era tenebra e luce…

Sia le esperienze “cattive” che quelle buone devono essere accettate per mano della Dea, la Dea contiene sia luce sia tenebra, e da essa derivano nascita e morte, queste polarità non sono distinte nel suo essere, ma sfumano e si compenetrano l’una nell’altra.
Il mondo feerico è il nostro specchio e ci rimanda anche quegli aspetti bui di noi stessi e del nostro mondo da cui rifuggiamo.
Un tempo eravamo amici di queste creature, dobbiamo riguadagnare la loro fiducia e cooperare con loro e così ci si rivelerà la forma paradisiaca del mondo primordiale.
La tradizione feerica ha sempre avuto i suoi grandi veggenti e maestri, tra i quali Thomas di Erceldoune o Tommaso il Rimatore, Robert Kirk, George William Russell (il cui pseudonimo era A.E.) e il già citato William Sharp (va detto che lo pseudonimo femminile Fiona Mcleod non era solo un espediente letterario, ma una vera e propria seconda personalità psichica, più probabilmente la sua amante feerica).
Il nostro cammino verso la Via delle fate inizia con un esercizio di rilassamento, uno di purificazione, uno energizzante e due meditazioni.
Poi viene spiegato come incontrare il nostro animale di potere e il nostro alleato feerico, che saranno i nostri compagni di viaggio a Feerilandia.
Quindi partiamo con il nostro alleato fatato e il nostro animale di potere verso le quattro città del reame delle fate e in ogni città incontreremo un maestro che ci impartirà i suoi insegnamenti.
I nomi menzionati dei maestri sono gli stessi che provengono dalla mitologia celtica, Morfesa di Falias; Esras di Gorias; Uiscias di Finias e Semias di Murias.
Dalla visita di ciascuna città potremmo aggiungere un oggetto simbolo al nostro altare: una spada o un coltello per Gorias, una lancia o un bastone per Finias, una coppa per Murias, una pietra o un cristallo per Falias.
In ogni caso gli oggetti non dovranno essere di ferro, perché questo metallo suscita l’ostilità del popolo fatato.

Una volta esplorate le quattro città avremo acquisito il potere per poterci dedicare ad altre esperienze nella nostra crescita spirituale, come prenderci un/a amante fatato/a, questo del tutto facoltativo, da fare solo se ci si sente assolutamente pronti/e, pare che se ci stanchiamo di tale amante non ce lo/la toglieremo mai più dai piedi e che ci seguirà ovunque.
Nonostante potrebbe rivelarsi pericoloso, il nostro amante fatato rappresenta la nostra guida all’Illuminazione, ma dobbiamo sempre tener presente un concetto: le fate rispecchiano noi, e noi rispecchiamo loro, ma da entrambi i lati dello specchio ci sono persone reali, non semplici riflessi, e se non si ha anche un partner fisico i flussi energetici risultano squilibrati.
A questo punto della nostra esperienza spirituale potremmo anche cercarci un maestro interiore, se non l’abbiamo già incontrato durante i viaggi nelle quattro città.
Il maestro interiore può essere uno dei quattro veggenti menzionati prima, se ci siamo sentiti attratti dalla personalità di uno di essi, oppure un maestro scelto tra i grandi della tradizione.
Nel regno delle fate abbiamo anche un nostro doppio, il nostro compagno di strada che sopravvive a noi e a noi è preesistente, e viene spiegato come incontrarlo, per armonizzarci con il nostro modello energetico originario.
Infine due grandi iniziazioni da fare solo quando abbiamo eseguito alla perfezione tutte quelle precedenti e ci sentiamo veramente pronti, non prima di aver consultato il nostro maestro interiore: visitare la Valletta di pietre preziose prima di incontrare la Lavandaia al guado.
Dalla Valletta di pietre preziose usciremo rigenerati e porteremo con noi una nuova energia, la Lavandaia al guado è uno degli aspetti di Morrigan, colei che al momento della nostra morte fisica, lava la nostra anima e la prepara alla rinascita, se riusciamo a fronteggiarla ci dispenserà grandi doni, è l’incontro con i nostri scarti psichici, essa ci mette davanti al nostro sé ombra, il matto oscuro, prima carta dei tarocchi.


(Seconda e ultima parte di un mio articolo del 7 febbraio 2008)

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