giovedì 31 maggio 2012

Il Graal - XV


I Rex Deus sono anch’essi collegati al Sacro Ordine di Melchitsedeq poiché sono resi parte dei sacri misteri di Dio e della Dea che insieme formano il principio Unico. Tutte queste dottrine non possono che ricollegarsi alle leggende della stirpe sacra discesa dall’unione di Gesù e Maria Maddalena. Gesù, in quanto discendente da Davide, avrebbe creato con l’unione con la Maddalena, incarnazione di antiche dee, una stirpe di re-sacerdoti legittimi eredi, non solo del trono di Israele, ma del mondo stesso. Cosa si cela in realtà dietro a questa leggenda? Da tutto ciò che finora era emerso, mi faceva sospettare che l’unione tra Gesù e la Maddalena fosse in realtà un’allegoria per indicare l’unione del principio maschile con quello femminile o, andando più in profondità, la perpetuazione di un ordine sacro che si poneva come custode di quelle conoscenze eretiche. In sostanza, Gesù il Cristo, (l’unto, il consacrato figlio dell’uomo) e la Maddalena (incarnazione della Sophia, considerata il soffio divino di Dio, la saggezza propria del principio Anima) erano i capostipiti della Chiesa del Graal. Ciò significava che soltanto l’uomo illuminato, consacrato, cioè reso sacro, poteva tornare ad essere tutt’uno con la sua anima, con il principio femminile divino creato dagli Elohim e, in sostanza, rappresentare la saggezza che va oltre i confini del materiale e dell’io limitato. Ma, non solo, l’eresia poneva l’accento sulla figura femminile come unica depositaria dei segreti. È la donna, incarnazione vivente dell’anima che, nella sua veste di Dea, unge e consacra Gesù donandoli lo status di sacerdote-messia-re. È la donna che assiste e forse incoraggia il processo di Resurrezione in vita, così come Iside assiste e crea la resurrezione di Osiride. È la Maddalena a ricevere da Gesù il compito di custodire e proteggere le conoscenze e forse gli scritti segreti. È dal matrimonio mistico del Dio con la Dea, dell’io con l’anima, che nasce la gnosi. Ed è con la gnosi che si percorre la vera Via, quella stretta, irta di difficoltà, quella che per sua intima necessità affronta il limite imposto da Jahvè. È con la gnosi che si ottiene la redenzione dalla colpa e dal peccato e si ottiene l’immortalità, senza bisogno dell’intercessione del potere della Chiesa Cattolica e dei suoi sacerdoti. La Chiesa del Graal è portatrice di insegnamenti diametralmente opposti a quelli che ci vengono impartiti, inoltre è basata sulla predominanza della figura femminile. Secondo la Chiesa del Graal, ogni uomo può e deve attuare la resurrezione e la trasfigurazione, diventando un Cristo e un membro della fratellanza eterna dell’ordine di Melchitsedeq. Questo non toglie che i simboli possano raccontare una storia vera; i discendenti di questo ordine sono gli eredi di una tradizione occultata e bandita perché in possesso di un terribile segreto: la rivelazione di come sia possibile entrare in contatto con Dio trasmutando se stessi. Se la rivelazione divina è ottenuta tramite la gnosi, tutto l’edificio ecclesiastico non avrebbe più motivo di esistere. E fatto ancor più importante è che questa tradizione risulta derivare da quelle stesse concezioni che la Chiesa per millenni ha perseguitato. Forse perché sapevano che erano degli usurpatori.
Ciò che in tutta questa storia lasciava interdetti, non erano tanto le conclusioni a cui si giungeva. Per secoli è esistita, accanto alla religione ufficiale, una corrente sotterranea confluita in ordini segreti o eresie come il catarismo, o lo gnosticismo, o la stregoneria. La cosa strabiliante era l’accostamento di simboli pagani con edifici dedicati al culto cattolico più ortodosso. È come se i costruttori avessero avuto l’intenzione di esaltare la religione segreta in cui il principale protagonista sarebbe il principio femminile e la trasmutazione alchemica. Inoltre è sempre presente il richiamo a una linea di discendenza collegata con conoscenze esoteriche di chiara matrice egizioermetiche (quello che ho chiamato chiesa del Graal). Queste possono trovarsi anche in altri edifici sacri, ma a Monte Sant’Angelo questo contrasto tra ortodossia e culto eretico è particolarmente evidente e per nulla mascherato. Anzi, è affermata con forza la fedeltà a questa linea e ai misteri da essa custoditi

Da: Chi ha orecchie per intendere intenda - Simboli e segni della chiesa del Graal di Anonimo

mercoledì 30 maggio 2012

Il Graal - XIV

La stella a 8 punte che simboleggia il pianeta Venere
Rinascita stellare e sovranità sono gli elementi chiave di una eresia che si perde nei secoli. La ricerca di un contatto con il Divino in grado di provocare, non solo resurrezione e conoscenza, ma anche fusione delle due polarità presenti nell’umanità per arrivare a un principio unico. L’illuminazione è la condizione di accesso ai sacri misteri unico modo per poter accostarsi al principio unico e per entrare in una dimensione più elevata. Unione del femminile e del maschile, dell’io con l’anima, ascensione, unione mistica, ripristino di una condizione primigenia. Questi gli elementi dell’eresia che risplendeva a Monte Sant’Angelo. Il mago o lo gerofante, non era altro che il sacerdote in grado di usufruire delle energie che si sviluppavano e dimoravano in luoghi consacrati, cioè destinati ad essere dimora di divinità. Ma il termine consacrato indicava anche un culto segreto dedicato ai misteri di un’antica setta di sacerdoti zoroastriani. Ecco riannodarsi i fili dell’eresia. Eppure c’era un altro elemento che mi colpiva. Nell’indagare sull’origine del termine consacrato mi ero imbattuta nel termine “segreto”. Questo, stranamente ma non troppo, descriveva con precisione tutte le eresie analizzate finora. Ponendosi in contrasto con l’ortodossia cattolica, il culto eretico doveva per forza essere segreto poiché, per la sua intima natura, minacciava lo status quo esistente. Il culto segreto non era altro che una tra tante strade con cui, chi lo desiderava, poteva pervenire al mistero del Graal, secondo la sua natura e il suo grado di evoluzione. In un certo senso tutti quelli che lo cercano trovano il loro Graal. Nelle leggende ad esempio, Lancillotto lo ottiene nella forma del suo amore per Ginevra (che in fondo non è altro che un’immagine della Dea). Galvano lo trova nella scoperta di se stesso risanando la sua parte maschile. Galahad, invece, lo trova nello spirito, nel Sacro ineffabile, nella forza vitale del Soffio Divino. L’eresia di Monte Sant’Angelo aveva molto in comune con le storie graaliane. Anzi non stentavo a riconoscere le tracce del famoso ed abusato culto del Graal e della Chiesa del Graal. Molti erano gli elementi che lo identificavano: la regalità sacra, il sacerdozio di Melchitsedeq, i simboli e le immagini, la rivelazione personale dalle molteplici forme. In più mischiati con gli elementi di alchimia, ermetismo egizio, gnosticismo. Ma soprattutto la presenza della Dea. Specie nella Tumba di Rotari, la Sua presenza era viva e dinamica. Non solo nelle immagini delle donne dragone, ma anche per la presenza della coppa e della stella a otto punte. Il Graal è anche e soprattutto, una rappresentazione dell’utero della Dea Madre, colei che dà vita a tutte le cose. Ogni figura femminile all’interno delle storie del Graal non è altro che il riflesso del volto della Dea. Ginevra, ad esempio, è la sovranità inaccessibile, Morgana la fata rappresenta la conoscenza delle leggi arcane e sacre che sfidano lo status quo. La ricerca della donna ideale non è altro che l’aspirazione all’unione con la dea. Il Graal è anche il paiolo dell’abbondanza utilizzato nei sacrifici, simbolo di risurrezione e conoscenza. Il Graal contiene vino e sangue e questi elementi simbolici rappresentano la controparte maschile. Sangue del sacrificio di se, quindi simbolo dell’energia vitale dell’anima, contenuta nella sacra coppa. Questa coppa, rappresenta il principio Unico e tutta la creazione che viene avviata proprio dal sacrificio della Divinità, con l’emissione del suono (logos) o con lo smembramento del Dio. Nel Graal è contenuta tutta la storia dell’uomo, la sua genesi spirituale, i processi tramite i quali la creazione va avanti, ossia nel costante processo di vita, morte, vita. Eppure c’era un altro elemento che traspariva dal culto del Graal che piano piano mi rivelava i suoi misteri. Il rosone che tanto mi aveva colpito celava codificate altre informazioni segrete. Innanzitutto, il simbolo massonico del compasso era un esplicito richiamo a dottrine segrete di immortalità e rinascita, ma anche, secondo alcuni studiosi, custode di un’antichissima filosofia risalente all’antico Egitto e che coinvolgeva i Faraoni e Gesù, guardiani dell’antica cerimonia di resurrezione dei vivi e dell’importanza di innalzare lo spirito umano come se fosse in un tempio. In quest’ottica il calice indica anche che, per innalzarsi al cielo, occorre riunire gli opposti e fecondare la propria anima con la conoscenza, per costruire dentro di se il tempio Sacro. Nel rosone, inoltre, le donne serpente circondano la stella a otto punte. Questa è la vera eredità delle regine dragone: la conoscenza stellare come conoscenza sacra. La stella con otto punte simboleggia, infatti, il pianeta Venere, la stella del Mattino o stella della sera che per otto fasi lunari torna in un punto specifico del cielo, ogni otto anni. Nella mitologia greca fu associata ad Afrodite la dea della bellezza, della fertilità, della sessualità e della pace. Nella regione del Tigri e dell’Eufrate era invece collegata a Inanna, Isthar e Astarte anche loro Dee dell’amore e della sessualità. Il quattro, il numero delle regine dragone, indica ciò che è intangibile, il terrestre ed è in associazione al quadrato, l’equilibrio psichico. La Dea è colei che dà origine e solidità al mondo ma è anche colei che dando vita e forma, è eterna e infinita. La donna serpente o dragone, rappresenta Melusina, colei che regge il Graal quindi colei che dona vita e conoscenza. Tutti questi elementi riportano alla tradizione dei Rex Deus, i re-sacerdoti custodi di queste conoscenze mistico astronomiche

Da: Chi ha orecchie per intendere intenda - Simboli e segni della chiesa del Graal di Anonimo


Il Graal - XIII


Un uomo trasformato dal fuoco segreto degli alchimisti, (l’unico in grado di risolvere le contraddizioni dello spirito umano) rigenera non solo il suo mondo interiore, ma anche il reame esterno dove esiste sterilità e decadimento e porta rinnovamento sotto qualsiasi forma. Restituire la prosperità al reame interno dell’anima o esterno, significa guarire tramite la riparazione dei torti, delle ingiustizie, non solo esteriori, ma anche interiori. L’eroe del Graal, l’iniziato vero, è colui che conosce e incorpora il Sacro Principio: un reame che conosce ingiustizia e disgregazione è sterile. Solo chi è pronto a versare il suo sangue (o il suo io) potrà contribuire alla nascita di un nuovo mondo. In questo senso sta la regalità del Graal e la regalità del sacerdozio dell’ordine di Melchitsedeq. Verità, giustizia, equilibrio, sono i cardini su cui è impiantata la legge divina. Ma c’era un altro elemento importante e tralasciato finora: la femminilità del Graal. Anche a Monte Sant’Angelo si trova l’accenno alla Dea Madre. Il Graal circondato dalle donne serpente o donne dragone, è un richiamo (come accennato all’inizio) alla linea dinastica matriarcale chiamata appunto Sangreal. Cosa c’entra questo con il percorso iniziatico ermetico-gnostico? Innanzitutto l’immagine della gnosi è prettamente femminile. Nello gnosticismo si aveva la venerazione della Sophia, il principio della saggezza; per i Templari essa era incarnata nella figura della Maddalena, sacerdotessa, secondo un’altra tradizione eretica, di Iside, colei che tutto conosce. Questa venerazione profonda, non era altro che la presa di coscienza dell’esistenza dell’aspetto femminile e acqueo della divinità. La Maddalena era anche considerata depositaria del DNA del Sangreal (di stirpe davidica); tale stirpe è connessa con la stirpe di Iside. La tradizione del Graal è dunque fortemente connessa al mistero di Monte Sant’Angelo poiché esso conteneva accenni di molteplici tradizioni esoteriche, eredi dei misteri sumero-egizi. Non solo santuario iniziatico, ma anche vessillo di conoscenze alternative, eredi di antichi misteri risalenti, addirittura, all’origine della civiltà stessa. I segreti egizi e sumeri ponevano l’attenzione sulla rinascita spirituale e fisica dell’uomo e grazie al culto di Iside Regina del Cielo e di Osiride il Dio morto e risorto, l’uomo era in grado di accedere al cospetto della Mente universale e dell’intelletto Trascendente: in sintesi, il microcosmo (riproduzione in scala della Mente di Dio) si riunirebbe e fonderebbe con il Macrocosmo, ricreando l’unità originaria. Un altro elemento importante è che gli Dei egiziani (forse anche quelli sumeri), erano rappresentazioni di entità celesti: Osiride ritrovava la sua controparte celeste nella cintura di Orione, Iside invece si ritrovava nella stella Sirio. Un altro elemento interessante era da individuare proprio nel culto della Dea Madre. Abbiamo già citato la figura celeste della Grande Madre; questa, oltre che ispirare reverenza per il simbolo di fecondità espresso dall’immagine, era anche una guida del tempo precessionale dell’ultima fase del pleistocene. Aggiungervi il simbolo della costellazione del Toro il fecondatore significava intuire un legame terra cielo. Tale celeste congiunzione sembrava aver, dunque, dato origine alla vita: da qui il mito di esseri stellari venuti sulla Terra per creare l’umanità accelerandone l’evoluzione. La nostra origine è veramente stellare come sembrano suggerire miti ed iconografie? È questa la dimensione a cui l’uomo deve aspirare e tornare?

Da: Chi ha orecchie per intendere intenda - Simboli e segni della chiesa del Graal di Anonimo

lunedì 28 maggio 2012

Il tagete va con tutto

Tagetes Minuta

Tagetes Erecta (African Marigold)
Tagetes Patula (French Marigold)



Tutte le aiuole in giardino erano divise da minuscole siepi di tagete e anche i campi di fiori più grandi ne avevano in mezzo dei ciuffi.
Chiedemmo a Monsieur Noël perché ne coltivava tanti e lui rispose: “Fan bene a tutto”.
Poiché c’erano anche diverse piante dalle quali Madame Noël ricavava delle disgustose tisane che voleva propinarci al più piccolo segno di malattia, noi pensammo che il tagete fosse una pianta magica contro tutti i malanni del corpo. Ma in realtà la salute a cui si riferiva Monsieur Noël era quella delle piante. Il profumo e l’umore delle radici sono di un’utilità incredibile sia per il giardino che per l’orto che per la serra.
Da allora ne abbiamo visti molti filari nei giardini delle ville in Inghilterra, ma non crediamo che i proprietari, al contrario di Monsieur Noël, siano perfettamente consapevoli che il tagete uccide i vermi di terra e gli afidi. Patate e pomodori ne hanno bisogno come il pane.
Il Tagetes minuta è ancora più potente del Tagetes Patula (French Marigold) o Tagetes Erecta (African Marigold); e in Messico è il fiore consacrato alla Dea dell’agricoltura

Da: Il giardino delle vecchie signore di Maureen e Bridget Boland


Una zuppa per le rose


Si scoprono tantissime cose per caso.
Noi siamo bravissime a scoprire quasi tutto per caso. Il primo fanatico uso dei detersivi, quando apparvero per la prima volta dopo la guerra, causò formazioni di grasso nell’acqua per lavare. Il grasso, raggrumato in bolle, formava a sua volta grosse focacce di unto nel tombino sotto la finestra di cucina. Si era a Londra e c’era ancora il razionamento, e buttare via quello che poteva anche sembrare una specie di zuppa commestibile non stava bene. La seppellimmo nel cuor della notte in fondo al giardino poco lontano dalle radici di una rosa rampicante che era sempre stata un po’ striminzita. Quell’anno la rosa fiorì stupendamente e da allora fiorì sempre. Abbiamo continuato a nutrire le rose con il grasso, chiedendo a volte al macellaio di tenerci via qualche scarto.
Quando siamo andate in campagna abbiamo continuato il primo anno a fare lo stesso. Ma una ad una tutte le nostre belle rose venivano immediatamente aggredite e strapazzate intorno alle radici dalle volpi che sono numerose nei boschi intorno a noi. Fummo costrette a smettere. Ma per chi ha il giardino in città oppure cintato da alti muri o reti metalliche è una pratica eccezionalmente raccomandabile

Da: Il giardino delle vecchie signore di Maureen e Bridget Boland

Piantar fragole



Per le fragole, e solo per le fragole, conviene mescolare al terreno quel terriccio superficiale preso da sotto pini ed abeti e coprire con una spruzzata di aghi ( di pino o abete), pigne frantumate e anche rametti. Dicono che questo sistema migliori da pazzi il sapore delle fragole.
Se avete delle conifere intorno alla casa avrete notato che gli aghi si incuneano fra le tegole e quando piove si ammucchiano nella grondaia. Il raccoglierli, oltre che utilizzarli per le fragole, serve inoltre a tener pulite le grondaie

Da: Il giardino delle vecchie signore di Maureen e Bridget Boland

domenica 27 maggio 2012

Materassi per fagioli


Non è stata una nonnina a dirci di mettere dei capelli lungo i solchi quando si piantano i fagioli, ma un barbiere che aveva lasciato il negozio in città e se ne andava in giro a fare barba e capelli a domicilio ai vari pensionati di campagna.
L’unico rimpianto per il vecchio negozio era che adesso, lavorando da solo, metteva insieme pochi capelli.
Gli autobus di campagna sono posti stupendi per incontrare vecchie donne sagge.
Una volta ne incontrammo una che diceva che sua nonna cardava e ricardava i vecchi materassi proprio per usare, allo stesso scopo, il crine di cavallo. E teneva via anche i peli residui dalla pulitura dei cani e dei gatti e i capelli che cascavano quando si pettinavano lei, i suoi figli e tutta la famiglia. I piccoli animaletti nocivi, diceva, ci si impigliano, dentro, e il crine, così duro e sottile, basta da solo a infilzarli. Sappiamo tutti come soffre un bambino con le gambine nude quando è seduto su un divano di crine! Poi gli scienziati hanno scoperto che i capelli sono ricchi di minerali e di sostanze chimiche usati nei fertilizzanti ora in commercio, ben più costosi…

Da: Il giardino delle vecchie signore di Maureen e Bridget Boland


domenica 20 maggio 2012

Seminare nudi


È curioso come nei vecchi erbari si consiglia di seminare non solo quando la luna è piena, ma di seminare nudi. “I migliori agricoltori preferiranno il seminatore di rape e barbabietole che semina nudo, e questo egli farà per se stesso e per i suoi vicini”. Forse si riteneva che gli Dei proteggessero di più il povero nudo umile seminatore che i ricchi terrieri, ma forse il consiglio non era dato unicamente per propiziare magici interventi; non dovremmo mai seminare quando il terreno è troppo freddo, meglio farlo quando possiamo stare nudi, o quasi. Abbiamo sentito dire che nel Lincolnshire i contadini, per sapere se il terreno è al punto giusto per seminare l’orzo, si tolgono i calzoni e si siedono per terra: se per loro va bene, va bene anche per l’orzo. Con l’incremento della popolazione (che renderebbe arduo fare vere e proprie prove di nudo) basterà probabilmente controllare il terreno con il gomito, come fanno le mamme per sentire il calore del bagnetto dei loro bambini

Da: Il giardino delle vecchie signore di Maureen e Bridget Boland


Gli effetti della luna



Qualsiasi vecchina vi dirà di seminare e trapiantare solo con la luna crescente e mai con la luna calante.
Gli scienziati ci sono arrivati adesso, scoprendo l’effetto delle fasi lunari sul campo magnetico terrestre, che periodicamente agiscono sulla crescita. Hanno accertato che l’acqua, ovunque, anche quella contenuta nei più piccoli organismi viventi, è soggetta a spostamenti simili alle maree. La luna inoltre agisce sull’atmosfera terrestre e secondo le statistiche è molto probabile che ci siano forti acquazzoni dopo la luna piena o la luna nuova (ciò che tutti desidereremmo dopo aver seminato).
Dicono che la crescita di una patata in laboratorio, a costanti livelli di calore e di luce, mantiene sempre un ritmo che riflette la fase lunare.
La Vecchia Signora, senza laboratori né statistiche, sa dall’esperienza cosa è meglio per dare alle piante un buon vantaggio di partenza

Da: Il giardino delle vecchie signore di Maureen e Bridget Boland

giovedì 17 maggio 2012

Il Graal - XII


Collegato al mistero della Tumba di Rotari era la scritta “Terribilis est locus iste. Hic domus Dei. Est Porta Coeli”, che tradotta diventa “Questo luogo è terribile. Questa è la casa di Dio. Questa è la porta del cielo”. La scritta è tratta da un passo della Bibbia dove si narra del sogno di Giacobbe. In questo sogno Giacobbe vide una scala che poggiava sulla terra e raggiungeva il cielo. Al risveglio ebbe timore e disse “come è terribile questo luogo! È la casa di Dio e questa è la porta del cielo” e diede il nome di Betel a quel luogo che prima si chiamava Lux. Questa scritta contiene indizi importanti che possono identificare la natura di Monte Sant’Angelo, ponendolo nella categoria di luoghi privilegiati per le iniziazioni a carattere fortemente esoterico e occulto. E non solo. La scritta di solito indica anche posti fortemente sacri, varchi privilegiati in cui la dimensione umana e divina arrivano a sfiorarsi.
A questo punto è opportuno tornare al mistero della scritta sul portale della chiesa di San Michele. Dalle ricerche finora effettuate, è apparso chiaro come Monte Sant’Angelo sia un antico ma dinamico centro di un culto segreto che possiamo definire eretico, in cui si ravvisano influenze egizie, celtiche, ebraiche, gnostiche. Questo antico santuario contiene criptate nei suoi monumenti informazioni preziose non solo sulla storia mistica dell’umanità, ma soprattutto sulle modalità con cui, tramite un percorso iniziatico, è possibile accedere a una dimensione superiore trasmutando se stessi per ristabilire l’originaria condizione umana e di conseguenza il legame uomo-Dio, spirito e materia. Perché un santuario dedicato al culto ermetico, portato avanti dai seguaci dell’antico ordine di Melki-Tsedeq, è indicato come terribile? La dicitura ebraica Beth El, la casa di Dio, è sinonimo delle montagne sacre poiché si è compiuta una manifestazione divina. Secondo alcune testimonianze, di notte si manifesterebbero nel santuario forze sovrumane. Ma perché tali manifestazioni divine sono da considerarsi terribili? Terribilis in latino significa spaventevole, ma anche venerabile. La traduzione potrebbe essere sia “questo luogo è venerabile”, sia “questo luogo è spaventoso”. Il latino, lingua sacra per eccellenza, riesce a rendere con una sola parola, l’idea della dualità ma anche della necessità che, questa dualità, sia racchiusa in un principio unico. Inoltre, il latino pone in rilievo i due elementi principali del sacro: la luce e il buio. È come se esistesse una scala graduata alla cui estremità si ha la massima purezza, tutto ciò che è venerabile, nel mezzo la scala si abbassa al quotidiano, al profano, infine, all’estremità, si hanno le cose più terribili, magari impure o orribili. Se ne deduce che esiste una sorta di potere magico legato alle due estremità e che l’estremità pura non può essere violata dal sacrilegio. La scritta può essere interpretata come un segnale della presenza di un luogo particolarmente sacro, situato in prossimità delle ley lines e potrebbe provocare, perciò, nell’iniziato o nel credente una doppia reazione: spavento, terrore del primo contatto con il sovrannaturale, o la venerazione dell’adepto al mistero ivi contenuto. Entrando nel santuario si entra nella porta che dà accesso al cielo, ossia al mondo superiore che è in fondo la casa, il luogo in cui il divino risiede. Ma perché allora altri luoghi ugualmente sacri e importanti non sono stati così contrassegnati? Forse appunto perché alcuni luoghi non sono soltanto sacri, ma anche custodi di un segreto terribile. Terribile per chi? Il termine terribile si adatta alla perfezione all’idea del segreto sacro. Un segreto può essere fonte di venerazione per l’iniziato che intraprendendo un cammino di trasmutazione interiore e pertanto può essere ammesso al suo cospetto. Ma per la gente comune, spiritualmente addormentata e psicologicamente impreparata può essere terribile e devastante. Ma può, inoltre, essere terribile soprattutto per i dogmi del potere costituito, creatore e sovrano degli schemi mentali delle persone. Si tratta di conoscenze improntate sulla gnosi, ossia su di un contatto diretto, privo di intermediari, con il Divino, unico modo per riuscire a ritrovare la scintilla divina dentro di sé : il famoso Regno di Dio.

Da: Chi ha orecchie per intendere intenda - Simboli e segni della chiesa del Graal di Anonimo

Il Graal - XI


Anche l’architettura interna del monumento è pregna del simbolismo dell’Illuminazione ottenuta tramite il percorso iniziatico del Graal. Questo cammino è reso molto bene dai simboli geometrici, capisaldi della scienza sacra. Tre sono le figure chiave: il quadrato della base che rappresenta la condizione umana, l’ottagono intermedio che rappresenta la conoscenza o gnosi e il cerchio di volta, il Deus Revelator. Oltre a questi troviamo un sigillo di Salomone inscritto nel quadrato di base del tempio. Questi vari piani sovrapposti simboleggiano il recupero da parte dell’adepto della conoscenza sacra e rappresentano le fasi che accompagnano questo recupero. I simboli sono inoltre strettamente legati alla Cerca del Santo Graal, ossia alla gnosi per eccellenza e mostrano i percorsi per ottenere la trasmutazione interiore: intuizione, intelligenza e mistica. Chi riesce a percorrere questo cammino trova e soprattutto riesce a possedere e trattenere il Graal. Esso, come si è precedentemente detto, è la condizione indispensabile per ottenere stati sovra-umani, risorgendo ad una nuova vita spirituale, facendo necessariamente morire la materialità dell’individuo. In questo Tempio è conservata una parte della tradizione primordiale dove gli uomini estraniandosi dalla temporalità riescono a contemplare le cose da un’altra prospettiva e dimensione, in totale armonia ed unione con l’eternità e comunicando direttamente e in modo continuato con la divinità.

Il cerchio
Nella simbologia graaliana, il cerchio rappresenta la conoscenza intuitiva. Questo simbolo è collegato a quello del labirinto che ben mostra il percorso iniziatico che dalla periferia porta l’uomo al centro, ponendolo in uno stato di equilibrio con tutto ciò che lo circonda. Egli raggiunge, così, non una conoscenza delle leggi armoniche della natura, bensì un’esatta posizione all’interno di esse. I neofiti man mano che si avvicinano al centro, si liberano dal peso della materia e della personalità legata al quotidiano, per rinascere immergendosi nei ritmi naturali e incorporandoli in sé. Questo permette la partecipazione armonica ai movimenti del Cosmo e alle sue influenze, in un centro equilibrato. Si tratta di una iniziazione passiva, nella quale l’uomo è guidato e che fa intravedere il significato del simbolo successivo, quello del quadrato.

Il quadrato
Il quadrato è un simbolo di iniziazione intellettuale. Esso rappresenta il passaggio da una conoscenza di tipo intuitivo-magica ad una presa di coscienza della gnosi. Rappresenta la quadratura del cerchio, ossia la manifestazione di quelle qualità contenute nel nuovo stato circolare nel quale il movimento cessa per concretizzare il ciclo stesso. Collegato al simbolo del quadrato è il simbolo della scacchiera. Qual è il suo significato? Innanzitutto, l’unico pezzo che può muoversi in tutte le direzioni e senza ostacoli è il cavallo. Ed è proprio quel cavallo che rappresenta la cabala. Questa viene letteralmente usata dal cavaliere come mezzo di locomozione, permettendogli di potersi muovere nella scacchiera quadrata utilizzando il cerchio. Il cavaliere rappresenta l’iniziato della tavola quadrata che indica la sintesi degli elementi, colui che entra nel tempio tramite la conoscenza della tradizione. Questa conoscenza è conoscenza razionale di leggi che però appartengono al mondo spirituale (cerchio) invisibile all’occhio umano e pertanto trascendente. Ogni passo del processo di acquisizione è guidato dalla divinità nella sua manifestazione femminile o maschile. Le tradizioni racchiuse nel battistero sono quelle che permettevano ai primi uomini un contatto diretto con Dio e che possedevano la conoscenza della dottrina esposta nei libri sacri. Compito dell’iniziato è ottenere la rivelazione della chiave per l’esatta interpretazione e comprensione delle Scritture, che in principio era stata fatta all’Adamo Celeste. L’illuminazione è ottenuta dalla combinazione di cerchio e quadrato, il cielo cosmico rapportato alla terra. L’attività del cielo e il suo inserimento dinamico nel cosmo si ricollega ai simboli della divinità china sulla creazione di cui produce, regola e ordina la vita. Gli Egiziani credevano che molto tempo prima della loro civiltà gli Dei avessero stabilito il sistema dell’ordine cosmico e l’avessero trasferito sulla loro terra. Una razza di Dei aveva governato l’Egitto per millenni, prima di affidarlo alla linea divina e mortale dei Faraoni. A ricordo di questo furono (secondo alcuni autori) costruite le piramidi, la cui disposizione e dimensione corrispondono alla cintura di Orione. Gli spazi sacri in cui compare la figura quadrangolare e circolare rappresentano un tentativo di recupero di quelle conoscenze geometriche e astronomiche, pallido ricordo del tempo in cui l’uomo camminava con gli Dei. In questo sta l’importanza del recupero della gnosi: ritrovare l’antica unità originaria con la manifestazione divina, abbandonando non la materia di per sé ma quella materia che in opposizione al celeste recide i legami esistenti tra cielo e terra. È questa l’opera dell’Arconte del mondo in opposizione alla divinità, il voler cancellare l’origine divina del cosmo e dell’uomo. Il cerchio e il quadrato (il celeste e il terrestre) non si trovano in opposizione, ma in uno stato di conciliazione. La terra dipende dal cielo in quanto creato. Il quadrato non è, dunque che la perfezione della sfera celeste sul piano terrestre. Ma quando si recide il legame, allora la materialità diventa vile materia, priva del soffio divino. Il mondo non rappresenta più la perfezione del creato, ma luogo di esilio e peccato. Solo l’iniziato recuperando la conoscenza del Deus Revelator, riannoda i fili dell’unione originaria e delle conoscenze perdute a essa collegate.
(Vedi anche
http://damadiavalon.blogspot.it/2011/06/il-graal-ii.html, http://damadiavalon.blogspot.it/2011/06/il-graal-iii.html, http://damadiavalon.blogspot.it/2011/06/il-graal-iv.html, http://damadiavalon.blogspot.it/2011/07/il-graal-v.html)

L'Ottagono

L’ottagono è il simbolo della resurrezione e la promessa della rinascita interiore ed esteriore dell’uomo trasfigurato dalla grazia divina. L’ottagono e anche il numero otto ad esso collegato è il simbolo dell’infinito e dell’autorità universale, ma anche dell’Altromondo nel quale si realizza l’assoluta perfezione. Viene ad indicarsi nel simbolo l’idea di una via ascensionale verso il cielo; per questo nella tradizione cristiana esso è allegoria della resurrezione, ossia del momento in cui si ricomincia una nuova vita, morendo all’altra. L’otto, in particolare, rappresenta quest’idea di rigenerazione, di transizione, e si collega alla funzione trasmutatoria della Tumba di Rotari. L’ottagono è, di conseguenza, simbolo di perfezione essendo la figura piana che si poteva avvicinare più semplicemente alla circonferenza del cerchio (il regno celeste). Nell’ottica mistica, l’ottagono rappresenta il tentativo dell’uomo di elevarsi. Questi, partendo da una figura semplice quale il quadrato, si evolve passando all’ottagono, fino a raggiungere la perfezione rappresentata dalla circonferenza. L’ottagono, inoltre, può raffigurare anche le otto porte che permettono il passaggio da uno stato all’altro (o anche gli otto cieli) costituendo il percorso mandalico che dal mondo terreno
porta alla salvezza eterna.


Il sigillo di Salomone
Il sigillo di Salomone è formato dal triangolo che simboleggia l’acqua (principio femminile) e da quello del fuoco (principio maschile). Simbolicamente rappresenta la saggezza che deriva dalla capacità dell’uomo di coniugare gli opposti e di formare così il principio unico, la mente unica universale composta, appunto, dalla sintesi di maschile e femminile, Shiva e Shakti. Questo esagramma è da datarsi anteriormente all’utilizzo degli Ebrei; fuori dal giudaismo viene utilizzato prevalentemente nell’occultismo. È un antico mandala trovato su antichi templi indiani costruiti migliaia di anni fa. Simboleggiava il Nara-Narayana, cioè il perfetto stato meditativo dell’equilibrio tra l’uomo e Dio che, se mantenuto, avrebbe portato al Nirvana.
Si utilizza, dunque, per rappresentare lo stato che si raggiunge grazie alla comunicazione con il Grande Tutto, l’Eterno, Unico infinitamente perfetto, emblema del principio costitutivo di tutti gli organismi e rappresenta lo schema dell’essere nella molteplicità infinita delle sue manifestazioni, poiché è nel contempo Uno e Trino. Lo Iod, ossia lo spirito Creatore, è presente nei tre regni animale, vegetale e tutti gli stadi dell’essere: nascita, vita, morte, corpo spesso, corpo astrale e anima. Inoltre rappresenta anche la maggiore aspirazione dell’iniziato, il raggiungimento dello stato androgino, dell’uomo primordiale, l’Adam Kadmon, archetipo divino dove coesistono in perfetta armonia e equilibrio le forze maschili e femminili, l’io e l’anima. L’Adam Kadmon era l’immagine primordiale di Ein.Sof, a somiglianza del quale noi siamo stati creati. Secondo l’esoterismo cristiano esso simbolizza le due nature del Cristo, umana e divina, che si compenetrano e in quanto figlio dell’uomo di riflesso rappresenta la natura di ogni uomo diviso tra il mondo materiale (la materia, il corpo pesante) e lo Spirito Divino che compenetra e feconda la materia. Per questo motivo l’esagramma deve essere considerato un simbolo dinamico; i due triangoli intrecciati formano la stella del macrocosmo o Mondo in Grande (unione del trascendente con l’immanente). La dinamica del simbolo farà sì che al termine delle loro corsa i due triangoli vengano a contatto solo per la loro base; ciò comporta la perfetta unione con Dio. Dio per creare il mondo deve rinunciare alla sua unicità e utilizzare la sua stessa sostanza per la creazione realizzando nella sua coscienza individuale e unica una coscienza plurale di esseri separati. Compito dell’uomo è, dunque, l’unione con Dio, il ritorno alla condizione originaria: riportare nell’unità della sua coscienza la coscienza di tutte le cose. La via dell’iniziato è la strada che porta verso la Grande Verità, fino a che, grazie alla porta stretta, la via dell’elevazione spirituale irta di ostacoli, difficile, dove gli errori non vengono perdonati, si dischiudeva la conoscenza della divinità e della nostra origine celeste (stellare?)


Nel tempio di Monte Sant’Angelo tramite le figure geometriche si designava, dunque, l’idea di una via ascensionale verso il cielo e i suoi misteri, portando l’uomo iniziato ad un rapporto con i mondi intermedi. Grazie alla conoscenza eretica (alternativa qui codificata) si accostava e si accosta tuttora, al concetto di rigenerazione del mondo attraverso la Verità primigenia, in cui è contenuto un significato universalistico e cosmico. Le idee portate avanti dagli edifici sacri richiamano i concetti eterni di celeste e terrestre, della loro unione e interdipendenza, attraverso l’idea di un tempio universale cosmico e dello spirito che in esso alberga. In questo tempio-idea gli uomini si raccolgono non solo per adorare la divinità, per invocare la sua benedizione ma, soprattutto, per rigenerarsi ed apprendere i Sacri Misteri senza i quali l’uomo non può portare avanti la creazione. Senza il cambiamento evolutivo tutto si ferma, tutto ristagna e si oppone, il concetto di limite, a quello di Dio come di una forza che va oltre. Inteso in questo senso, l’adepto si propone di opporsi all’idea di Dio come forza limitante, espressa dal nome JHWE, ossia di colui che è dio dell’essere, quindi, della staticità. In questo tempio gli iniziati testimoniano la propria adesione ad un credo religioso alternativo che fa propria una descrizione del divino opposta a quella ortodossa. Per gli iniziati Dio è Elohim ossia tutta la divinità, una forza cosmica che dona la crescita e che ha bisogno della crescita umana, crescita che presuppone una sfida continua ai suoi limiti. Questo battistero rappresenta un luogo di passaggio, di transizione da un concetto ortodosso ad un concetto rivoluzionario di credo religioso, atto a creare una corrispondenza tra dimensione divina e dimensione terrena. L’uomo diventava così un legame vivente tra le due realtà, passando dallo stato umano a quello sovraumano: diventava cioè un sacerdote del sacro ordine di Melchisedeq. Inoltre, passando prima nel battistero e ricevendo il battesimo spirituale, era in grado di vedere con altri occhi i misteri celebrati nella chiesa posta a fianco del battistero, poteva vedere, cioè, dietro il velo del simbolo esteriore. Le associazioni cerchio-quadrato richiamano l’idea di un movimento, del cambiamento di ordine. È un’immagine dinamica fra il trascendente a cui aspira l’uomo e la terra su cui si trova in questo momento. Nella terra si percepisce come soggetto di passaggio; un passaggio da realizzare, fin da ora, tramite i simboli (segni). Tali forme simboliche provocano una rottura, non solo del ritmo della linea o del livello, ma anche di una certa rappresentazione mentale che invita alla ricerca del movimento, del cambiamento e di un nuovo equilibrio e rappresentano l’aspirazione ad un’evoluzione superiore. L’eroe diventa colui che scioglie l’enigma, colui che trionfa sulle tendenze inferiori della propria natura. Eroe è colui che non abbandona la ricerca di una vita maggiormente partecipe della divinità potente, Saggia e Terribile nelle sue rivelazioni: la trasmutazione alchemica dell’uomo trasformato in Dio Immortale, incorruttibile e invulnerabile. Questo secondo l’idea dello sforzo della ricerca attiva: si può capire come lo svelarsi dei misteri sia stato osteggiato dal credo ortodosso; alla luce della rivelazione nulla più apparirà come prima

Da: Chi ha orecchie per intendere intenda - Simboli e segni della chiesa del Graal di Anonimo

lunedì 14 maggio 2012

Il Graal - X


Abbiamo visto che Il rosone della Tomba di Rotari codifica un’ infinità di informazioni sulla cerimonia segreta e misteriosa secondo cui un uomo purificato e consacrato dal fuoco stellare del sacrificio e del battesimo, dissolto e riassemblato in una nuova forma, che riunisce in se la natura femminile con quella maschile in un matrimonio sacro, riesce a entrare nella dimora dell’eternità, che sembra collocarsi nel cielo, nella zona della cintura di Orione. In questo contesto, il Cristo come conservatore del mondo e legislatore del ciclo attuale, porta agli uomini la conoscenza Sacra nella sua integralità. Il tempio è il tempio della Dea, unico luogo al mondo dove avviene l’unione del cielo con la terra, della Dea con il Dio. Il culto mesopotamico del matrimonio sacro trova qui la sua massima espressione, unico mezzo per trasformare l’uomo in un essere divino (stellare?).

La scritta sul portale
Sull’architrave di ingresso abbiamo visto in bella mostra la famosa scritta Q PETISH accanto a una croce che si origina da due sfere. La critica ufficiale traduce la scritta nel seguente modo “ciò che chiedi avrai”. Un'altra spiegazione, invece, traduce la scritta nel seguente modo: “Luogo per impadronirsi con il battesimo dei segreti dello ierofante”. Entrambe le traduzioni, mostrano chiaramente il legame con le leggende del Graal e entrambe contengono, nel loro interno, elementi ugualmente importanti e rivelatori. La prima interpretazione riporta alla mente il mistero della domanda. Gli stessi simboli dell’entrata provocano domande; ed è proprio con la domanda che si stabilisce il legame e il dialogo tra la dimensione terrena e quella mistica. La funzione di una domanda è quella di stabilire un legame, in grado di mettere l’adepto, nelle idonee condizioni per riuscire a trovare la verità dentro di se. Trovare la risposta, quindi, la verità all’interno dell’anima, significa anche risvegliare doti mistiche sepolte in fondo a noi, significa stimolare la mente e farla aprire alla conoscenza. Se si riesce a formulare la giusta domanda e a entrare in contatto con l’anima e con il mondo mistico, si otterrà una risposta che potrebbe addirittura sconvolgere e ribaltare la vita stessa dell’individuo. Dopo la domanda l’adepto non sarà più lo stesso. Una volta penetrato nel mondo oltre la realtà, vedrà le cose da diverse angolazioni fino a compenetrare la natura stessa delle cose. Tutti i doni, le capacità assopite, possono così emergere alla coscienza. Questo processo può essere agevolmente riferito sia a una trasmutazione dell’uomo di tipo mistico, sia alla scoperta di una storia non ufficiale che, distruggendo certezze consolidate e dogmi ferrei, crea un uomo nuovo con una consapevolezza rinnovata. In un certo senso, una cosa non esclude l’altra, anzi, una è premessa dell’altra. Demolendo la visione del mondo di cui siamo portatori inconsapevoli, iniziamo a liberarci di preconcetti e scorie per procedere poi a destrutturare e ristrutturare l’io, in una forma diversa, nuova e creativa. Nella seconda interpretazione sembra di trovare il passo successivo: il battesimo. Questo è inteso come purificazione dell’io e distruzione delle false idee che impediscono l’evoluzione. È il primo passo per creare un Mushus, un essere superiore che, con saggezza e discernimento, comprende e conosce i misteri e i segreti della natura. Una persona dotata di un simile potenziale, non può essere nient’altro che un Re del Graal, o un appartenente alla chiesa del Graal.
Con il termine chiesa del Graal Anonimo intende riferirsi al quel corpus di conoscenze esoteriche sotterranee, portatrici di rinnovamento nonché di una visione non ufficiale ed eretica della storia. Queste conoscenze hanno attraversato i vari periodi storici e culturali portando la loro carica innovativa e distruttiva e seppur in differenze lievi contengono tuttavia una certa somiglianza strutturale tale da farle sembrare appartenenti ad una fonte comune.

Le figure femminili
I dipinti sulle pareti della tumba sono stati interpretati dalla critica come allegorie dei vizi capitali, o ripresi dall’Apocalisse. In realtà, anch’essi nascondo profondi significati iniziatici ed è emblematico che questi siano stati associati a figure femminili come per sottolineare con più incisività che l’iniziazione, la conoscenza e dunque l’evoluzione umana siano connesse all’acquisto o meglio, al ritrovamento della Sophia, la saggezza cosmica, o del congiungersi di nuovo con l’aishah, l’anima. La prima figura rappresenta una donna che fuoriesce dal guscio di una lumaca mentre una mano sembra svegliarla dal sonno. In realtà rappresenta l’abbandono dell’ignoranza per entrare nella dimensione della Gnosi (conoscenza superiore). Il guscio della lumaca rappresenta la spirale cosmica, il simbolo celtico per la vita. L’immagine richiama alla mente la favola della bella addormentata come quella dell’eroe del Graal in cui si ha un processo di risveglio e di passaggio da uno stato all’altro. La seconda figura, la donna seduta con un ampio mantello rosso che stringe un bambino dormiente, rappresenta la Grande Madre, artefice della trasformazione alchemica. La Grande Madre che dà alla luce l’uomo nuovo e, di conseguenza, una conoscenza diversa e alternativa, ben si accosta con la figura della Maddalena, colei che, nella veste di Sophia, dona la conoscenza superiore al Cristo. La terza figura, una donna nuda con una lunga chioma, viene addentata alla mammella da un serpente. Questa rappresenta la forza conoscitiva della Dea, una forza che passa al serpente, visto come simbolo dell’energia psichica dell’uomo che dorme, pronta a divenire conoscenza superiore. Secondo questo percorso la chiesa del Graal. La chiesa del Graal è l’unica in grado di trasmettere e l’unica che custodisce la conoscenza sacra
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Da: Chi ha orecchie per intendere intenda - Simboli e segni della chiesa del Graal di Anonimo

mercoledì 9 maggio 2012

L'Omphalos



PARLA MORGANA: Il popolo di Avalon porta i suoi crucci, grandi e piccoli, alla sua Signora. Stamane i druidi sono venuti a dirmi che c’è stata una frana nel passaggio che dal loro Tempio conduce alla stanza che contiene la Pietra Omphalos e non sanno come ripararlo. Sono rimasti in pochi, ora, e quasi tutti sono vecchi; molti di coloro che avrebbero potuto rinnovare l’Ordine sono stati uccisi nelle guerre con i sassoni o hanno seguito i monaci che accudiscono la cappella cristiana che si trova sull’altra Avalon.
E così sono venuti da me, come fanno tutti coloro che sono rimasti, affinché io spiegassi loro che cosa fare. Ho sempre ritenuto bizzarro che la via verso un mistero sepolto così profondamente nella terra cominciasse nel Tempio del Sole, ma si dice che coloro che portarono l’antica saggezza su queste isole, molto prima dei druidi, venerassero la Luce sopra ogni altra cosa.
La Vista non mi soccorre più come quando ero giovane e lottavamo per riportare la Dea nel mondo. Ora so che Lei è sempre stata qui, e che ci sarà sempre, ma l’Omphalos è la pietra uovo, l’ombelico del mondo, l’ultima magia di una terra sprofondata sotto i mari in un tempo così remoto che anche per noi è leggenda.
Quando ero una ragazza, nel Tempio dei druidi c’erano degli arazzi che narravano della sua venuta qui; ora sono polvere, ma io stessa un giorno ho seguito quel passaggio verso il cuore della collina e ho toccato la Pietra sacra; le visioni che ebbi allora sono più vivide nella mia memoria dei miei stessi ricordi. Rivedo ancora la Montagna Stellata incappucciata di fuoco e la nave di Tiriki in bilico sulla cresta dell’onda, mentre la terra condannata viene inghiottita dal mare.
Però non credo di essere stata su quella nave; ho fatto dei sogni in cui ero mano nella mano con l’uomo che amavo e guardavo il mio mondo sgretolarsi, come è avvenuto con la Britannia dopo la morte di Artù. Forse è per questo che sono stata riportata in questo tempo, perché di certo Avalon è perduta come lo fu Atlantide, anche se è la nebbia e non il fumo a celarla al mondo mortale.
Un tempo esisteva un passaggio che portava alla Pietra Omphalos dalla grotta dove la Sorgente Bianca scaturisce dal Tor, ma i tremiti della terra l’hanno bloccato tanto tempo fa; forse non era destino che lo percorressimo ancora: la Pietra si sta allontanando da noi, come molti altri Misteri.
So tutto delle fini, sono gli inizi che mi sfuggono.
Come sono giunti qui quei coraggiosi sacerdoti e sacerdotesse sopravvissuti all’Inabissamento? Sono passati duemila anni e altri cinquecento da quando la Pietra è stata portata su questi lidi e, anche se sappiamo poco più dei loro nomi, abbiamo preservato la loro eredità. Chi erano quegli antenati che hanno portato l’antica saggezza e l’hanno sepolta come un seme nel cuore di questa collina sacra?
Se riuscirò a capire come sono sopravvissuti a quella prova, allora forse avrò una speranza che l’antica saggezza che noi abbiamo preservato arriverà al futuro e qualcosa della magia di Avalon resterà…


Nella lotta disperata che aveva causato la distruzione dell’Antica Terra una generazione prima, la Pietra Omphalos era diventata, seppur brevemente, il trastullo della magia nera. Per un po’ si era temuto che la corruzione fosse totale e così i sacerdoti avevano fatto circolare la voce che la Pietra fosse andata perduta, insieme ad altre cose, nelle profondità del mare vendicativo.
In un certo senso, quella menzogna era vera: ma la profondità in cui si trovava la Pietra era quella della caverna, sotto il tempio e la città di Ahtarra. Con l’arrivo della Pietra, quell’isola, non certo la più grande tra i Regni del Mare di Atlantide, era divenuta il sacro centro del mondo. Sebbene la Pietra fosse tutt’altro che perduta, era comunque nascosta, come lo era sempre stata; anche i sommi sacerdoti trovavano raramente una ragione per entrare in quella stanza e quei pochi che osavano consultare l’Omphalos sapevano che le loro azioni potevano alterare l’equilibrio del mondo.

Il centro non è un luogo ma una condizione dell’essere. L’Omphalos appartiene a un altro regno. Per molte ere la Pietra è rimasta indisturbata nei templi dell’Antica Terra, ma il centro non è là, come non lo è in Ahtarrath.

Da: L’alba di Avalon di Marion Zimmer Bradley e Diana L. Paxson

Col termine greco di Omphalos (ombelico) nell'antichità si indicava una pietra o un oggetto dal valore religioso. Nell'Antica Grecia la pietra scolpita era situata a Delfi, nel Tempio di Apollo, da cui la Pizia diffondeva i suoi vaticini.
La parola è di origine greca, ma la sua tradizione e il suo significato è molto più antico e legato a culti e tradizioni che affondano le loro radici nella notte dei tempi. In questa accezione ”ombelico” rappresenterebbe un centro sacro, luogo ove il “divino” si unisce con il “terrestre”. Il concetto di Omphalos lo troviamo sia nella Bibbia che in molte culture megalitiche, è l’idea di una proiezione in terra di un centro celeste, il “loco” ove dimorano gli dei.
L’Omphalos contiene la radice "om", vibrazione dell'energia creativa, divino suono primordiale, dalla cui vibrazione scaturisce la creazione dell’intero universo secondo l’induismo. È un simbolo come emblema dell’origine, centro dell’essere e immagine dell’unità originale.
Nella preistoria l’Omphalos era considerato come il centro del corpo della Madre da cui ebbe origine la vita e il tempo e a cui la vita ritornava, quindi era visto come principio e fine di tutte le cose. L’attributo della fecondità è uno dei più importanti riguardo all’ombelico perché è un punto prenatale di contatto tra madre e figlio.
Anche le pietre, secondo la credenza, avevano il potere di rendere fecondi. La pietra della fecondazione divenne poi la pietra del parto.
L’ombelico è un punto fisso, il centro che rappresenta l’equilibrio degli opposti e l’armonia universale.
L’omphalos come fulcro della divinità era anche una connessione fra cielo e terra, porta fra i due mondi.
Secondo molte tradizioni l’universo ha avuto origine da un ombelico, la cui manifestazione si irradia nelle quattro direzioni.
In Italia la tradizione degli Omphalos è spesso legata a diversi “massi” rotondeggianti lavorati dall’uomo in epoche remote e appunto connessi alle culture megalitiche.
Una caratteristica di questi massi è che molti di essi presentano delle spaccature, pare che quando l’antica religione fu sostituita da quella cristiana tutti i suoi simboli si spezzarono, proprio come è avvenuto ad Avalon nel brano riportato sopra, in cui Morgana racconta di come una frana abbia impedito per sempre l’accesso alla stanza dove veniva custodito, le guerre hanno ucciso i druidi più giovani e quelli che non sono stati uccisi son diventati monaci cristiani. È la fine di un’epoca.
L’Omphalos o ”Uovo del Mondo” è centrale in rapporto al “cosmo”, e, nello stesso tempo, contiene in germe tutto ciò che quest’ultimo conterrà allo stato pienamente manifestato; tutte le cose si trovano quindi nell’”Uovo del Mondo” ma in uno stato di “avviluppamento”, raffigurato precisamente, anche dalla posizione stessa della caverna, per via del suo carattere di luogo nascosto e chiuso. Le due metà in cui si divide l’”Uovo del Mondo”, secondo uno degli aspetti più comuni del suo simbolismo, diventano rispettivamente il cielo e la terra; anche nella caverna il suolo corrisponde alla terra e la volta al cielo; non c’è quindi nulla in tutto questo che non sia perfettamente coerente e normale.
L’”uovo filosofico” che svolge manifestamente il ruolo dell’”Uovo del Mondo”, è chiuso all’interno dell’athanor, ma quest’ultimo può essere a sua volta assimilato al “cosmo”, nella duplice applicazione macrocosmica e microcosmica; la caverna potrà dunque anch’essa venir assimilata simbolicamente sia all’”uovo filosofico” che all’athanor, a seconda che ci si riferisca, se si vuole, a gradi di sviluppo diversi nel processo iniziatico, ma in ogni caso senza che il suo significato fondamentale ne risulti minimamente alterato.
Gli Omphalos, comunque, non sono legati solo alla pietra, spesso essi sono rappresentati da obelischi, menhir, pozzi o da uno stranissimo simbolo, quello della triplice cinta, disegno che ritroviamo in moltissimi punti sacri, rappresentato da tre quadrati concentrici e da dei segmenti che uniscono i punti mediani dei lati. Infatti tali strutture o simboli sarebbero il mezzo stesso per indicare la presenza di un ombelico.
Platone parlando della metropoli degli Atlantidi, descrive il palazzo di Poseidone come un edificio al centro di tre cinte concentriche collegate fra di loro da canali, il che costituisce effettivamente una figura analoga a quella in questione, però circolare anziché quadrata.
Ora, quale può essere il significato di queste tre cinte? Dovrebbe trattarsi di tre gradi di iniziazione, sicché il loro insieme avrebbe rappresentato, in certo modo, la figura della gerarchia druidica; e il fatto che la medesima figura si trovi anche altrove indicherebbe che esistevano, in altre forme tradizionali, delle gerarchie costituite sullo stesso modello, cosa questa perfettamente normale. La divisione dell’iniziazione in tre gradi è d’altronde la più frequente e fondamentale; tutte le altre rappresentano in definitiva, rispetto a essa, soltanto delle suddivisioni o degli sviluppi più o meno complicati.
L
a spiegazione proposta non è per nulla incompatibile con certe altre, come quella accolta da Le Cour, secondo la quale le tre cinte si riferirebbero ai tre cerchi dell’esistenza riconosciuti dalla tradizione celtica; questi tre cerchi, che si ritrovano sotto altra forma nel cristianesimo, sono d’altronde la stessa cosa dei “tre mondi” della tradizione indù. In quest’ultima, d’altra parte, i cerchi celesti sono talvolta rappresentati come altrettante cinte concentriche circondanti il Meru, cioè la Montagna sacra che simboleggia il “Polo” o l’”Asse del Mondo”, ed è anche questa una notevolissima concordanza. Lungi dall’escludersi, le due spiegazioni si accordano perfettamente, e si potrebbe anche dire che in un certo senso coincidono, giacché, se si tratta d’iniziazione reale, i suoi gradi corrispondono ad altrettanti stati dell’essere, e sono questi stati che tutte le tradizioni descrivono come altrettanti mondi diversi, perché si deve tenere ben presente che la “localizzazione” ha soltanto carattere simbolico.
Il senso delle quattro linee disposte a forma di croce che collegano le tre cinte diventa immediatamente chiaro: sono dei canali, attraverso i quali l’insegnamento della dottrina tradizionale si comunica dall’alto in basso, a partire dal grado supremo che ne è il depositario, distribuendosi gerarchicamente negli altri gradi.
La forma circolare deve rappresentare il punto di partenza di una tradizione, ed è proprio questo il caso di Atlantide (bisogna d'altronde precisare che la tradizione atlantidea non è tuttavia la tradizione primordiale per il presente Manvantara, ciclo cosmico e storico, e che essa è solo secondaria in rapporto alla tradizione iperborea; solo relativamente si può prenderla come punto di partenza, per quanto concerne un determinato periodo il quale costituisce soltanto una delle suddivisioni del Manvantara), e la forma quadrata il suo termine, che corrisponde alla costituzione di una forma tradizionale derivata.
Lo stesso simbolo è stato ampiamente utilizzato nei secoli come schema di gioco, e come tale e presente sul retro di molte scacchiere. Il nome più comune di questo gioco, in italiano, è "filetto", ma è conosciuto anche come Mulino, Mulinello, Smerello (dal latino merellus, pedina) oppure (dal numero tre) Tris, Trex, Tria, ecc. In Inghilterra è noto come Morris, Mill, Merels o Tic Tac Toe; Mérelles in Francia, Morels in Spagna, Mühle in Germania, Mølle in Norvegia, Luk Tsut Ki in Cina, e così via. L'origine di questo gioco sembra essere molto antica, databile addirittura attorno al 1400 a.C. Esemplari di tavole per il gioco del filetto sono stati ritrovati in tutto il mondo: nelle rovine della città di Troia, siti sepolcrali dell'Età del Bronzo, inciso sulle tavole delle navi vichinghe, nell'Acropoli di Atene. Si ritrova anche menzionato nella prima Enciclopedia dei Giochi della letteratura Europea, commissionata dal re Alfonso X di Castiglia (1221- 1284)






Da: http://www.acam.it/sovereto.htm
http://umsoi.org/2009/11/14/rene-guenon-i-simboli-della-sacra-scienza/
http://puntadellest.blogspot.it/2010/04/la-triplice-cinta.html