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sabato 1 settembre 2012

Il Graal - XVI



Maria non era semplicemente un nome ma un titolo di distinzione, essendo una variazione di Miriam (il nome della sorella di Mosè e Aronne). Le Miriam (Marie) partecipano a un ministero formale all'interno di ordini spirituali. Mentre i
"Mosè" guidavano gli uomini nelle cerimonie liturgiche, le "Miriam" facevano altrettanto con le donne.
In alcune sette gnostiche tra il II e il V secolo d.C., Maria Maddalena giocava un ruolo simbolico molto importante. Si riteneva che per la sua vicinanza con Gesù avesse ricevuto una rivelazione speciale da Lui e conoscenze che in seguito Ella avrebbe trasmesso agli altri discepoli.

Maria Maddalena era anche l’archetipo del sacerdozio femminile.
Vi è un gruppo di fonti gnostiche che afferma di aver ricevuto una tradizione di insegnamenti segreti da Gesù tramite Giovanni e Maria Maddalena. Una parte di tale rivelazione aveva a che vedere con il concetto che il divino è sia maschile che femminile. Essi interpretarono ciò nel senso simbolico e astratto in cui il divino consiste da una parte dell’Ineffabile, del Profondo, del Padre Primo e dall’altra della Grazia, del Silenzio, della Madre di ogni cosa.

Alcune di queste fonti gnostiche furono ritrovate nella località di Nag Hammadi (alto Egitto) nel 1945, mentre il "Vangelo di Maria", ci è noto da due fonti. La prima, il cosiddetto "Papyrus Berolinensis 8502", fu conservato dal 1896 presso il dipartimento di egittologia di Berlino. Esso fu acquistato al Cairo da Carl Reinhardt e sembra probabile la sua provenienza da Achmin, in Egitto. Tuttavia a causa di complesse vicende il manoscritto fu pubblicato soltanto nel 1955. Dove si racconta di quando gli apostoli, spaventati e disorientati dalla crocifissione, chiesero a Maria Maddalena di infondere loro coraggio parlando degli insegnamenti segreti trasmessi a lei da Gesù. Un secondo frammento greco, noto come "Papiro Rylands III n. 463", proveniente da Ossirinco (Egitto) viene datato III secolo d.C.
Secondo alcune fonti Maria Maddalena morì nel 63 d.C, all'età di 60 anni, in quella che oggi è St.Baume, nella Francia meridionale. La data di nascita di Gesù non è esplicitamente riportata dai Vangeli, le principali fonti storiche su Gesù, né da altre fonti del tempo. Dato che i Vangeli la collocano negli ultimi anni del re Erode il Grande, vi è sostanziale accordo tra quasi tutti gli studiosi nel collocare la nascita di Gesù tra il 7-6 a.C. Secondo la maggior parte degli storici, infatti, Erode sarebbe morto nel 4 a.C., anche se vi sono state e vi sono tuttora ripetute proposte di altre date. Si sostiene anche che Gesù era nato il primo marzo, ma per regolarizzare il suo stato, il suo compleanno ufficiale era stato fissato il 15 settembre in linea con i requisiti messianici. La datazione tradizionale all'anno 1 a.C., il cui anno successivo è il primo del calendario giuliano-gregoriano risale al monaco Dionigi il Piccolo nel VI secolo.
Soltanto nel 314 d.C. l'imperatore romano Costantino il Grande, spostò arbitrariamente la data del compleanno di Gesù al 25 dicembre, data in cui viene ancora celebrato oggi e che molti ritengono il suo effettivo giorno di nascita. Costantino fece questo cambiamento per un duplice motivo. In primo luogo svincolava la celebrazione cristiana da qualsiasi legame ebraico: indicando così che Gesù era egli stesso un cristiano e non un ebreo. (Più tardi anche la Pasqua fu allontanata dalla tradizionale festività ebraica). In secondo luogo l'imperatore fece in modo che il compleanno ufficiale di Gesù coincidesse e sostituisse, la contemporanea Festa pagana del Sole Invictor. Tuttavia al tempo di Gesù il 15 settembre del 33 d.C (sei mesi dopo la crocifissione) ricorreva il suo trentanovesimo compleanno ufficiale e in quel mese, Maria diede alla luce una bambina che venne chiamata Tamar: Palma, un nome tradizionale della stirpe davidica.
Il suo esilio venne raccontato da Giovanni, nella "Rivelazione" (12:1-17), in cui descrive Maria e suo figlio e narra della sua persecuzione, della sua fuga e della caccia al resto del suo seme (i suoi discendenti) condotta senza tregua dai Romani. Oltre a Maria Maddalena, fra gli emigrati in Gallia nel 44 d.C., c'erano Marta e la sua serva Marcella. C'erano anche l'apostolo Filippo, Maria Iacopa (moglie di Cleofa) e Maria Salomè (Elena). Il luogo dove sbarcarono in Provenza era Ratis, divenuto poi noto come Les Saintes Maries de la Mer.
Tr
a le fonti scritte sulla vita di Maria Maddalena in Francia troviamo "La vita di Maria Maddalena", di Raban Maar (776-856), arcivescovo di Magonza (Mainz) e abate di Fuld.
In Francia Maria Maddalena avrebbe continuato l’opera di predica e di guarigione e trascorso lunghi anni in meditazione e in digiuno (nutrendosi esclusivamente della presenza degli angeli) in una grotta.
Il culto più attivo della Maddalena s'insediò poi a Rennes-le-Chateau, nella regione della Linguadoca. Ma anche altrove, in Francia, sorsero molti santuari dedicati a S.te Marie de Madelaine, fra cui il luogo della sepoltura a Saint Maximin-la-Sainte Baume, dove i monaci dell'ordine di San Cassiano vegliarono sul suo sepolcro e tomba in alabastro dall'inizio del 400.
Ma la montagna era probabilmente considerata sacra già da tempi remoti, e una selva immensa la ricopriva fino quasi alla sua sommità. Così la descrive Lucano nel I secolo d.C. nelle sue “Pharsalia”. Le stesse truppe di Cesare, durante la conquista delle Gallie, cercarono invano di addentrarsi in quei boschi per approvvigionarsi di legname. Il culto della Maddalena in questa località, come del resto altrove, fu probabilmente la continuazione di antichi culti precristiani, forse riferiti alla “Grande Madre”, legati alla passata presenza dei Fenici, ed è la dimostrazione di come il cristianesimo ufficiale sia riuscito ad inglobare usanze religiose precedenti, trasformandole in proprie tradizioni. Un'altra importante sede del culto della Maddalena fu Gellone, dove l'Accademia di Studi Giudaici fiorì durante il IX secolo. La chiesa a Rennes-le-Chateau fu consacrata a Maria Maddalena nel 1059 e nel 1096, l'anno della Prima Crociata, ebbe inizio la costruzione della grande Basilica di santa Maria Maddalena a Vézelay. Nel redigere la Costituzione dell'Ordine dei Cavalieri Templari nel 1128, San Bernardo da Chiaravalle menzionò specificatamente il dovere di "obbedienza a Betania, il castello di Maria e Marta". Il nome Maddalena o Magdala deriva dal sostantivo ebraico migdal (torre). In termini pratici, l'affermazione che le "sorelle" possedevano tre castelli è un po' fuorviante, particolarmente perché alle Marie (Miriam) non era permesso possedere nulla. L'eredità comune si riferiva in realtà alla condizione personale: cioè, esse ereditarono alti incarichi (castelli/torri) di tutela della comunità, come in Michea 4:8:9 la Magdal-eder (la torre di vedetta del gregge). È quindi molto probabile che le grandi cattedrali di "Notre Dame"in Europa, tutte sorte per volere dei Cistercensi e dei Cavalieri Templari, fossero in realtà dedicate a Maria Maddalena.
Nel 1209 un esercito papale di 30.000 soldati al comando di Simon di Montfort calò sulla regione della Linguadoca. Erano stati mandati a sterminare la setta ascetica dei Catari (i Puri) che, secondo il Papa e Filippo II Re di Francia, erano eretici. Il massacro, durato 35 anni, costò decine di migliaia di vite umane e culminò con l'orrendo eccidio al seminario di Montségur, dove oltre 200 ostaggi furono bruciati sul rogo nel 1244. In termini religiosi la dottrina dei catari era essenzialmente gnostica: erano persone dotate di grande spiritualità e credevano che lo spirito fosse puro, ma che la materia fisica fosse contaminata. Sebbene le loro convinzioni fossero poco ortodosse, il timore del Papa in realtà era causato da qualcosa di molto più minaccioso. Si diceva che i Catari fossero i custodi di un grande e sacro tesoro, associato ad un'antica e fantastica conoscenza. La regione della Linguadoca corrispondeva sostanzialmente a quello che era stato il regno ebraico di Septimania nell'VIII secolo, sotto il merovingio Guglielmo de Gellone. Tutta la zona della Linguadoca e della Provenza era impregnata delle antiche tradizioni di Lazzaro (Simone Zelota) e di Maria Maddalena e gli abitanti consideravano Maria la "Madre del Graal" del vero cristianesimo occidentale. Ai pari dei Cavalieri Templari, i Catari erano apertamente tolleranti verso la cultura ebraica e musulmana e sostenevano anche l'uguaglianza dei sessi. Come livello di apprendimento e di educazione, i Catari erano tra i più colti nell'Europa di quel periodo, permettendo uguale accesso all'istruzione ai ragazzi e alle ragazze. Di tutti i culti religiosi nati in epoca medievale, il catarismo era il meno minaccioso, ma la tradizione sviluppata in Provenza, già dal I secolo, sulla storia dei discendenti di Gesù alla Chiesa romana non piaceva. Al pari dei Cavalieri Templari, i Catari non volevano assolutamente sostenere la tesi che Gesù fosse morto sulla croce. Si riteneva così che possedessero sufficienti informazioni attendibili per smentire clamorosamente la storia della crocifissione. C'era soltanto una soluzione per un regime disperato che aveva paura di perdere credibilità. Dalla Chiesa di Roma fu impartito un ordine:
"Uccideteli tutti".

Da:
http://www.templaricavalieri.it/maria_maddalena.htm

giovedì 31 maggio 2012

Il Graal - XV


I Rex Deus sono anch’essi collegati al Sacro Ordine di Melchitsedeq poiché sono resi parte dei sacri misteri di Dio e della Dea che insieme formano il principio Unico. Tutte queste dottrine non possono che ricollegarsi alle leggende della stirpe sacra discesa dall’unione di Gesù e Maria Maddalena. Gesù, in quanto discendente da Davide, avrebbe creato con l’unione con la Maddalena, incarnazione di antiche dee, una stirpe di re-sacerdoti legittimi eredi, non solo del trono di Israele, ma del mondo stesso. Cosa si cela in realtà dietro a questa leggenda? Da tutto ciò che finora era emerso, mi faceva sospettare che l’unione tra Gesù e la Maddalena fosse in realtà un’allegoria per indicare l’unione del principio maschile con quello femminile o, andando più in profondità, la perpetuazione di un ordine sacro che si poneva come custode di quelle conoscenze eretiche. In sostanza, Gesù il Cristo, (l’unto, il consacrato figlio dell’uomo) e la Maddalena (incarnazione della Sophia, considerata il soffio divino di Dio, la saggezza propria del principio Anima) erano i capostipiti della Chiesa del Graal. Ciò significava che soltanto l’uomo illuminato, consacrato, cioè reso sacro, poteva tornare ad essere tutt’uno con la sua anima, con il principio femminile divino creato dagli Elohim e, in sostanza, rappresentare la saggezza che va oltre i confini del materiale e dell’io limitato. Ma, non solo, l’eresia poneva l’accento sulla figura femminile come unica depositaria dei segreti. È la donna, incarnazione vivente dell’anima che, nella sua veste di Dea, unge e consacra Gesù donandoli lo status di sacerdote-messia-re. È la donna che assiste e forse incoraggia il processo di Resurrezione in vita, così come Iside assiste e crea la resurrezione di Osiride. È la Maddalena a ricevere da Gesù il compito di custodire e proteggere le conoscenze e forse gli scritti segreti. È dal matrimonio mistico del Dio con la Dea, dell’io con l’anima, che nasce la gnosi. Ed è con la gnosi che si percorre la vera Via, quella stretta, irta di difficoltà, quella che per sua intima necessità affronta il limite imposto da Jahvè. È con la gnosi che si ottiene la redenzione dalla colpa e dal peccato e si ottiene l’immortalità, senza bisogno dell’intercessione del potere della Chiesa Cattolica e dei suoi sacerdoti. La Chiesa del Graal è portatrice di insegnamenti diametralmente opposti a quelli che ci vengono impartiti, inoltre è basata sulla predominanza della figura femminile. Secondo la Chiesa del Graal, ogni uomo può e deve attuare la resurrezione e la trasfigurazione, diventando un Cristo e un membro della fratellanza eterna dell’ordine di Melchitsedeq. Questo non toglie che i simboli possano raccontare una storia vera; i discendenti di questo ordine sono gli eredi di una tradizione occultata e bandita perché in possesso di un terribile segreto: la rivelazione di come sia possibile entrare in contatto con Dio trasmutando se stessi. Se la rivelazione divina è ottenuta tramite la gnosi, tutto l’edificio ecclesiastico non avrebbe più motivo di esistere. E fatto ancor più importante è che questa tradizione risulta derivare da quelle stesse concezioni che la Chiesa per millenni ha perseguitato. Forse perché sapevano che erano degli usurpatori.
Ciò che in tutta questa storia lasciava interdetti, non erano tanto le conclusioni a cui si giungeva. Per secoli è esistita, accanto alla religione ufficiale, una corrente sotterranea confluita in ordini segreti o eresie come il catarismo, o lo gnosticismo, o la stregoneria. La cosa strabiliante era l’accostamento di simboli pagani con edifici dedicati al culto cattolico più ortodosso. È come se i costruttori avessero avuto l’intenzione di esaltare la religione segreta in cui il principale protagonista sarebbe il principio femminile e la trasmutazione alchemica. Inoltre è sempre presente il richiamo a una linea di discendenza collegata con conoscenze esoteriche di chiara matrice egizioermetiche (quello che ho chiamato chiesa del Graal). Queste possono trovarsi anche in altri edifici sacri, ma a Monte Sant’Angelo questo contrasto tra ortodossia e culto eretico è particolarmente evidente e per nulla mascherato. Anzi, è affermata con forza la fedeltà a questa linea e ai misteri da essa custoditi

Da: Chi ha orecchie per intendere intenda - Simboli e segni della chiesa del Graal di Anonimo

mercoledì 30 maggio 2012

Il Graal - XIV

La stella a 8 punte che simboleggia il pianeta Venere
Rinascita stellare e sovranità sono gli elementi chiave di una eresia che si perde nei secoli. La ricerca di un contatto con il Divino in grado di provocare, non solo resurrezione e conoscenza, ma anche fusione delle due polarità presenti nell’umanità per arrivare a un principio unico. L’illuminazione è la condizione di accesso ai sacri misteri unico modo per poter accostarsi al principio unico e per entrare in una dimensione più elevata. Unione del femminile e del maschile, dell’io con l’anima, ascensione, unione mistica, ripristino di una condizione primigenia. Questi gli elementi dell’eresia che risplendeva a Monte Sant’Angelo. Il mago o lo gerofante, non era altro che il sacerdote in grado di usufruire delle energie che si sviluppavano e dimoravano in luoghi consacrati, cioè destinati ad essere dimora di divinità. Ma il termine consacrato indicava anche un culto segreto dedicato ai misteri di un’antica setta di sacerdoti zoroastriani. Ecco riannodarsi i fili dell’eresia. Eppure c’era un altro elemento che mi colpiva. Nell’indagare sull’origine del termine consacrato mi ero imbattuta nel termine “segreto”. Questo, stranamente ma non troppo, descriveva con precisione tutte le eresie analizzate finora. Ponendosi in contrasto con l’ortodossia cattolica, il culto eretico doveva per forza essere segreto poiché, per la sua intima natura, minacciava lo status quo esistente. Il culto segreto non era altro che una tra tante strade con cui, chi lo desiderava, poteva pervenire al mistero del Graal, secondo la sua natura e il suo grado di evoluzione. In un certo senso tutti quelli che lo cercano trovano il loro Graal. Nelle leggende ad esempio, Lancillotto lo ottiene nella forma del suo amore per Ginevra (che in fondo non è altro che un’immagine della Dea). Galvano lo trova nella scoperta di se stesso risanando la sua parte maschile. Galahad, invece, lo trova nello spirito, nel Sacro ineffabile, nella forza vitale del Soffio Divino. L’eresia di Monte Sant’Angelo aveva molto in comune con le storie graaliane. Anzi non stentavo a riconoscere le tracce del famoso ed abusato culto del Graal e della Chiesa del Graal. Molti erano gli elementi che lo identificavano: la regalità sacra, il sacerdozio di Melchitsedeq, i simboli e le immagini, la rivelazione personale dalle molteplici forme. In più mischiati con gli elementi di alchimia, ermetismo egizio, gnosticismo. Ma soprattutto la presenza della Dea. Specie nella Tumba di Rotari, la Sua presenza era viva e dinamica. Non solo nelle immagini delle donne dragone, ma anche per la presenza della coppa e della stella a otto punte. Il Graal è anche e soprattutto, una rappresentazione dell’utero della Dea Madre, colei che dà vita a tutte le cose. Ogni figura femminile all’interno delle storie del Graal non è altro che il riflesso del volto della Dea. Ginevra, ad esempio, è la sovranità inaccessibile, Morgana la fata rappresenta la conoscenza delle leggi arcane e sacre che sfidano lo status quo. La ricerca della donna ideale non è altro che l’aspirazione all’unione con la dea. Il Graal è anche il paiolo dell’abbondanza utilizzato nei sacrifici, simbolo di risurrezione e conoscenza. Il Graal contiene vino e sangue e questi elementi simbolici rappresentano la controparte maschile. Sangue del sacrificio di se, quindi simbolo dell’energia vitale dell’anima, contenuta nella sacra coppa. Questa coppa, rappresenta il principio Unico e tutta la creazione che viene avviata proprio dal sacrificio della Divinità, con l’emissione del suono (logos) o con lo smembramento del Dio. Nel Graal è contenuta tutta la storia dell’uomo, la sua genesi spirituale, i processi tramite i quali la creazione va avanti, ossia nel costante processo di vita, morte, vita. Eppure c’era un altro elemento che traspariva dal culto del Graal che piano piano mi rivelava i suoi misteri. Il rosone che tanto mi aveva colpito celava codificate altre informazioni segrete. Innanzitutto, il simbolo massonico del compasso era un esplicito richiamo a dottrine segrete di immortalità e rinascita, ma anche, secondo alcuni studiosi, custode di un’antichissima filosofia risalente all’antico Egitto e che coinvolgeva i Faraoni e Gesù, guardiani dell’antica cerimonia di resurrezione dei vivi e dell’importanza di innalzare lo spirito umano come se fosse in un tempio. In quest’ottica il calice indica anche che, per innalzarsi al cielo, occorre riunire gli opposti e fecondare la propria anima con la conoscenza, per costruire dentro di se il tempio Sacro. Nel rosone, inoltre, le donne serpente circondano la stella a otto punte. Questa è la vera eredità delle regine dragone: la conoscenza stellare come conoscenza sacra. La stella con otto punte simboleggia, infatti, il pianeta Venere, la stella del Mattino o stella della sera che per otto fasi lunari torna in un punto specifico del cielo, ogni otto anni. Nella mitologia greca fu associata ad Afrodite la dea della bellezza, della fertilità, della sessualità e della pace. Nella regione del Tigri e dell’Eufrate era invece collegata a Inanna, Isthar e Astarte anche loro Dee dell’amore e della sessualità. Il quattro, il numero delle regine dragone, indica ciò che è intangibile, il terrestre ed è in associazione al quadrato, l’equilibrio psichico. La Dea è colei che dà origine e solidità al mondo ma è anche colei che dando vita e forma, è eterna e infinita. La donna serpente o dragone, rappresenta Melusina, colei che regge il Graal quindi colei che dona vita e conoscenza. Tutti questi elementi riportano alla tradizione dei Rex Deus, i re-sacerdoti custodi di queste conoscenze mistico astronomiche

Da: Chi ha orecchie per intendere intenda - Simboli e segni della chiesa del Graal di Anonimo


Il Graal - XIII


Un uomo trasformato dal fuoco segreto degli alchimisti, (l’unico in grado di risolvere le contraddizioni dello spirito umano) rigenera non solo il suo mondo interiore, ma anche il reame esterno dove esiste sterilità e decadimento e porta rinnovamento sotto qualsiasi forma. Restituire la prosperità al reame interno dell’anima o esterno, significa guarire tramite la riparazione dei torti, delle ingiustizie, non solo esteriori, ma anche interiori. L’eroe del Graal, l’iniziato vero, è colui che conosce e incorpora il Sacro Principio: un reame che conosce ingiustizia e disgregazione è sterile. Solo chi è pronto a versare il suo sangue (o il suo io) potrà contribuire alla nascita di un nuovo mondo. In questo senso sta la regalità del Graal e la regalità del sacerdozio dell’ordine di Melchitsedeq. Verità, giustizia, equilibrio, sono i cardini su cui è impiantata la legge divina. Ma c’era un altro elemento importante e tralasciato finora: la femminilità del Graal. Anche a Monte Sant’Angelo si trova l’accenno alla Dea Madre. Il Graal circondato dalle donne serpente o donne dragone, è un richiamo (come accennato all’inizio) alla linea dinastica matriarcale chiamata appunto Sangreal. Cosa c’entra questo con il percorso iniziatico ermetico-gnostico? Innanzitutto l’immagine della gnosi è prettamente femminile. Nello gnosticismo si aveva la venerazione della Sophia, il principio della saggezza; per i Templari essa era incarnata nella figura della Maddalena, sacerdotessa, secondo un’altra tradizione eretica, di Iside, colei che tutto conosce. Questa venerazione profonda, non era altro che la presa di coscienza dell’esistenza dell’aspetto femminile e acqueo della divinità. La Maddalena era anche considerata depositaria del DNA del Sangreal (di stirpe davidica); tale stirpe è connessa con la stirpe di Iside. La tradizione del Graal è dunque fortemente connessa al mistero di Monte Sant’Angelo poiché esso conteneva accenni di molteplici tradizioni esoteriche, eredi dei misteri sumero-egizi. Non solo santuario iniziatico, ma anche vessillo di conoscenze alternative, eredi di antichi misteri risalenti, addirittura, all’origine della civiltà stessa. I segreti egizi e sumeri ponevano l’attenzione sulla rinascita spirituale e fisica dell’uomo e grazie al culto di Iside Regina del Cielo e di Osiride il Dio morto e risorto, l’uomo era in grado di accedere al cospetto della Mente universale e dell’intelletto Trascendente: in sintesi, il microcosmo (riproduzione in scala della Mente di Dio) si riunirebbe e fonderebbe con il Macrocosmo, ricreando l’unità originaria. Un altro elemento importante è che gli Dei egiziani (forse anche quelli sumeri), erano rappresentazioni di entità celesti: Osiride ritrovava la sua controparte celeste nella cintura di Orione, Iside invece si ritrovava nella stella Sirio. Un altro elemento interessante era da individuare proprio nel culto della Dea Madre. Abbiamo già citato la figura celeste della Grande Madre; questa, oltre che ispirare reverenza per il simbolo di fecondità espresso dall’immagine, era anche una guida del tempo precessionale dell’ultima fase del pleistocene. Aggiungervi il simbolo della costellazione del Toro il fecondatore significava intuire un legame terra cielo. Tale celeste congiunzione sembrava aver, dunque, dato origine alla vita: da qui il mito di esseri stellari venuti sulla Terra per creare l’umanità accelerandone l’evoluzione. La nostra origine è veramente stellare come sembrano suggerire miti ed iconografie? È questa la dimensione a cui l’uomo deve aspirare e tornare?

Da: Chi ha orecchie per intendere intenda - Simboli e segni della chiesa del Graal di Anonimo

giovedì 17 maggio 2012

Il Graal - XII


Collegato al mistero della Tumba di Rotari era la scritta “Terribilis est locus iste. Hic domus Dei. Est Porta Coeli”, che tradotta diventa “Questo luogo è terribile. Questa è la casa di Dio. Questa è la porta del cielo”. La scritta è tratta da un passo della Bibbia dove si narra del sogno di Giacobbe. In questo sogno Giacobbe vide una scala che poggiava sulla terra e raggiungeva il cielo. Al risveglio ebbe timore e disse “come è terribile questo luogo! È la casa di Dio e questa è la porta del cielo” e diede il nome di Betel a quel luogo che prima si chiamava Lux. Questa scritta contiene indizi importanti che possono identificare la natura di Monte Sant’Angelo, ponendolo nella categoria di luoghi privilegiati per le iniziazioni a carattere fortemente esoterico e occulto. E non solo. La scritta di solito indica anche posti fortemente sacri, varchi privilegiati in cui la dimensione umana e divina arrivano a sfiorarsi.
A questo punto è opportuno tornare al mistero della scritta sul portale della chiesa di San Michele. Dalle ricerche finora effettuate, è apparso chiaro come Monte Sant’Angelo sia un antico ma dinamico centro di un culto segreto che possiamo definire eretico, in cui si ravvisano influenze egizie, celtiche, ebraiche, gnostiche. Questo antico santuario contiene criptate nei suoi monumenti informazioni preziose non solo sulla storia mistica dell’umanità, ma soprattutto sulle modalità con cui, tramite un percorso iniziatico, è possibile accedere a una dimensione superiore trasmutando se stessi per ristabilire l’originaria condizione umana e di conseguenza il legame uomo-Dio, spirito e materia. Perché un santuario dedicato al culto ermetico, portato avanti dai seguaci dell’antico ordine di Melki-Tsedeq, è indicato come terribile? La dicitura ebraica Beth El, la casa di Dio, è sinonimo delle montagne sacre poiché si è compiuta una manifestazione divina. Secondo alcune testimonianze, di notte si manifesterebbero nel santuario forze sovrumane. Ma perché tali manifestazioni divine sono da considerarsi terribili? Terribilis in latino significa spaventevole, ma anche venerabile. La traduzione potrebbe essere sia “questo luogo è venerabile”, sia “questo luogo è spaventoso”. Il latino, lingua sacra per eccellenza, riesce a rendere con una sola parola, l’idea della dualità ma anche della necessità che, questa dualità, sia racchiusa in un principio unico. Inoltre, il latino pone in rilievo i due elementi principali del sacro: la luce e il buio. È come se esistesse una scala graduata alla cui estremità si ha la massima purezza, tutto ciò che è venerabile, nel mezzo la scala si abbassa al quotidiano, al profano, infine, all’estremità, si hanno le cose più terribili, magari impure o orribili. Se ne deduce che esiste una sorta di potere magico legato alle due estremità e che l’estremità pura non può essere violata dal sacrilegio. La scritta può essere interpretata come un segnale della presenza di un luogo particolarmente sacro, situato in prossimità delle ley lines e potrebbe provocare, perciò, nell’iniziato o nel credente una doppia reazione: spavento, terrore del primo contatto con il sovrannaturale, o la venerazione dell’adepto al mistero ivi contenuto. Entrando nel santuario si entra nella porta che dà accesso al cielo, ossia al mondo superiore che è in fondo la casa, il luogo in cui il divino risiede. Ma perché allora altri luoghi ugualmente sacri e importanti non sono stati così contrassegnati? Forse appunto perché alcuni luoghi non sono soltanto sacri, ma anche custodi di un segreto terribile. Terribile per chi? Il termine terribile si adatta alla perfezione all’idea del segreto sacro. Un segreto può essere fonte di venerazione per l’iniziato che intraprendendo un cammino di trasmutazione interiore e pertanto può essere ammesso al suo cospetto. Ma per la gente comune, spiritualmente addormentata e psicologicamente impreparata può essere terribile e devastante. Ma può, inoltre, essere terribile soprattutto per i dogmi del potere costituito, creatore e sovrano degli schemi mentali delle persone. Si tratta di conoscenze improntate sulla gnosi, ossia su di un contatto diretto, privo di intermediari, con il Divino, unico modo per riuscire a ritrovare la scintilla divina dentro di sé : il famoso Regno di Dio.

Da: Chi ha orecchie per intendere intenda - Simboli e segni della chiesa del Graal di Anonimo

Il Graal - XI


Anche l’architettura interna del monumento è pregna del simbolismo dell’Illuminazione ottenuta tramite il percorso iniziatico del Graal. Questo cammino è reso molto bene dai simboli geometrici, capisaldi della scienza sacra. Tre sono le figure chiave: il quadrato della base che rappresenta la condizione umana, l’ottagono intermedio che rappresenta la conoscenza o gnosi e il cerchio di volta, il Deus Revelator. Oltre a questi troviamo un sigillo di Salomone inscritto nel quadrato di base del tempio. Questi vari piani sovrapposti simboleggiano il recupero da parte dell’adepto della conoscenza sacra e rappresentano le fasi che accompagnano questo recupero. I simboli sono inoltre strettamente legati alla Cerca del Santo Graal, ossia alla gnosi per eccellenza e mostrano i percorsi per ottenere la trasmutazione interiore: intuizione, intelligenza e mistica. Chi riesce a percorrere questo cammino trova e soprattutto riesce a possedere e trattenere il Graal. Esso, come si è precedentemente detto, è la condizione indispensabile per ottenere stati sovra-umani, risorgendo ad una nuova vita spirituale, facendo necessariamente morire la materialità dell’individuo. In questo Tempio è conservata una parte della tradizione primordiale dove gli uomini estraniandosi dalla temporalità riescono a contemplare le cose da un’altra prospettiva e dimensione, in totale armonia ed unione con l’eternità e comunicando direttamente e in modo continuato con la divinità.

Il cerchio
Nella simbologia graaliana, il cerchio rappresenta la conoscenza intuitiva. Questo simbolo è collegato a quello del labirinto che ben mostra il percorso iniziatico che dalla periferia porta l’uomo al centro, ponendolo in uno stato di equilibrio con tutto ciò che lo circonda. Egli raggiunge, così, non una conoscenza delle leggi armoniche della natura, bensì un’esatta posizione all’interno di esse. I neofiti man mano che si avvicinano al centro, si liberano dal peso della materia e della personalità legata al quotidiano, per rinascere immergendosi nei ritmi naturali e incorporandoli in sé. Questo permette la partecipazione armonica ai movimenti del Cosmo e alle sue influenze, in un centro equilibrato. Si tratta di una iniziazione passiva, nella quale l’uomo è guidato e che fa intravedere il significato del simbolo successivo, quello del quadrato.

Il quadrato
Il quadrato è un simbolo di iniziazione intellettuale. Esso rappresenta il passaggio da una conoscenza di tipo intuitivo-magica ad una presa di coscienza della gnosi. Rappresenta la quadratura del cerchio, ossia la manifestazione di quelle qualità contenute nel nuovo stato circolare nel quale il movimento cessa per concretizzare il ciclo stesso. Collegato al simbolo del quadrato è il simbolo della scacchiera. Qual è il suo significato? Innanzitutto, l’unico pezzo che può muoversi in tutte le direzioni e senza ostacoli è il cavallo. Ed è proprio quel cavallo che rappresenta la cabala. Questa viene letteralmente usata dal cavaliere come mezzo di locomozione, permettendogli di potersi muovere nella scacchiera quadrata utilizzando il cerchio. Il cavaliere rappresenta l’iniziato della tavola quadrata che indica la sintesi degli elementi, colui che entra nel tempio tramite la conoscenza della tradizione. Questa conoscenza è conoscenza razionale di leggi che però appartengono al mondo spirituale (cerchio) invisibile all’occhio umano e pertanto trascendente. Ogni passo del processo di acquisizione è guidato dalla divinità nella sua manifestazione femminile o maschile. Le tradizioni racchiuse nel battistero sono quelle che permettevano ai primi uomini un contatto diretto con Dio e che possedevano la conoscenza della dottrina esposta nei libri sacri. Compito dell’iniziato è ottenere la rivelazione della chiave per l’esatta interpretazione e comprensione delle Scritture, che in principio era stata fatta all’Adamo Celeste. L’illuminazione è ottenuta dalla combinazione di cerchio e quadrato, il cielo cosmico rapportato alla terra. L’attività del cielo e il suo inserimento dinamico nel cosmo si ricollega ai simboli della divinità china sulla creazione di cui produce, regola e ordina la vita. Gli Egiziani credevano che molto tempo prima della loro civiltà gli Dei avessero stabilito il sistema dell’ordine cosmico e l’avessero trasferito sulla loro terra. Una razza di Dei aveva governato l’Egitto per millenni, prima di affidarlo alla linea divina e mortale dei Faraoni. A ricordo di questo furono (secondo alcuni autori) costruite le piramidi, la cui disposizione e dimensione corrispondono alla cintura di Orione. Gli spazi sacri in cui compare la figura quadrangolare e circolare rappresentano un tentativo di recupero di quelle conoscenze geometriche e astronomiche, pallido ricordo del tempo in cui l’uomo camminava con gli Dei. In questo sta l’importanza del recupero della gnosi: ritrovare l’antica unità originaria con la manifestazione divina, abbandonando non la materia di per sé ma quella materia che in opposizione al celeste recide i legami esistenti tra cielo e terra. È questa l’opera dell’Arconte del mondo in opposizione alla divinità, il voler cancellare l’origine divina del cosmo e dell’uomo. Il cerchio e il quadrato (il celeste e il terrestre) non si trovano in opposizione, ma in uno stato di conciliazione. La terra dipende dal cielo in quanto creato. Il quadrato non è, dunque che la perfezione della sfera celeste sul piano terrestre. Ma quando si recide il legame, allora la materialità diventa vile materia, priva del soffio divino. Il mondo non rappresenta più la perfezione del creato, ma luogo di esilio e peccato. Solo l’iniziato recuperando la conoscenza del Deus Revelator, riannoda i fili dell’unione originaria e delle conoscenze perdute a essa collegate.
(Vedi anche
http://damadiavalon.blogspot.it/2011/06/il-graal-ii.html, http://damadiavalon.blogspot.it/2011/06/il-graal-iii.html, http://damadiavalon.blogspot.it/2011/06/il-graal-iv.html, http://damadiavalon.blogspot.it/2011/07/il-graal-v.html)

L'Ottagono

L’ottagono è il simbolo della resurrezione e la promessa della rinascita interiore ed esteriore dell’uomo trasfigurato dalla grazia divina. L’ottagono e anche il numero otto ad esso collegato è il simbolo dell’infinito e dell’autorità universale, ma anche dell’Altromondo nel quale si realizza l’assoluta perfezione. Viene ad indicarsi nel simbolo l’idea di una via ascensionale verso il cielo; per questo nella tradizione cristiana esso è allegoria della resurrezione, ossia del momento in cui si ricomincia una nuova vita, morendo all’altra. L’otto, in particolare, rappresenta quest’idea di rigenerazione, di transizione, e si collega alla funzione trasmutatoria della Tumba di Rotari. L’ottagono è, di conseguenza, simbolo di perfezione essendo la figura piana che si poteva avvicinare più semplicemente alla circonferenza del cerchio (il regno celeste). Nell’ottica mistica, l’ottagono rappresenta il tentativo dell’uomo di elevarsi. Questi, partendo da una figura semplice quale il quadrato, si evolve passando all’ottagono, fino a raggiungere la perfezione rappresentata dalla circonferenza. L’ottagono, inoltre, può raffigurare anche le otto porte che permettono il passaggio da uno stato all’altro (o anche gli otto cieli) costituendo il percorso mandalico che dal mondo terreno
porta alla salvezza eterna.


Il sigillo di Salomone
Il sigillo di Salomone è formato dal triangolo che simboleggia l’acqua (principio femminile) e da quello del fuoco (principio maschile). Simbolicamente rappresenta la saggezza che deriva dalla capacità dell’uomo di coniugare gli opposti e di formare così il principio unico, la mente unica universale composta, appunto, dalla sintesi di maschile e femminile, Shiva e Shakti. Questo esagramma è da datarsi anteriormente all’utilizzo degli Ebrei; fuori dal giudaismo viene utilizzato prevalentemente nell’occultismo. È un antico mandala trovato su antichi templi indiani costruiti migliaia di anni fa. Simboleggiava il Nara-Narayana, cioè il perfetto stato meditativo dell’equilibrio tra l’uomo e Dio che, se mantenuto, avrebbe portato al Nirvana.
Si utilizza, dunque, per rappresentare lo stato che si raggiunge grazie alla comunicazione con il Grande Tutto, l’Eterno, Unico infinitamente perfetto, emblema del principio costitutivo di tutti gli organismi e rappresenta lo schema dell’essere nella molteplicità infinita delle sue manifestazioni, poiché è nel contempo Uno e Trino. Lo Iod, ossia lo spirito Creatore, è presente nei tre regni animale, vegetale e tutti gli stadi dell’essere: nascita, vita, morte, corpo spesso, corpo astrale e anima. Inoltre rappresenta anche la maggiore aspirazione dell’iniziato, il raggiungimento dello stato androgino, dell’uomo primordiale, l’Adam Kadmon, archetipo divino dove coesistono in perfetta armonia e equilibrio le forze maschili e femminili, l’io e l’anima. L’Adam Kadmon era l’immagine primordiale di Ein.Sof, a somiglianza del quale noi siamo stati creati. Secondo l’esoterismo cristiano esso simbolizza le due nature del Cristo, umana e divina, che si compenetrano e in quanto figlio dell’uomo di riflesso rappresenta la natura di ogni uomo diviso tra il mondo materiale (la materia, il corpo pesante) e lo Spirito Divino che compenetra e feconda la materia. Per questo motivo l’esagramma deve essere considerato un simbolo dinamico; i due triangoli intrecciati formano la stella del macrocosmo o Mondo in Grande (unione del trascendente con l’immanente). La dinamica del simbolo farà sì che al termine delle loro corsa i due triangoli vengano a contatto solo per la loro base; ciò comporta la perfetta unione con Dio. Dio per creare il mondo deve rinunciare alla sua unicità e utilizzare la sua stessa sostanza per la creazione realizzando nella sua coscienza individuale e unica una coscienza plurale di esseri separati. Compito dell’uomo è, dunque, l’unione con Dio, il ritorno alla condizione originaria: riportare nell’unità della sua coscienza la coscienza di tutte le cose. La via dell’iniziato è la strada che porta verso la Grande Verità, fino a che, grazie alla porta stretta, la via dell’elevazione spirituale irta di ostacoli, difficile, dove gli errori non vengono perdonati, si dischiudeva la conoscenza della divinità e della nostra origine celeste (stellare?)


Nel tempio di Monte Sant’Angelo tramite le figure geometriche si designava, dunque, l’idea di una via ascensionale verso il cielo e i suoi misteri, portando l’uomo iniziato ad un rapporto con i mondi intermedi. Grazie alla conoscenza eretica (alternativa qui codificata) si accostava e si accosta tuttora, al concetto di rigenerazione del mondo attraverso la Verità primigenia, in cui è contenuto un significato universalistico e cosmico. Le idee portate avanti dagli edifici sacri richiamano i concetti eterni di celeste e terrestre, della loro unione e interdipendenza, attraverso l’idea di un tempio universale cosmico e dello spirito che in esso alberga. In questo tempio-idea gli uomini si raccolgono non solo per adorare la divinità, per invocare la sua benedizione ma, soprattutto, per rigenerarsi ed apprendere i Sacri Misteri senza i quali l’uomo non può portare avanti la creazione. Senza il cambiamento evolutivo tutto si ferma, tutto ristagna e si oppone, il concetto di limite, a quello di Dio come di una forza che va oltre. Inteso in questo senso, l’adepto si propone di opporsi all’idea di Dio come forza limitante, espressa dal nome JHWE, ossia di colui che è dio dell’essere, quindi, della staticità. In questo tempio gli iniziati testimoniano la propria adesione ad un credo religioso alternativo che fa propria una descrizione del divino opposta a quella ortodossa. Per gli iniziati Dio è Elohim ossia tutta la divinità, una forza cosmica che dona la crescita e che ha bisogno della crescita umana, crescita che presuppone una sfida continua ai suoi limiti. Questo battistero rappresenta un luogo di passaggio, di transizione da un concetto ortodosso ad un concetto rivoluzionario di credo religioso, atto a creare una corrispondenza tra dimensione divina e dimensione terrena. L’uomo diventava così un legame vivente tra le due realtà, passando dallo stato umano a quello sovraumano: diventava cioè un sacerdote del sacro ordine di Melchisedeq. Inoltre, passando prima nel battistero e ricevendo il battesimo spirituale, era in grado di vedere con altri occhi i misteri celebrati nella chiesa posta a fianco del battistero, poteva vedere, cioè, dietro il velo del simbolo esteriore. Le associazioni cerchio-quadrato richiamano l’idea di un movimento, del cambiamento di ordine. È un’immagine dinamica fra il trascendente a cui aspira l’uomo e la terra su cui si trova in questo momento. Nella terra si percepisce come soggetto di passaggio; un passaggio da realizzare, fin da ora, tramite i simboli (segni). Tali forme simboliche provocano una rottura, non solo del ritmo della linea o del livello, ma anche di una certa rappresentazione mentale che invita alla ricerca del movimento, del cambiamento e di un nuovo equilibrio e rappresentano l’aspirazione ad un’evoluzione superiore. L’eroe diventa colui che scioglie l’enigma, colui che trionfa sulle tendenze inferiori della propria natura. Eroe è colui che non abbandona la ricerca di una vita maggiormente partecipe della divinità potente, Saggia e Terribile nelle sue rivelazioni: la trasmutazione alchemica dell’uomo trasformato in Dio Immortale, incorruttibile e invulnerabile. Questo secondo l’idea dello sforzo della ricerca attiva: si può capire come lo svelarsi dei misteri sia stato osteggiato dal credo ortodosso; alla luce della rivelazione nulla più apparirà come prima

Da: Chi ha orecchie per intendere intenda - Simboli e segni della chiesa del Graal di Anonimo

lunedì 14 maggio 2012

Il Graal - X


Abbiamo visto che Il rosone della Tomba di Rotari codifica un’ infinità di informazioni sulla cerimonia segreta e misteriosa secondo cui un uomo purificato e consacrato dal fuoco stellare del sacrificio e del battesimo, dissolto e riassemblato in una nuova forma, che riunisce in se la natura femminile con quella maschile in un matrimonio sacro, riesce a entrare nella dimora dell’eternità, che sembra collocarsi nel cielo, nella zona della cintura di Orione. In questo contesto, il Cristo come conservatore del mondo e legislatore del ciclo attuale, porta agli uomini la conoscenza Sacra nella sua integralità. Il tempio è il tempio della Dea, unico luogo al mondo dove avviene l’unione del cielo con la terra, della Dea con il Dio. Il culto mesopotamico del matrimonio sacro trova qui la sua massima espressione, unico mezzo per trasformare l’uomo in un essere divino (stellare?).

La scritta sul portale
Sull’architrave di ingresso abbiamo visto in bella mostra la famosa scritta Q PETISH accanto a una croce che si origina da due sfere. La critica ufficiale traduce la scritta nel seguente modo “ciò che chiedi avrai”. Un'altra spiegazione, invece, traduce la scritta nel seguente modo: “Luogo per impadronirsi con il battesimo dei segreti dello ierofante”. Entrambe le traduzioni, mostrano chiaramente il legame con le leggende del Graal e entrambe contengono, nel loro interno, elementi ugualmente importanti e rivelatori. La prima interpretazione riporta alla mente il mistero della domanda. Gli stessi simboli dell’entrata provocano domande; ed è proprio con la domanda che si stabilisce il legame e il dialogo tra la dimensione terrena e quella mistica. La funzione di una domanda è quella di stabilire un legame, in grado di mettere l’adepto, nelle idonee condizioni per riuscire a trovare la verità dentro di se. Trovare la risposta, quindi, la verità all’interno dell’anima, significa anche risvegliare doti mistiche sepolte in fondo a noi, significa stimolare la mente e farla aprire alla conoscenza. Se si riesce a formulare la giusta domanda e a entrare in contatto con l’anima e con il mondo mistico, si otterrà una risposta che potrebbe addirittura sconvolgere e ribaltare la vita stessa dell’individuo. Dopo la domanda l’adepto non sarà più lo stesso. Una volta penetrato nel mondo oltre la realtà, vedrà le cose da diverse angolazioni fino a compenetrare la natura stessa delle cose. Tutti i doni, le capacità assopite, possono così emergere alla coscienza. Questo processo può essere agevolmente riferito sia a una trasmutazione dell’uomo di tipo mistico, sia alla scoperta di una storia non ufficiale che, distruggendo certezze consolidate e dogmi ferrei, crea un uomo nuovo con una consapevolezza rinnovata. In un certo senso, una cosa non esclude l’altra, anzi, una è premessa dell’altra. Demolendo la visione del mondo di cui siamo portatori inconsapevoli, iniziamo a liberarci di preconcetti e scorie per procedere poi a destrutturare e ristrutturare l’io, in una forma diversa, nuova e creativa. Nella seconda interpretazione sembra di trovare il passo successivo: il battesimo. Questo è inteso come purificazione dell’io e distruzione delle false idee che impediscono l’evoluzione. È il primo passo per creare un Mushus, un essere superiore che, con saggezza e discernimento, comprende e conosce i misteri e i segreti della natura. Una persona dotata di un simile potenziale, non può essere nient’altro che un Re del Graal, o un appartenente alla chiesa del Graal.
Con il termine chiesa del Graal Anonimo intende riferirsi al quel corpus di conoscenze esoteriche sotterranee, portatrici di rinnovamento nonché di una visione non ufficiale ed eretica della storia. Queste conoscenze hanno attraversato i vari periodi storici e culturali portando la loro carica innovativa e distruttiva e seppur in differenze lievi contengono tuttavia una certa somiglianza strutturale tale da farle sembrare appartenenti ad una fonte comune.

Le figure femminili
I dipinti sulle pareti della tumba sono stati interpretati dalla critica come allegorie dei vizi capitali, o ripresi dall’Apocalisse. In realtà, anch’essi nascondo profondi significati iniziatici ed è emblematico che questi siano stati associati a figure femminili come per sottolineare con più incisività che l’iniziazione, la conoscenza e dunque l’evoluzione umana siano connesse all’acquisto o meglio, al ritrovamento della Sophia, la saggezza cosmica, o del congiungersi di nuovo con l’aishah, l’anima. La prima figura rappresenta una donna che fuoriesce dal guscio di una lumaca mentre una mano sembra svegliarla dal sonno. In realtà rappresenta l’abbandono dell’ignoranza per entrare nella dimensione della Gnosi (conoscenza superiore). Il guscio della lumaca rappresenta la spirale cosmica, il simbolo celtico per la vita. L’immagine richiama alla mente la favola della bella addormentata come quella dell’eroe del Graal in cui si ha un processo di risveglio e di passaggio da uno stato all’altro. La seconda figura, la donna seduta con un ampio mantello rosso che stringe un bambino dormiente, rappresenta la Grande Madre, artefice della trasformazione alchemica. La Grande Madre che dà alla luce l’uomo nuovo e, di conseguenza, una conoscenza diversa e alternativa, ben si accosta con la figura della Maddalena, colei che, nella veste di Sophia, dona la conoscenza superiore al Cristo. La terza figura, una donna nuda con una lunga chioma, viene addentata alla mammella da un serpente. Questa rappresenta la forza conoscitiva della Dea, una forza che passa al serpente, visto come simbolo dell’energia psichica dell’uomo che dorme, pronta a divenire conoscenza superiore. Secondo questo percorso la chiesa del Graal. La chiesa del Graal è l’unica in grado di trasmettere e l’unica che custodisce la conoscenza sacra
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Da: Chi ha orecchie per intendere intenda - Simboli e segni della chiesa del Graal di Anonimo

sabato 19 novembre 2011

Il Graal - IX


Il Battistero di San Giovanni, detto Tomba di Rotari sebbene non abbia nulla a che fare con l'omonimo sovrano longobardo, assieme alla chiesa di Santa Maria Maggiore, forma il complesso monumentale di San Pietro. Si trova a Monte Sant'Angelo, in provincia di Foggia.
Pochi metri dividono il colonnato della basilica di S. Michele dalla più antica chiesa del paese: San Pietro, sede della prima parrocchia cittadina, che venne demolita nel 1891 per ragioni storiche. Di essa oggi restano il seicentesco rosone a traforo posto sul portale d'ingresso, le basi di quattro colonne di granito e la struttura absidale a semicatino scavata da nicchie risalente al XII secolo. A sinistra dell'abside si accede alla Tomba di Rotari, che non è un sepolcro come si potrebbe pensare, ma un Battistero dedicato a San Giovanni che, nei primi del XII sec, Rodelgrimo e suo cognato Pagano da Parma fecero sopraelevare e coprire a cupola. L'appellativo è dovuto all'errata interpretazione del nome del costruttore e del vocabolo "tumba" (cupola).
Monte Sant’Angelo è una località della Puglia fortemente legata al culto micaelico. Ed è principalmente questo fatto che lo rende pieno di fascino. Questo fascino si trova in bilico tra la spiritualità che emana, e tra la storia che è scritta tra le sue mura, centro frequentatissimo nel Medioevo da pellegrini e da crociati pronti a recarsi in terra Santa, tradizione rimasta nei secoli fino ai giorni nostri. La cittadina sorse nel secolo V intorno al luogo dove apparve San Michele Arcangelo, l'Angelico archistratega che i Longobardi considerarono addirittura santuario nazionale. Fu a lungo contesa da Bizantini, Longobardi, Saraceni e Normanni. Dall'XI secolo la Puglia ha due poli religiosi egemoni: San Nicola a Bari e il Santuario micaelico a Monte S. Angelo, entrambi inseriti nelle più importanti vie dei pellegrinaggi europei, quali la via Sacra Langobardorum e la via Francigena.
A un primo impatto, rispetto ai complessi religiosi della Puglia, la tumba di Rotari dà una sensazione molto particolare. Sembra quasi che l’anima si innalzi a vette inaudite, seguendo un percorso iniziatico che sembra non aver molto in comune con i dogmi cattolici.
In realtà, sembra di trovarsi in presenza di un vero e proprio libro di pietra che cela al suo interno un messaggio diverso da quello che ci si aspettava: la fede senza gnosi non può esistere. La fede senza gnosi è solo bigottismo brutale, superstizione, ignoranza che priva l’uomo della sua reale natura, della sua origine, e perciò della sua dignità. La tumba di Rotari appartiene a quei luoghi che contribuiscono a restituirci il nostro vero volto cosicché la fede diventi uno strumento non di controllo ma di elevazione.

Gli indizi
Appena si arriva all’ingresso della tumba si può osservare nell’architrave dell’ingresso un rosone con quattro sirene o donne serpente che incorniciano una stella a otto punte. Al di sotto di questa immagine si trova la raffigurazione di un calice con l’ostia e in più si trova il classico stemma massonico (la mano che regge un compasso) che, stranamente, sembra in armonia con gli altri elementi.
All’interno si trova una vasca quadrata e un architrave che porta all’interno in cui compare una croce che origina da due sfere, seguita dalla famosa scritta Q PETISH. Questa scritta è stata tradotta da molti critici come quod petis habebis, ossia “ciò che chiedi avrai”, espressione genericamente ripresa dalla Bibbia e interpretata come allusione al battesimo. Entrando sulla destra si trova una vasca circolare e sulla sinistra, un sarcofago vuoto scavato nella roccia. All’interno della tomba sulla cornice imposta dal tamburo si trovano tre figure femminili: la prima fuoriesce dal guscio di una lumaca mentre una mano sembra volerla svegliare dal sonno, la seconda rappresenta una donna seduta con un ampio mantello che stringe al seno un bambino dormiente, la terza rappresenta una donna nuda sdraiata con una lunga chioma, mentre viene addentata alla mammella destra da un serpente. Inoltre, dalla base di volta, più piani si sovrappongono assottigliandosi, passando dal quadrato della base all’ottagono intermedio ed al cerchio di volta. Nel quadrato di base della tomba è, invece, inscritto il sigillo di Salomone. Un altro indizio interessante lo si trova nell’atrio superiore del santuario micaelico, dove, collocata in alto rispetto alla porta di ingresso a destra, c’è una lapide con un’iscrizione che recita “Terribilis est locus iste hic domus Dei et porta coeli”, tradotto: “Questo è un luogo terribile. Questa è la casa di Dio e la porta del Cielo”, tratta dalla Genesi.

Il simbolismo

Il rosone


La prima simbologia che si incontra, foriera di significati occulti, è quella del serpente. Il serpente è collegato alla simbologia dell’anello, del tutto, specie nella sua forma di Uroboros, il serpente che si morde la coda. Se l’anello o cerchio appare con una croce nel mezzo si tratta del simbolo della Rosi-crucis che, secondo Lawrence Gardner ne Il regno dei signori degli anelli, è un richiamo al Sangreal. La rosi crucis diventa un simbolo della linea dinastica matriarcale, discesa per il tramite di Lilith e Maria Maddalena.
Un'altra associazione con il serpente, è il drago drakon.
Il vocabolo di origine greca è affine a edrakon, ossia vederci chiaro, ed è equivalente a Nahash, termine biblico che significa “serpente”, oppure “decifrare”, “scoprire”. Il serpente, infatti, era colui che vedeva chiaramente le cose in modo limpido e pieno di saggezza, qualità che caratterizzano il sapiente. Il serpente veniva quindi associato sia alla saggezza, sia alla guarigione.
In Mesopotamia, il drago Mushus, aveva compiti di guardiano e i re e le regine messianiche (unte, consacrate) venivano chiamati dragoni o pendragoni perché ad essi venivano attribuite le virtù dell’animale. Tali re venivano nutriti con una particolare sostanza, l’essenza lunare delle regine dragone (contenenti secrezioni endocrine capaci di esaltare alcune qualità interiori). In Iran, inoltre, esiste una pianta molto particolare, la dracena draco, appartenente al genere delle liliaceae (giglio), la cui resina è conosciuta come sangue del drago. Probabilmente questa sostanza rappresentava un sostituto di tale mistura, chiamata fuoco stellare che, al pari della secrezione mestruale e per la forte assonanza simbolica con quest’ultima, veniva usata nelle cerimonie di consacrazione.
Le regine dragone (le sacerdotesse) venivano associate per questo motivo al fiore del giglio o del loto tramite il nome che portavano: Lilia, Lilith, da cui, secondo Gardner, scaturirebbe il lignaggio De Lac. Altre variazioni si ravvisano nel nome Del Acqs. La stessa rosa crucis è spesso definita coppa delle acque ed è uno dei simboli del Graal, identificato con il sangue messianico raccolto nel sacro calice scaturito dal grembo materno. La simbologia del Graal presente a Monte Sant’Angelo, potrebbe riportare a queste simbologie che risalgono agli albori di una leggenda che in seguito venne cristianizzata.
La prima decodifica di questa leggenda, ci parla di una guarigione spirituale più che fisica, come se il Graal e i suoi poteri agissero sul piano dell’anima, restituendo o modificando le percezioni sensoriali dell’adepto. Bevendo dal Graal (che in origine conteneva una mistura in grado di risvegliare nell’uomo facoltà assopite da tempo ma sempre presenti), l’uomo normale raggiungeva un lignaggio mitico e si ritrovava ad appartenere a una linea messianica che, partendo dalla Mesopotamia, si ritrova nella Bibbia e viene trasmessa per via matriarcale.
Ma soprattutto i simboli sembrano spronarci a scoprire, a decifrarli, a vederci chiaro, a raggiungere lo stato di iniziato e le sue qualità, poiché soltanto chi è in possesso di queste chiavi potrà essere in grado di decifrare il codice.
Consacrazione, unzione, saggezza, capacità di guarire o autoguarirsi, indicano un uomo che appartiene a un lignaggio sacro di tipo sacerdotale, che dagli albori della storia umana sembrano portarci fino all’ebraismo. Lo stesso simbolo massonico dà l’idea che, un codice simile, sia stato in possesso di società segrete che, però, hanno sparso simboli che soltanto gli iniziati possono decifrare. Inoltre, il richiamo alla massoneria e l’immagine di una stella identificata con Sirio o con Venere, le stelle del mattino, sembrano indicare due cose: la conoscenza stellare collegata alla resurrezione e alla conoscenza delle origini, ma anche alla Dea Madre. Che la Tumba sia un tempio della Dea? Quest’ultima considerazione è avallata dal simbolo della Dama Serpente. Il serpente è la forza creatrice della rigenerazione (crea e rinnova) che si snoda dalla spina dorsale fino a raggiungere le ghiandole poste alla sommità del capo; è la kundalini che è al tempo stesso la regina del Graal. La regina del Graal è l’iniziatrice, colei che innesca il processo di redenzione, è Kali che rinnova e distrugge e la Shakti, l’energia primigenia della creazione, la forza femminile per eccellenza. Tra queste regine del Graal, esiste la figura di Melusina con ali di pipistrello e coda serpentina (animali sacri alla Dea), oppure la donna serpente o la sirena. Essa è custode di un anello (simbolo come si è detto della conoscenza) ma anche autentica erede e creatrice della linea del santo Graal.
Questo simbolismo non può che essere associato al culto della Dea Madre che ebbe origine quando gli antichi individuarono la sua controparte celeste. Questa era ottenuta congiungendo un gruppo di costellazioni, Auriga, Perseus, Camaleopardales, Aries, Triangolum, Cassiopea ed Andromeda: la figura delinea una donna distesa, dai grandi seni e dal ventre prominente, figura guida del tempo precessionale dell’ultima fase del pleistocene. Più tardi fu aggiunto il simbolo della costellazione del Taurus (fecondatore), felice intuizione del legame cielo e terra.
Conoscenza stellare, dunque dominio del tempo, conoscenza iniziatica, trasmutazione alchemica (distruzione e rigenerazione), custode della conoscenza: ecco gli elementi che scaturivano da una prima indagine. Inoltre, vi era anche la traccia di quella che appariva sempre più come un lignaggio sacerdotale che formava una vera e propria dinastia. Questa dinastia che custodiva tali conoscenze, riportava inevitabilmente ai tempi di Cristo dato che, in questa discendenza collegata alla Albi-gens, associata all’acqua, si rinvenivano i nomi Maria, Miriam (Merrow o Meirmaid). Le storie delle fate e delle fonti incantate, si tramutavano, dunque, in riferimenti allegorici alla cerimonia del fuoco stellare, che accendeva la conoscenza superiore e permetteva all’energia femminile di rigenerare tessuti e spirito. La tradizione del fuoco stellare, uno dei tre battesimi con l’acqua della purificazione e il sangue del sacrificio, rappresenta il veicolo della luce della conoscenza, ossia l’illuminazione che sconfigge, la gnosi che non può avvenire se non dopo la purificazione, l’eliminazione delle scorie e il sacrificio del se.
Maria è la domina del acquae ed erede della casa del Acqs tramite il simbolismo del giglio; questa eredità si mantenne e si collega alla Maddalena. La Maddalena, inoltre,è collegata anche alla sposa perduta del cantico dei cantici. Questo è un testo di origine sumera e fa riferimento al matrimonio sacro tramite il quale la sposa messianica festeggia lo sposalizio regale ungendo lo sposo con olio di nardo.
Importante è anche l’immagine iconografica della Maddalena che è spesso raffigurata con un mantello rosso sopra una veste verde, il mantello rosso può essere interpretato come simbolo dell’alto grado ecclesiastico e della cerimonia del fuoco stellare, del sangue mestruale che dona la vita, mentre la veste verde la collega direttamente alla fertilità e alla fecondità. Le due Marie (la Maddalena e la Vergine Maria) si presentano come i due aspetti o incarnazioni viventi di uno stesso principio cosmico (stellare), la Vergine e la Madre cosmica. Il loro legame con l’acqua richiama anche il concetto di Gnosi che, in quanto femminile, si incarnava nelle regine sacerdotesse. L’immagine della sirena è un’allegoria della sapienza e della Sophia, le uniche in grado di creare la vita traendola fuori dalla materia informe. La Sapienza delle regine Dragone è il ponte che collega la vita quotidiana al regno dell’Eternità, l’accesso al quale si ottiene soltanto tramite un’esperienza personale di Gnosi.
Non si dimentichi, inoltre, che il riferimento alla coppa che contiene in essa un’ostia,non fa dell’edificio soltanto un riferimento al cristianesimo, ma identifica il luogo come centro in cui viene custodito il Graal.

Da: Chi ha orecchie per intendere intenda - Simboli e segni della chiesa del Graal di Anonimo

mercoledì 16 novembre 2011

Il Graal - VIII


Riprendo il concetto accennato nella prima parte sul Graal, dove viene asserito che il contenuto del sacro calice non era il vino, ma il sangue o un estratto del sangue che gli alchimisti codificano da sempre col termine “sale” e che si identifica con quel calice di amarezza che Gesù per un momento non volle bere.

In un suo studio sul simbolismo della quaternità, (in C.G. Jung: La simbolica dello spirito, Einaudi , Torino, 1975) Jung prende in considerazione le polarità:

Spirito Santo
Padre Figlio
Maria

e considera Maria come polarità femminile della SS. Trinità a causa del suo rapporto con lo Spirito Santo, che la rende il vaso puro che può generare l’essere che realizza in sé le due nature: l’umana e la divina. Jung rileva che alla rappresentazione di Dio trino corrisponde spesso un Satana Tricefalo, che appare come Umbra Trinitatis, avversario di Cristo e Signore della Materia e della molteplicità. Solo l'integrazione delle qualità del principio femminile, rappresentate da Maria, può riunificare e pacificare l'anima umana, che è il teatro del lacerante conflitto tra i princìpi opposti. Così l'Assumptio Beatae Mariae comporta il passaggio del corpo materiale e mortale, soggetto allo spazio e al tempo, al regno dei Cieli. Maria incarna la possibilità data all'uomo di sottrarsi al dominio del Principe di questo mondo e di reintegrarsi nel principio creatore e trinitario. Negare o rimuovere questo archetipo in quanto principio attivo in noi, significa rinunciare a quell'amore verso l'alto che unifica e rende elevata e piena di senso la nostra esperienza terrena. Nel linguaggio della psicoanalisi junghiana l'uomo, rimuovendo il principio femminile salvifico e sapienziale legato a Maria, condanna se stesso a doverlo vivere attraverso la propria Ombra. La costellazione archetipica della quale abbiamo fin qui parlato viene allora ad assumere caratteristiche sataniche e lavora per la frammentazione e la dispersione dell'esistenza e dei rapporti. L'archetipo mariano, al contrario, opera attraverso l'amore, secondo la via del cuore e tende a realizzare l'integrazione e l'armonizzazione degli opposti che si agitano nell'anima e a dissolvere le barriere innalzate tra gli uomini dalla brama di potere e dalle distinzioni di razza e di censo.
In questo senso la Vergine Maria, il calice destinato ad accogliere il Cristo sulla terra, viene accostata al santo Graal, il calice con cui Giuseppe di Arimatea raccolse il sangue e l’acqua che sgorgavano dal costato di Gesù crocefisso. Secondo la leggenda il Graal fu intagliato all’inizio dei tempi in uno smeraldo caduto dalla fronte di Lucifero, quando questi si ribellò a Dio (lo stesso calice era denominato da Wolfram Von Eschembach lapsit exillis, cioè pietra esiliata, da exilium, o caduta dai cieli, da ex coelis, stesso nome dato alla loro Pietra dagli alchimisti). Il Graal rappresenta, nell’uomo, lo spazio sacro del cuore, destinato ad accogliere il Verbo, il calice invisibile che custodisce il senso interiore della tradizione cristiana. Nel mondo esterno rappresenta la Chiesa in quanto custode nel mondo della stessa tradizione, in quanto Gerusalemme terrena che può condurci a quella celeste, cioè all’aspetto iniziatico della tradizione. Narrava ancora la leggenda che la coppa del Graal scomparve dalla terra e che i cavalieri della Tavola Rotonda si proposero come mèta suprema di ritrovarla. Questo pellegrinaggio verso la Terra Santa, questo vagare nel labirinto del mondo alla ricerca del Centro e della Parola Perduta è destinato al fallimento se il viaggio non diventa anche un cammino interiore.
Anche gli alchimisti parlavano di una terra Vergine, resa feconda da un seme spirituale e destinata a partorire la loro Pietra, una terra vergine che spesso essi identificavano con il Sale della Sapienza.
Il culto della Vergine fu considerato dagli alchimisti come una allegoria del loro Magistero e le cattedrali gotiche francesi, veri templi eretti all’arte alchemica, sono quasi tutte consacrate a Notre Dame, cioè a Maria. Come esempio di linguaggio “alchemico” nel culto mariano Fulcanelli, nelle “Dimore Filosofali”, cita l’epistola che viene letta alla messa dell’Immacolata Concezione: “Il signore mi ha posseduta all’inizio delle sue vie. Io ero prima che egli plasmasse qualsiasi altra creatura. Io ero nell’eternità prima che venisse creata la terra. Gli abissi non erano ancora e io ero già concepita. Le sorgenti non erano ancora uscite dalla terra; la pesante massa delle montagne non era ancora stata formata; io ero già nata prima delle colline. Egli non aveva ancora creato né la terra, né i fiumi, né consolidato la terra mediante i due poli. Quando egli preparava i Cieli io ero presente; quando circoscrisse gli abissi con i loro limiti e stabilì una legge inviolabile; quando stabilizzò l’aria attorno alla terra; quando equilibrò l’acqua delle sorgenti; quando rinchiuse il mare nei suoi limiti e quando impose una legge alle acque perché non superassero i confini loro assegnati; quando gettò le fondamenta della terra, io ero con lui e regolavo tutte le cose”. (Si osservi la straordinaria somiglianza con l’inno a Iside citato da Apuleio nell’”Asino d’oro”).
Il culto di una dea vergine che partorisce un bambino è comunque antecedente alla nascita del cristianesimo. Da Semele, la madre di Dioniso, ad Iside (in una delle possibili etimologie il nome viene fatto derivare dal greco Isha, Vergine), sono numerosi gli esempi delle Vergini madri. A questo proposito nella sua “Storia delle credenze e delle idee religiose” Mircea Elide scrive: “La teologia di Maria, della Vergine Madre, riprende a perfezione le antichissime concezioni asiatiche e mediterranee della partenogenesi (capacità di autofecondazione) delle grandi dee (Hera, Cibele). La teologia mariana rappresenta la trasfigurazione dell’omaggio più antico e più significativo che si sia mai reso, dalla preistoria, al mistero religioso della femminilità: la Vergine Maria verrà identificata, nel cristianesimo occidentale, con la figura della Sapienza divina, mentre la chiesa di Oriente svilupperà accanto alla teologia della Teokotos, la Madre di Dio, la dottrina della sapienza celeste Sophia, nella quale si manifesta la figura femminile dello Spirito Santo.”
L’arte sacra dei primi cristiani, che rappresenta la Vergine con il bambino Gesù tra le braccia, sembra aver tratto ispirazione dal culto di Iside che culla il piccolo Horus (la cui nascita veniva celebrata la notte del 24 dicembre, data anche della nascita di Mitra, il sol invictus dei misteri mitraici di origine persiana, che nasceva in una grotta da una pietra). Anche Fulcanelli (nel “Mistero delle Cattedrali”, ma cfr anche J. Baltrusaidis, “La ricerca di Iside”, Adelphi, Milano, 1985) ritiene che il culto delle Madonne nere si sia innestato su un preesistente culto isiaco, mantenendo talvolta invariati anche gli oggetti di culto (immagini e statue della dea reinterpretate come raffigurazioni della Madonna). Anche Vesta o Hestia (dal sanscrito Was, abitazione) era una dea vergine della terra a cui erano sacri sia il focolare domestico che il fuoco sacro della città, l’estinguersi del quale era ritenuto un segno inequivocabile dell’avvicinarsi di una calamità.
Le sacerdotesse di Vesta, le vestali, dovevano essere vergini e mantenersi caste durante tutta la durata del loro ufficio, pena la morte. Avevano il compito di custodire il fuoco sacro e il Palladium (una statua della vergine Atena armata di lancia) oltreché i simulacri dei Penati e altri oggetti sacri in un luogo di forma ottagonale in cui nessun uomo poteva penetrare. Nelle loro cerimonie non potevano usare l’acqua degli acquedotti ma solo quella piovana e delle sorgenti. Le statue di Vesta venivano poste nelle abitazioni all’entrata (da cui, secondo Ovidio, il termine vestibolo) e la dea era raffigurata con in mano una coppa, il Palladium o una torcia.
Nelle “Dodici chiavi della filosofia” di Basilio Valentino, nella quarta chiave è raffigurato uno scheletro in piedi su un catafalco, accanto al quale arde una candela, e, vicino allo scheletro, un tronco di quercia essiccato. Nel simbolismo alchemico la quercia cava raffigurava il “forno filosofico” entro il quale veniva cotto l’uovo filosofico, cioè il recipiente entro il quale si realizzava la trasmutazione alchemica. La figura di Basilio rappresenta l’estrazione del “Sale filosofico”, quel sale che ha il potere di preservare per sempre dalla putrefazione ciò con cui viene a contatto. Un simile Sale, ci dice Valentino, “È inutile se il suo interno più profondo non è scoperto ed il suo esterno spinto al centro”. Il Sale viene liberato dalla cenere ottenuta con la combustione e dev’essere poi unito allo Zolfo e al Mercurio che originariamente appartenevano al corpo non purificato. In tale modo diviene possibile ricostruire, con l’aiuto del fuoco, ciò che distruzione e dissezione avevano dissolto, ma il nuovo corpo, a differenza del vecchio, è un corpo immortale.
Nel “De confectione Lapidis” Rupescissa definisce il Sale come “L’acqua coagulata dalla secchezza del fuoco”; Mylius lo chiama “Il diadema del tuo cuore” e nello stesso modo viene definito da Senior nel “De Chemia”. Per Senior il Sale è anche, alternativamente, “il corpo bianco della cenere” o “la terra bianca fogliata che va separata dalla terra dannata e nera”, cioè dalla parte impura, pesante e malvagia della terra. Lo stesso Senior in “Artis auriferae”, spiega come il Mercurio dei filosofi si fabbrichi dal Sale: “...dapprima diventa cenere, poi Sale, e dal Sale, mediante diverse operazioni, il Mercurio dei Filosofi”.
Molti autori credono che nel Sale siano fusi sia lo Zolfo che il Mercurio, tanto che alcuni lo chiamano Rebis, “la cosa doppia”, un appellativo che, peraltro, veniva riferito talvolta allo Zolfo, talvolta al Mercurio. Infine il testo ermetico “Tractatus aureus”, contenuto nel Musaeum Hermeticum, così ammonisce l’alchimista che pretenda di portare a termine il suo Magistero senza servirsi del Sale: “Colui che opera senza Sale non ridesterà i corpi morti, colui che opera senza Sale tende un arco senza corda. Perché voi in effetti dovete sapere che i saggi hanno bisogno di un Sale assai diverso da questi minerali volgari”.
È interessante anche notare il rapporto costante che esiste tra il sale e l’oro, tanto in alchimia quanto nella geografia sacra.
E il sale è proprio una delle chiavi di quello che si è convenuto di chiamare l’affaire di 

Rennes-le-Château. D’altronde, il nome di Magdala deriva esso stesso dall’arabo magdal, che significa “pesce sotto sale”, in alcune fonti antiche viene denominata in ebraico Migdal Nunya (torre del pesce), l’athanor è chiamato anche torre. Questa persistente continuità viene confermata da Santa Maria Maddalena, le cui lacrime sono redentrici. In effetti, su un’incisione risalente al XVI secolo si può vedere la Santa in Provenza, a Sainte-Baume: la caverna scavata nella falesia domina un piccolo fiume menzionato sotto il nome di… Salins, e nel quadro si può osservare uno stendardo recante una croce templare

Da: http://www.fuocosacro.com/pagine/gnosticismo/vergineanima.htm
Jules Verne e l’esoterismo di Michel Lamy


mercoledì 6 luglio 2011

Il Graal - VII


Fino ad ora abbiamo parlato di purificazione, per la prima Tavola, e di illuminazione, per la seconda, ora, giunti alla terza, parliamo di reintegrazione, di comprensione totale e quindi non solo intellettuale di ogni tradizione.
L'individuo muore una seconda volta, per poter rinascere ad un nuovo stato.
Le lastre sono tre e tre quindi sono le iniziazioni, ma solo due comportano un cambiamento di stato mentre una, quella quadrata, è solo, come abbiamo già notato, un’acquisizione di coscienza.
Nella Tavola circolare il neofita entra dal portale della Cattedrale e si immette in quel percorso che lo porterà ad uno stato nuovo lasciando dietro di sé quello che, con parole tanto sintetiche quanto approssimate, è d'uso chiamare il mondo profano.
Esso muore per quest'ultimo e rinasce ad uno stato dove è elemento equilibrato partecipe di un tutto armonico.
Nel passaggio dalla prima alla seconda Tavola non vi è cambiamento, non vi è né morte né rinascita, vi è soltanto maturazione.
È per questo che il lavoro che si compie in essa è solo intellettuale; è una lenta maturazione dell'individuo che era iniziata dal rifiuto dei conflitti del mondo alla soglia della Tavola rettangolare.
Ora, per questo passaggio, vi è vera morte e vera rinascita.
Lo stato di armonia con il tutto, la conoscenza più completa della tradizione, lasciano il posto alla rivelazione.
Charpentier dice che la Tavola mistica, inclusa nel coro, era chiusa. Le vie di accesso erano due, una riservata ai cappellani, mentre l'altra, "porta stretta, conduceva nell'arcata centrale della tribuna e si situava alla punta della Tavola quadrata nell’incrocio dei transetti".

Una via angusta, che sottolinea la difficoltà dell'attraversamento, passaggio quasi traumatico come fu in passato quello dal grembo materno alla vita del mondo.
Ora, il passaggio avviene dal mondo dell’intelligenza a quello della fede mistica.
Il contatto continuo fra il cielo e la terra, nella Tavola rettangolare, è ripristinato.
In essa, ogni cerimoniale diventa segreto agli estranei, il suo perimetro è rigorosamente delimitato dal resto della chiesa e neppure lo sguardo, in origine, era libero di spaziare al suo interno.
“Il Signore disse a Mosè: "Scendi e avverti il popolo che non irrompano verso il Signore per guardare e non cadano molti di loro. Anche i sacerdoti che sogliono avvicinarsi al Signore si santifichino, affinché il Signore non si avventi contro di loro".  Mosè rispose al Signore: "Il popolo non può salire sul Monte Sinai, perché tu stesso ci hai avvertiti dicendo: poni dei limiti attorno al monte e dichiaralo Santo". Allora il Signore disse: "Va, scendi, poi salirai, tu ed Aronne con te, ma i sacerdoti e il popolo non irrompano per salire verso il Signore, perché egli non si avventi contro di loro". Mosè scese verso il popolo e lo disse loro".
Il Sinai è dunque una Tavola rettangolare, è la ricostituzione del Paradiso Terrestre, è decisamente il punto nel quale è possibile la comunicazione fra il cielo e la terra e l'essere in questo punto palesa il possesso del Santo Graal.
Se fino ad ora, per comprendere il significato della Tavola quadrata nella Cerca, ci siamo soffermati sulle avventure di Lancillotto ora, per avvicinarci a quella rettangolare, non possiamo che riferirci a quelle di Galaad.
È lui che assieme ad altri veri Cavalieri partecipa, come un tempo i dodici Apostoli, alla Mensa del Santo Graal.
"Coloro che non devono sedersi alla Mensa di Gesù Cristo se ne vadano, perché è arrivato il tempo in cui i veri cavalieri saranno nutriti con il cibo celeste".
È estremamente importante quanto dice questa voce nel castello di Corbenic. Secondo alcuni il nome del Castello di Corbenic proviene da Corbin-Vicus. La parola Vicus è di chiara matrice latina e sta per "insediamento". Corbin, invece, sembra sia la traduzione francese ("corben") di "corvo" (proprio come "bran" in gallese...). Sicché Castello di Corbenic sarebbe nient'altro che "Castello del corvo"... esattamente come Dinas Bran, la Fortezza di Bran, il dio gallese il cui nome significa “corvo” e che è collegato al calderone e al graal. Inoltre la valle del Llangollen, dominata dal castello di Dinas Bran, è attraversata da un fiume, il Dee River: il castello del Graal descritto da Chretien e dall’anonimo autore del ciclo vulgato è vicino a un fiume. L'Estoire du Saint Graal (secondo il ciclo vulgato) asserisce che Corbenic è un nome caldeo che significa "vaso sacro". Un importante medievalista (R. S. Loomis) invece fa notare che in francese cor benoit significa "corno benedetto" e potrebbe essere una chiara allusione al corno magico posseduto da Bran il Benedetto, uno dei Tredici Tesori di Britannia (colui che vi avesse bevuto vi avrebbe trovato la bevanda desiderata, un altro Graal ante-litteram). Ancora, "corps benoit" significa "corpo santo":  Corbenic come una corruzione dell'espressione "corpo santo" inteso come corpo eucaristico di Cristo
.
La voce nel Castello di Corbenic ribadisce due precisi concetti.
Il primo è che per partecipare alla mensa di Cristo è necessario essere cavalieri.
Per poter entrare nella Tavola rettangolare bisogna cioè essere passati per la Tavola quadrata.
La lastra rettangolare è una Tavola mistica, ma non ammette l'ignoranza, e proprio per questo, nella Cattedrale di Chartres, anche all'ingresso al presbiterio riservato ai chierici e sacerdoti, sul pavimento vi è una Tavola quadrata; certo più piccola di quella della navata centrale ma non per questo svuotata dei suoi significati.
Il secondo è che la partecipazione a questa mensa è un qualche cosa di segreto, di non visibile ad occhi profani.
La comunicazione diretta fra il cielo e la terra non è un qualche cosa che cade sotto i sensi, essa è interiore, come il possesso stesso del Santo Graal.
I sacerdoti stessi debbono santificarsi prima di entrare nel luogo dichiarato santo che è, come il Monte Sinai, ben limitato e nascosto agli sguardi di chi non può salirlo.
Questo stato di inviolabilità del luogo sacro non può che fare pensare alla città di Luz, la misteriosa città di zaffiro della tradizione ebraica, il cui nome significa “mandorla”, il luogo dove si arresta il potere dell’Angelo della Morte. Inaccessibile ai profani e incontaminata dai cataclismi, si trova al centro del Paradiso Terrestre, fra le radici del mandorlo della vita (luz) dove sgorgano, dalla fonte della Rugiada Dolce, il nutrimento dei santi (miele), l’acqua purificatrice, il nettare degli iniziati (latte) e il fluido della conoscenza esoterica (vino): i quattro fiumi che disegnano una croce sulla superficie del mondo terrestre. Alla base del mandorlo una cavità conduce tramite un sotterraneo alla Gerusalemme celeste.
Essa è, ad un tempo, la città sotterranea e la città celeste; è situata nel "cavo", sia essa considerata come caverna o cielo.
Non a caso Dante, per raggiungere il Purgatorio e salire infine sulla vetta del monte dove è situato il Paradiso Terrestre, deve compiere un lungo viaggio sotterraneo.
Essa rappresenta dunque un qualche cosa di nascosto, interamente chiuso all'esterno, evidenziando in questo modo l'idea dell'inviolabilità.
Conseguentemente, Luz è il nome di una particella indistruttibile del corpo, alla quale l'anima rimane legata dopo la morte, fino al giorno della resurrezione.
Allora Luz, che contiene gli elementi necessari alla totale restaurazione, quando sarà giunto il momento, sotto l'azione della rugiada celeste, porterà l'essere alla sua rinascita gloriosa.
Ed è questa rugiada celeste che troviamo, sotto altro simbolo, nella Cerca del Santo Graal..
Le gocce di sangue, che Galaad raccoglie dalla lancia posta sopra il Santo Vasello e che ridanno vita ed energia alle membra di Re Vulnerato, sono questa rugiada, che agendo sulla potenzialità restauratrice dell'essere, il Luz, le porta alla salute.
E questa è certamente specchio di una salute interiore, non già fisica.
Le simbologie dell'albero e della lancia sono dunque da ritenersi simili, sottendendo entrambe medesimi significati che vanno ben oltre quello appena menzionato.
Infatti, sia l'albero che la lancia rappresentano l'asse del mondo, e sono perciò da mettere in stretta relazione alla montagna polare. Conseguentemente, la loro presenza rende possibile l’ identificazione del centro spirituale, del Paradiso Terrestre, ed è perciò non a caso che nella Cerca la lancia fa la sua apparizione assieme al Santo Vaso.
È in questa situazione che si ha lo stadio massimo di elevazione spirituale, la mondanità dell'individuo lascia il posto al rapporto diretto con Dio ed è il raggiungimento di questo stato sovraumano che fa si che Galaad possa dire: "L'altro giorno quando vedemmo una parte delle meraviglie del Santo Graal che Nostro Signore ci mostrò per compassione, io contemplavo le cose segrete che non sono svelate a tutti ma soltanto ai ministri di Gesù Cristo; e, mentre vedevo ciò che nessun cuore di uomo terreno potrebbe immaginare, né lingua descrivere, il mio cuore fu colmato da una tale gioia e soavità che, se fossi morto in quell'istante, sono certo che nessun mortale avrebbe conosciuto un trapasso migliore del mio". Analogamente in Matteo si legge : "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte sopra un alto monte.
E si trasfigurò alla loro presenza e il suo volto risplendette come il sole, e le sue vesti divennero bianche come la luce.
Ed ecco che apparvero loro Mosè ed Elia a colloquio con lui.
Pietro allora, prendendo a parlare, disse a Gesù: "Signore è bello per noi stare qui, se vuoi farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia."
Concludendo il suo parlare intorno alle tre lastre di iniziazione Charpentier dice che non è affatto strano che si presentino nell'ordine in cui le abbiamo situate a partire dal portale reale, quello che custodisce re e regine che non hanno più nome.
"La loro nascita corrisponde proprio alle nascite realizzate nella navata coperta."
Ogni volta che un individuo percorre con pieno profitto la via iniziatica delle tre lastre, persi i "pensieri e i sentimenti personali", egli genera il proprio lo superiore.
Quell'io superiore che nelle Nozze Chimiche è rappresentato dal Re e dalla Regina generati dalla iniziazione.
E per questo che il Re dice a Christian Rosenkreuz che egli è suo padre.
Essi sono senza nome, in quanto esistenti allo stato di potenzialità; chi dà loro il nome e, ad un tempo, li genera (in questo caso possiamo considerare le due cose coincidenti) è l'oggetto di ogni iniziazione: chi porta a termine la conoscenza di tutte e tre le lastre

Da:
http://www.camelot-irc.org/forum/showthread.php?t=1373
http://digilander.libero.it/ilsitodelmistero/trelastregraal.htm