mercoledì 7 novembre 2012

Lo scrigno


Tornando nella sua stanza, pensò per un momento di rimettersi a letto e restare a crogiolarsi tutta la mattina sotto le coperte, ma vide che in mezzo alla stanza, dove poco prima c’era stato solo un tappeto da preghiera, adesso c’era uno scrigno di legno.
Emettendo un gridolino di gioia si precipitò a passare le mani sul vecchio legno intarsiato e lucidato fino a sembrare uno specchio e sentì un buon profumo di cera d’api e di rosmarino.
Si trattava di uno scrigno molto antico che fin da piccola aveva ammirato nel castello dei Donovan. Uno scrigno da mago che si diceva si trovasse a Camelot in un tempo ormai lontano, commissionato dal giovane re Artù per Merlino.
Ridendo di gioia, si accucciò per terra. I suoi genitori, gli zii, le zie, così lontani ma mai fuori del suo cuore, riuscivano sempre a sorprenderla.
Il potere congiunto di sei streghe era riuscito a spedirle quell’oggetto prezioso dall’Irlanda, facendolo volare attraverso lo spazio e il tempo senza avvalersi dei mezzi tradizionali.
Sollevò adagio il coperchio e il profumo di vecchie visioni, di antichi incantesimi e di una magia senza fine salì fino a lei. La fragranza era asciutta e aromatica: sembrava prodotta dai petali di fiori secchi ridotti in polvere e intrisi dell’odore del fumo di un fuoco freddo acceso da un mago durante la notte.
Ana s’inginocchiò e sollevò le braccia, facendo scivolare le maniche di seta fino al gomito.
Lì c’era il potere che andava accettato e rispettato. Le parole che pronunciò erano in una lingua antica, quella dei Saggi. Il vento che chiamò, agitò le tende e le fece volare i capelli intorno al viso. L’aria cantò, si levò il suono melodioso di migliaia di arpe, poi tornò il silenzio.
Abbassando le braccia, Ana frugò dentro lo scrigno. Un amuleto di eliotropio il cui cuore rosso sembrava sanguinare la costrinse a sedersi. Sapeva che era appartenuto alla famiglia di sua madre per molte generazioni. Quella pietra aveva un enorme potere di guarigione.
Comprendendo che l’amuleto era stato passato a lei, come accadeva ogni mezzo secolo, per classificarla guaritrice dell’ordine più alto, gli occhi le si colmarono di lacrime.
Il suo dono, pensò, accarezzando la pietra su cui erano passate altre dita in altri tempi. La sua eredità.
Dopo averlo posato con delicatezza dentro la cassa, prese un altro regalo: un globo di calcedonio la cui superficie trasparente le avrebbe offerto la visione dell’universo se avesse deciso di vederlo. Mentre stringeva il globo tra le mani, sentì che le era stato inviato dai genitori di Sebastian. Il regalo successivo era una pelle di pecora su cui era incisa una storia in una lingua antica. Leggendola, sorrise perché era una storia che parlava di fate, vecchia come il tempo, dolce come il domani. Zia Bryna e zio Matthew, pensò, riponendola nella cassa.
L’amuleto le era stato regalato da sua madre, ma lei sapeva che doveva esserci qualcosa di speciale anche da parte di suo padre. Lo trovò e rise, tirando fuori un piccolo ranocchio di giada.
“Ti assomiglia, papà.” Rise. Poi, dopo averlo rimesso dentro, chiuse il coperchio dello scrigno e si alzò

Da: Il castello dei misteri di Nora Roberts

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