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mercoledì 25 gennaio 2012

Natura


Quando si perde il profondo rapporto intimo con la Natura, i templi, moschee e chiese diventano importanti

Jiddu Krishnamurti

lunedì 18 aprile 2011

Primavera, Viriditas, Mercurio (vado da sempre pazza per il colore verde)


Nell'aria irradiata dal Sole della primavera si avverte l'influsso sottile di una grande divinità, quella che gli antichi chiamavano Mercurio, lo spirito dell'aria. In alchimia il processo mercuriale si produce quando gli elementi dell'aria e dell'acqua si mescolano: in primavera, quando l'aria si riscalda e le acque più intensamente evaporano per poi discendere come pioggia sulla terra, il turbinio degli elementi manifesta la potenza del dio.
Nel cosmo la terra appare azzurra come una gigantesca goccia d'acqua e l'azzurro dell'acqua esprime appunto l'effetto dell'influsso mercuriale.
Mercurio è una divinità particolarmente vicina agli uomini, egli non ha smesso di comunicare ad essi le sue verità segrete anche dopo il declino della civiltà antica. Per questo i saggi del Rinascimento lo invocavano come Ermete Trismegisto: Hermes il tre volte grande. In particolare Mercurio insegna agli uomini l'arte della guarigione e il simbolo di Mercurio, la verga dorata intorno alla quale si intrecciano i due serpenti, è il simbolo più appropriato per coloro che recano sollievo ai malati con i rimedi della medicina.
Raffaele, il cui nome significa Dio guaritore, dimora nella sfera di Mercurio dove trasmuta la forza divina, al fine di farla diventare curativa. Infatti, il caduceo di Mercurio è, da sempre, il simbolo della medicina. Raffaele è l'Arcangelo della crescita e della rigenerazione, ed aiuta la vegetazione a rinascere dopo la semina dell'autunno ed il riposo dell'inverno.
Nel nostro tempo un compito particolare si pone per coloro che vogliono farsi seguaci di Mercurio: la conciliazione tra la medicina moderna, figlia della scienza sperimentale, e la medicina dello spirito. Queste due branche devono essere unificate, senza che l'una disprezzi l'altra o l'altra ignori l'una.
La salute fisica e la salute spirituale debbono essere considerate come due aspetti della stessa realtà: la purificazione dell'anima e il benessere del corpo sono entrambi necessari affinché lo spirito che è incarnato in ogni uomo possa compiere con energia la propria missione di vita. 
La primavera è la stagione di Mercurio. Quando l'aria si fa dolce e profumata il dio fa fluire le sue forze nella natura. Per questo è tanto importante la vita all'aria aperta, a contatto con la natura, l'escursione in quei luoghi sacri che sono i boschi, nei quali ritroviamo il contatto con la nostra origine. Chi tende l'orecchio alla natura trae ispirazione per comprendere le virtù terapeutiche delle piante, delle sostanze, delle giuste abitudini.




Mentre l'uomo cammina, marcia, avanza sulle proprie gambe una corrente sale dalle profondità della terra e va a corroborare la sua volontà. Per quanto provenga dal grembo della terra essa è una corrente di tipo luminoso e solare, percepibile con particolare intensità appunto nella stagione di primavera.
 
Nel cielo della primavera si libra in alto la figura di Mercurio, col suo sguardo riflessivo, con in mano la verga attorno alla quale guizzano le correnti serpentine. 
Allora i grandi elementi cominciano a mescolarsi e a fondersi tra di loro: l'acqua si surriscalda e sale verso l'alto nella regione dell'aria, i venti primaverili spingono le piogge a ricadere sulla terra. I quattro elementi formano tra di loro un circolo: un grande serpente di fuoco che roteando genera l'energia nel cuore segreto della natura. 
Gli Etruschi chiamavano Turms il loro Mercurio, il nume che mescola di continuo gli elementi. Mercurio è appunto il dio delle metamorfosi. La maschera del nume manifesta la forza arcana della
 
natura che muovendo in eterno circolo gli elementi rinnova la vita. L'uomo stesso deve partecipare con la propria coscienza al movimento della vita.
Senza un collegamento fra Sole e Luna l’uomo non potrebbe esistere; ed è Mercurio questo ponte, il filtro, l’alchimista della forza e del sentimento. Questo pianeta regge il cervello e il sistema nervoso, è la chiave di volta della vita di un essere e ci indica la sua potenzialità intellettiva e come verrà espressa; è il fattore della nostra evoluzione.
È attraverso di lui e per lui, che il pensiero umano assume l’aspetto fantastico, poetico, materialista o pratico, morale o amorale, onesto o disonesto, leale o sleale, equilibrato o squilibrato.
È Mercurio che ci differenzia gli uni dagli altri, che ci rende coscienti, avidi di conoscenza o ignoranti. La cultura, il buon senso, il senso pratico, la scrittura, la parola, la logica, e soprattutto il nostro equilibrio sono governati da questo piccolo mobilissimo pianeta, al punto che la sua distanza dal Sole ci indicherà le potenzialità del singolo. Mercurio è un ponte fra spirito e materia, è la ragione nel senso più alto del termine. Governa nell’uomo l’età che va dai 5 ai 14 anni. Governa anche le spalle, le braccia, i riflessi nervosi, i polmoni, la deambulazione, la laringe e la lingua. 
Il principio mercuriale è considerato in alchimia l’ente solvente primario. Femmineo, umido, pervasivo, è associato agli elementi acqua, aria, e all’azione lunare. Nell’alchimia cinese è raffigurato da un Drago Verde che esprime (in assonanza con l’alchimia occidentale) il principio originario dello Yin.




In altre tradizioni spirituali, il verde è il colore associato alla dea dell’Amore, Venere, all’energia femminile del Cuore, portatrice di guarigione.
Con il termine di Viriditas  (Opera al Verde) si può identificare il periodo in cui sbocciano le gemme primaverili, è la fase dell’Opera in cui ci troviamo a fronteggiare i nostri nemici interiori. E ciò va fatto con estrema accortezza. È il periodo che segue quello della Nigredo, la morte apparente degli alberi in inverno e precede l’Albedo della fioritura, la Citrinitas dell’ingiallimento estivo dovuto al calore e alla secchezza, e infine la Rubedo, caratterizzata dall’infiammarsi dei colori autunnali.
La qualità cabalistica assimilata al verde, la sephirah Netzach, esprime la Fermezza Divina, la sua Vittoria.
Questa sephirah, associata all’emisfero destro del cervello, ed all’uso induttivo, creativo, ideativo del pensiero, presiede infatti un “movimento” individuativo simile, nell’azione, ad una freccia (Tzein, lettera ebraica corrispondente) scagliata verso un obiettivo da cogliere. Tale configurazione determina l’origine concettuale, l’input, la “partenza” iniziale del pensiero, ma pure la sua, anche se apparentemente inconoscibile, destinazione finale. È la pulsione intellettiva che si lancia verso una precisa ideazione formale, la cerca, la “corteggia” ed infine, la coglie. Con questa sephirah si ottiene quindi la nemesi dell’idea e dello slancio creativo, proprio della “bellezza” e dell’”amore” rappresentato da Venere, simbolo mitologico e planetario ad essa collegato.
Va inoltre notato come, nell’Albero della Vita, la sephirah Netzach si trovi esattamente contrapposta alla “qualità” di Hod  (archetipo dell’arancione).
Ciò è determinato dal fatto che, mentre nell’arancione l’espressione intellettiva (archetipo del giallo, Tipheret) veniva ricondotto, grazie alla pulsione scansionante del rosso, ad una consequenzialità logica, analitica, nel verde (Netzach), invece la stessa parte “gialla” coniugandosi con la “spazialità” interiore condotta dall’azzurro, diventa “forma” espressiva, immaginazione.
Immaginazione che rileveremo anche nell’azzurro, ma che qui, essendo unificata al giallo, esprime una qualificazione precisa, in creatività intellettiva.



Se cercheremo di possedere l’impossedibile, la “tinta”dell’amore (un verde chiaro, fresco, luminoso, pari al colore di un germoglio desideroso di crescita) muterà, diventando un verde “marcio”, fangoso.
Nel sufismo iraniano si fa coincidere al verde splendente, il centro divino del tuo essere, la completezza della perla.
Questo verde splendente, simile al colore dello smeraldo più puro, non è formato dal giallo e dall’azzurro saturi, ma invece dall’oro purissimo di un Io nobilitato (reintegrato con la propria parte spirituale) e dal blu profondo di una vera conoscenza dei principi divini.
È il colore sacro all’Islam, colore del Profeta, Mohammad, per tradizione, attribuito ad Abramo, il quale, come padre di Ismaele (avuto con l’egiziana Agar) è considerato dagli Arabi il loro progenitore. Simbolo di salvezza (dovuta al Profeta) ma simbolo anche, per un popolo che vive nel deserto, della “ricchezza” donata dalla vegetazione. Ricordiamo inoltre che nella visione mistica si fa coincidere alla luce verde l’ambito del Malakut, o mondo dell’anima.
È anche il colore dell’Uomo Verde, leggendario, dei nomadi del deserto.
I sufi dicono che quell’essere prodigioso, chiamato Al Khadir, rappresenta la “provvidenza divina”, ed assiste l’uomo nelle sue lotte, proteggendolo da determinati “pericoli”.
Lo aiuta contro l’annegamento (dei moti emozionali), l’incendio (degli eccessi pulsionali), il potere del re (di un dominio incontrollabile dell’Io), i serpenti (delle illusioni coscienziali) e gli scorpioni (della distruttività esterna ed interna, il veleno).
Lo scatenamento del nostro Verde Dragone non è cosa da poco: la sua “forza” naturale è immensa, ed il suo movimento, rotatorio, pare non trovare soluzione di continuità.
Così anche i nostri moti emozionali, i nostri desideri più inconfessabili, le nostre emozioni più terribili, una volta messi in “movimento” sembrano non trovare più sosta nel loro incessante vorticare.



Questo dragone, di un verde opaco, “velenoso”, oscuro, sfuggente simile al colore della “pelle” del Diavolo e del serpente biblico, nello strenuo tentativo di opporsi al “regno” dello spirito, ci conduce sempre nuove tentazioni, sempre nuovi “richiami” oggettivanti; oppure, ed è la cosa più nefasta, ci dona l’illusoria convinzione di conoscenza.
Ma, come nella rappresentazione iconografica cristiana, a questo punto la vera conoscenza, la consapevolezza “ispirata” rappresentata dalla Vergine (la Sophia, la Shekhinah Celeste) deve prendere il sopravvento sulla falsa conoscenza, “calpestando”, sotto il proprio piede, il “serpente” che l’ha indotta.
Così nella Viriditas, aiutati da quel “Fuoco Segreto” di splendente luce smeraldina (archetipo del verde) dovremo, con fermezza e costanza, operare verso un riconoscimento di “pochezza” delle illusioni egoiche e poi, liberatici dai loro condizionamenti (grazie al solvente mercuriale), saremo finalmente in grado di calpestarle, cioè di ricondurle al loro regno (inferiore) di appartenenza.
L’avvenuta “vittoria” trasmutativa è segno di saggezza.
Dimensione coscienziale, in  rinnovamento continuo, evolutivo, che estende continuamente il proprio obiettivo d’azione senza mai compiacersi dei traguardi relativi raggiunti. Identificarsi infatti sull’illusorio potere conoscitivo mano mano ottenuto è cosa demoniaca, foriera di protervia orgogliosa, lesiva e nemica, per natura, dell’evoluzione spirituale.
Racconta il mito che Lucifero, l’angelo più bello e più sapiente di tutti, tradito il proprio compito, perse, nell’atto della caduta, la meravigliosa gemma di smeraldo che gli adornava la fronte; essa finì nelle acque dell’Oceano Primordiale che, da allora, divenne la sede della Sapienza Sacra, Universale.
Di questa pietra, portatrice di conoscenza, è fatto, secondo alcune tradizioni, il vaso (o coppa) del Graal, al cui interno il Santo Sangue del sacrificio redentivo del Cristo si fa Luce di amore conoscitivo. Ci troviamo di fronte, così, all’ambivalenza dei due complementari: verde e rosso. Benigna se voluta, vissuta con pienezza, ma estremamente negativa se ricondotta ad atteggiamenti belligeranti di una componente rispetto all’altra.
Se il nostro “rosso” combatterà contro il nostro “verde” la spinta individualistica, egoica, travalicherà i limiti naturali e, credendoci onnipotenti, bloccheremo la nostra evoluzione su posizioni accentrative, egoistiche, tese al dominio sugli altri e sulla natura manifestata.
Se invece sarà il verde ad “ergersi” contro il rosso entreremo in uno stato ossessivo, dove il troppo controllo su passioni e desideri ci renderà rigidi, duri, freddi, giudicanti.
Stretti nelle spire del serpente, crederemo così che l’unica misura della vita sia la “difesa” da essa.
Quanto saremo lontani, allora, da quella partecipazione naturale, armonica, colma di gratitudine per la bellezza manifestativa che ci rende, davvero, i suoi enti trasmutatori coscienziali.




Compito reintegrativo che, proprio nella Tavola di Smeraldo, attribuita ad Ermete Trismegisto, trova espressione degna, esemplificando come la vera Grande Opera non sia tesa al raggiungimento dell’oro materiale, bensì al compimento dell’oro filosofale, espressione dell’avvenuta trasmutazione spirituale nella manifestazione tangibile.
Noi siamo parte integrante della Natura ed anche in qualche misura, artefici. Non tutto ciò che ci circonda e ci sostiene in vita è necessariamente, dovuto; la Provvidenza Divina ha bisogno, per agire pienamente, anche di noi.
Lo smeraldo, pietra preziosa mercuriale, stimola la crescita interiore, la sensibilità ed il senso estetico, nonché, il desiderio di pace e d'armonia. Promuove la perseveranza e la gioia di vivere. Favorisce l'amicizia, l'amore e la concordia nella coppia. Mantiene giovani d'animo. Aiuta a superare i momenti difficili. Genera ottimismo e vitalità. Spinge il soggetto a vivere più intensamente la propria vita. Le piante mercuriali sono il timo per le persone che manifestano debolezza nei sistemi di difesa (il timo aiuta ad erigere le barriere immunitarie anche in senso psichico) e la menta che può aiutare le persone che non riescono ad "entrare nei panni degli altri" per il timore di perdere la “propria identità”. Sia lo smeraldo che le piante mercuriali sono usati in preparazioni spagiriche che curano disturbi fisici e psichici.


Nei suoi studi sull’alchimia, Carl G. Jung, vede nella fase alchemica Viriditas una rappresentazione del nostro Sé o Anima, che ha la funzione psicologica di liberare l’Io, rinchiuso nel carcere della sua solitudine, morto e sepolto nella tomba del suo egocentrismo (Nigredo o Opera al Nero), per armonizzarlo poi in una relazione ricca e consapevole con il proprio mondo affettivo, con il mondo affettivo altrui, con la vita (Rubedo o Opera al Rosso).
In tutta l’opera di Santa Ildegarda
di Bingen, la Viriditas ha una rilevanza straordinaria. Oltre a designare il colore della Natura, ella lo associa soprattutto alla sua energia, alla forza vitale (vis, vir in latino) immessa in tutta la creazione dal soffio divino. Tale forza si esprime non solo nel verde della vegetazione ma è riconoscibile a tutti i livelli, fisici e spirituali del creato, comunque si manifesti. Essa è presente anche nell’anima dell’uomo, poiché è il principio della vita e del movimento.
Viriditas riassume quindi la nozione universale di salute, di prosperità e di bellezza.






O viriditas nobilissima, che hai radici nel sole,
e in candida serenità riluci
nella ruota
che nessuna altezza terrena
contiene,
tu sei circondata dall’amplesso dei divini misteri.
Risplendi come la rossa aurora
E ardi come la fiamma del sole


(Ildegarda di Bingen - Lied 39 )





giovedì 24 marzo 2011

Il bosco di primavera


Il bosco di primavera dopo le ultime nevi del disgelo riprende forza, ma prima di riprendere la forza e la linfa vitale, si stiracchia, sbadiglia, fa scricchiolare le ossa, si sveglia dopo un lungo sonno e si guarda attorno attonito. A primavera il bosco è sbalordito, è sorpreso da questo letargo che ha avuto, questo sonno, questa neve che lo calcava giù, lo spingeva. E a un certo punto il tepore lo sveglia, però il bosco a primavera, appena sveglio, è debole, è come un bambino, non puoi caricarlo di nessun peso, è fragilissimo, quindi guai a tagliare piante per qualsiasi uso a primavera, per lavoro, per il fuoco, si può solo trapiantare qualche albero in luna calante perché attecchisca meglio e questa linfa che comincia a correre è come il sangue. Se noi tagliamo un albero a primavera, vedete che il ceppo continuerà a buttare acqua in maniera abbondante, puoi metterci sotto un bicchiere e riempirlo in nemmeno un’ora e quindi non servono a fare nulla gli alberi a primavera, perché devono prendere forza, devono riallenarsi, devono riscoprire la gioia del vivere dopo questo lungo sonno che li ha fermati lì durante tutto l’inverno. Il bosco a primavera si sorprende anche perché viene visitato da tutti gli animali che a loro volta cominciano a rivivere, gli uccelli cominciano a fare i nidi e cantano in modo diverso che in autunno, non tutti gli uccelli fanno il nido sugli stessi alberi, ad esempio i tordi amano fare i nidi sui pini, sugli abeti, i ciuffolotti, i pettirossi sui cespugli... e quindi i boschi vengono visitati dagli animali e dagli uccelli, quello che non succede poi in estate che se ne vanno in alto perché c’è più frescura, quello che non succede d’autunno quando le foglie cadono. È tutto un rivivere, è tutto un darsi da fare, come i contadini che si mettono a lavorare nei campi, è tutto un brulichìo, il sottosuolo si rianima, escono insetti, formiche che cominciano a scalare le piante, è una meraviglia di vita, ma una vita quieta, passando con le automobili non ci si accorge, bisogna starci dentro qualche giorno, qualche ora, anche 5-6 ore, e si capisce che si muove il bosco. Puoi vedere un ramo che dopo un inverno si alza di colpo e ti sembra che qualcuno lo spinge e invece no, ha deciso di metter fuori questi rami che aveva tenuto bassi per non farseli spaccare dall’inverno. È una cosa dolce il bosco a primavera perché è fragile, è vulnerabile, anche un albero enorme a primavera è fragile, lo puoi quasi sgraffiare con le dita perché è tenero, è un germoglio, non è l’età dell’albero che gli dà la forza a primavera… È il risveglio e quando uno è appena sveglio deve concentrarsi per capire qualcosa, intanto è vulnerabile. Uno appena sveglio, un uomo, una donna, una persona si alza, cammina e tentenna in qua e in là, anche il bosco è quasi “fuori equilibrio” a primavera, poi piano piano, a fine maggio, giugno, luglio, riprende la forza e allora diventa il bosco forte, a volte anche troppo forte, troppo eclatante, troppo pieno di sé, troppo che si fa vedere… adesso per il bosco è la stagione più bella perché è vulnerabile, è debole, quindi ha una dolcezza sua e si capisce che se lo tocchi gli fai male.
Le uniche cose che gli artigiani, che ora sono quasi scomparsi, tagliavano a primavera, erano i virgulti, i ramoscelli per fare le gerle, le ceste, le culle, che diventavano come corde e si potevano attorcigliare in ogni modo e non si rompevano, ed erano eccezionali per intrecciare questi oggetti, questi manufatti… se tagliati in novembre sono già irrigiditi, non si riescono più a piegare e a torcere come in primavera, allora gli artigiani, siccome la primavera non è che durasse molto, preparavano grandi fasci di questi legnetti da lavoro e li mettevano nell’acqua di un ruscello, li lasciavano quindici giorni e poi ne toglievano un po’, di modo che arrivavano a novembre e a dicembre avendo sempre materiale da lavoro tenero e malleabilissimo che si incurvava come volevano loro.
A primavera il bosco prepara tane, mette nascondigli, diventa protezione…  perché gli uccelli o gli animali non nascono a marzo e nascono a maggio? Perché sono protetti appunto dall’esplodere del bosco e quindi di foglie, di erba, gli uccelli fanno i nidi tra i rami protetti dalle foglie, le bisce escono. I caprioli e i camosci fanno i piccoli e si nascondono nell’erba, se li facessero prima la volpe li vedrebbe e se li prenderebbe. Quindi a primavera il bosco è protezione per gli animali, però bisogna stare attenti quando si cammina perché si svegliano le bisce e le vipere. Può capitare di imbattersi nell’erba di primavera in un cucciolo di capriolo, guai a toccarlo perché se poi noi lo tocchiamo la mamma sente che l’ha toccato un estraneo, non gli dà più il latte e se ne scappa via. State attenti alle vipere che si svegliano, anche loro si sitiracchiano e vanno in giro tra l’erba e tra i sassi, bisogna fare attenzione a dove camminare, farlo sempre con un bastone e guardare per terra, spostare l’erba. Ci sono uccelli che fanno i nidi tra l’erba, quindi quando si cammina in un bosco a primavera e senti un uccello che fa un verso strano, come da impaurito… bisogna o cambiare direzione o stare attenti dove si mettono i piedi.
Il bosco a primavera è un abbraccio, è un augurio, una pacca sulle spalle e una spinta e ti dice: “Vai, affronta il lavoro, affronta la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno”.

Trascrizione di Il bosco di primavera con Mauro Corona, puntata di Geo&Geo del 21/3/2011