lunedì 18 aprile 2011

Primavera, Viriditas, Mercurio (vado da sempre pazza per il colore verde)


Nell'aria irradiata dal Sole della primavera si avverte l'influsso sottile di una grande divinità, quella che gli antichi chiamavano Mercurio, lo spirito dell'aria. In alchimia il processo mercuriale si produce quando gli elementi dell'aria e dell'acqua si mescolano: in primavera, quando l'aria si riscalda e le acque più intensamente evaporano per poi discendere come pioggia sulla terra, il turbinio degli elementi manifesta la potenza del dio.
Nel cosmo la terra appare azzurra come una gigantesca goccia d'acqua e l'azzurro dell'acqua esprime appunto l'effetto dell'influsso mercuriale.
Mercurio è una divinità particolarmente vicina agli uomini, egli non ha smesso di comunicare ad essi le sue verità segrete anche dopo il declino della civiltà antica. Per questo i saggi del Rinascimento lo invocavano come Ermete Trismegisto: Hermes il tre volte grande. In particolare Mercurio insegna agli uomini l'arte della guarigione e il simbolo di Mercurio, la verga dorata intorno alla quale si intrecciano i due serpenti, è il simbolo più appropriato per coloro che recano sollievo ai malati con i rimedi della medicina.
Raffaele, il cui nome significa Dio guaritore, dimora nella sfera di Mercurio dove trasmuta la forza divina, al fine di farla diventare curativa. Infatti, il caduceo di Mercurio è, da sempre, il simbolo della medicina. Raffaele è l'Arcangelo della crescita e della rigenerazione, ed aiuta la vegetazione a rinascere dopo la semina dell'autunno ed il riposo dell'inverno.
Nel nostro tempo un compito particolare si pone per coloro che vogliono farsi seguaci di Mercurio: la conciliazione tra la medicina moderna, figlia della scienza sperimentale, e la medicina dello spirito. Queste due branche devono essere unificate, senza che l'una disprezzi l'altra o l'altra ignori l'una.
La salute fisica e la salute spirituale debbono essere considerate come due aspetti della stessa realtà: la purificazione dell'anima e il benessere del corpo sono entrambi necessari affinché lo spirito che è incarnato in ogni uomo possa compiere con energia la propria missione di vita. 
La primavera è la stagione di Mercurio. Quando l'aria si fa dolce e profumata il dio fa fluire le sue forze nella natura. Per questo è tanto importante la vita all'aria aperta, a contatto con la natura, l'escursione in quei luoghi sacri che sono i boschi, nei quali ritroviamo il contatto con la nostra origine. Chi tende l'orecchio alla natura trae ispirazione per comprendere le virtù terapeutiche delle piante, delle sostanze, delle giuste abitudini.




Mentre l'uomo cammina, marcia, avanza sulle proprie gambe una corrente sale dalle profondità della terra e va a corroborare la sua volontà. Per quanto provenga dal grembo della terra essa è una corrente di tipo luminoso e solare, percepibile con particolare intensità appunto nella stagione di primavera.
 
Nel cielo della primavera si libra in alto la figura di Mercurio, col suo sguardo riflessivo, con in mano la verga attorno alla quale guizzano le correnti serpentine. 
Allora i grandi elementi cominciano a mescolarsi e a fondersi tra di loro: l'acqua si surriscalda e sale verso l'alto nella regione dell'aria, i venti primaverili spingono le piogge a ricadere sulla terra. I quattro elementi formano tra di loro un circolo: un grande serpente di fuoco che roteando genera l'energia nel cuore segreto della natura. 
Gli Etruschi chiamavano Turms il loro Mercurio, il nume che mescola di continuo gli elementi. Mercurio è appunto il dio delle metamorfosi. La maschera del nume manifesta la forza arcana della
 
natura che muovendo in eterno circolo gli elementi rinnova la vita. L'uomo stesso deve partecipare con la propria coscienza al movimento della vita.
Senza un collegamento fra Sole e Luna l’uomo non potrebbe esistere; ed è Mercurio questo ponte, il filtro, l’alchimista della forza e del sentimento. Questo pianeta regge il cervello e il sistema nervoso, è la chiave di volta della vita di un essere e ci indica la sua potenzialità intellettiva e come verrà espressa; è il fattore della nostra evoluzione.
È attraverso di lui e per lui, che il pensiero umano assume l’aspetto fantastico, poetico, materialista o pratico, morale o amorale, onesto o disonesto, leale o sleale, equilibrato o squilibrato.
È Mercurio che ci differenzia gli uni dagli altri, che ci rende coscienti, avidi di conoscenza o ignoranti. La cultura, il buon senso, il senso pratico, la scrittura, la parola, la logica, e soprattutto il nostro equilibrio sono governati da questo piccolo mobilissimo pianeta, al punto che la sua distanza dal Sole ci indicherà le potenzialità del singolo. Mercurio è un ponte fra spirito e materia, è la ragione nel senso più alto del termine. Governa nell’uomo l’età che va dai 5 ai 14 anni. Governa anche le spalle, le braccia, i riflessi nervosi, i polmoni, la deambulazione, la laringe e la lingua. 
Il principio mercuriale è considerato in alchimia l’ente solvente primario. Femmineo, umido, pervasivo, è associato agli elementi acqua, aria, e all’azione lunare. Nell’alchimia cinese è raffigurato da un Drago Verde che esprime (in assonanza con l’alchimia occidentale) il principio originario dello Yin.




In altre tradizioni spirituali, il verde è il colore associato alla dea dell’Amore, Venere, all’energia femminile del Cuore, portatrice di guarigione.
Con il termine di Viriditas  (Opera al Verde) si può identificare il periodo in cui sbocciano le gemme primaverili, è la fase dell’Opera in cui ci troviamo a fronteggiare i nostri nemici interiori. E ciò va fatto con estrema accortezza. È il periodo che segue quello della Nigredo, la morte apparente degli alberi in inverno e precede l’Albedo della fioritura, la Citrinitas dell’ingiallimento estivo dovuto al calore e alla secchezza, e infine la Rubedo, caratterizzata dall’infiammarsi dei colori autunnali.
La qualità cabalistica assimilata al verde, la sephirah Netzach, esprime la Fermezza Divina, la sua Vittoria.
Questa sephirah, associata all’emisfero destro del cervello, ed all’uso induttivo, creativo, ideativo del pensiero, presiede infatti un “movimento” individuativo simile, nell’azione, ad una freccia (Tzein, lettera ebraica corrispondente) scagliata verso un obiettivo da cogliere. Tale configurazione determina l’origine concettuale, l’input, la “partenza” iniziale del pensiero, ma pure la sua, anche se apparentemente inconoscibile, destinazione finale. È la pulsione intellettiva che si lancia verso una precisa ideazione formale, la cerca, la “corteggia” ed infine, la coglie. Con questa sephirah si ottiene quindi la nemesi dell’idea e dello slancio creativo, proprio della “bellezza” e dell’”amore” rappresentato da Venere, simbolo mitologico e planetario ad essa collegato.
Va inoltre notato come, nell’Albero della Vita, la sephirah Netzach si trovi esattamente contrapposta alla “qualità” di Hod  (archetipo dell’arancione).
Ciò è determinato dal fatto che, mentre nell’arancione l’espressione intellettiva (archetipo del giallo, Tipheret) veniva ricondotto, grazie alla pulsione scansionante del rosso, ad una consequenzialità logica, analitica, nel verde (Netzach), invece la stessa parte “gialla” coniugandosi con la “spazialità” interiore condotta dall’azzurro, diventa “forma” espressiva, immaginazione.
Immaginazione che rileveremo anche nell’azzurro, ma che qui, essendo unificata al giallo, esprime una qualificazione precisa, in creatività intellettiva.



Se cercheremo di possedere l’impossedibile, la “tinta”dell’amore (un verde chiaro, fresco, luminoso, pari al colore di un germoglio desideroso di crescita) muterà, diventando un verde “marcio”, fangoso.
Nel sufismo iraniano si fa coincidere al verde splendente, il centro divino del tuo essere, la completezza della perla.
Questo verde splendente, simile al colore dello smeraldo più puro, non è formato dal giallo e dall’azzurro saturi, ma invece dall’oro purissimo di un Io nobilitato (reintegrato con la propria parte spirituale) e dal blu profondo di una vera conoscenza dei principi divini.
È il colore sacro all’Islam, colore del Profeta, Mohammad, per tradizione, attribuito ad Abramo, il quale, come padre di Ismaele (avuto con l’egiziana Agar) è considerato dagli Arabi il loro progenitore. Simbolo di salvezza (dovuta al Profeta) ma simbolo anche, per un popolo che vive nel deserto, della “ricchezza” donata dalla vegetazione. Ricordiamo inoltre che nella visione mistica si fa coincidere alla luce verde l’ambito del Malakut, o mondo dell’anima.
È anche il colore dell’Uomo Verde, leggendario, dei nomadi del deserto.
I sufi dicono che quell’essere prodigioso, chiamato Al Khadir, rappresenta la “provvidenza divina”, ed assiste l’uomo nelle sue lotte, proteggendolo da determinati “pericoli”.
Lo aiuta contro l’annegamento (dei moti emozionali), l’incendio (degli eccessi pulsionali), il potere del re (di un dominio incontrollabile dell’Io), i serpenti (delle illusioni coscienziali) e gli scorpioni (della distruttività esterna ed interna, il veleno).
Lo scatenamento del nostro Verde Dragone non è cosa da poco: la sua “forza” naturale è immensa, ed il suo movimento, rotatorio, pare non trovare soluzione di continuità.
Così anche i nostri moti emozionali, i nostri desideri più inconfessabili, le nostre emozioni più terribili, una volta messi in “movimento” sembrano non trovare più sosta nel loro incessante vorticare.



Questo dragone, di un verde opaco, “velenoso”, oscuro, sfuggente simile al colore della “pelle” del Diavolo e del serpente biblico, nello strenuo tentativo di opporsi al “regno” dello spirito, ci conduce sempre nuove tentazioni, sempre nuovi “richiami” oggettivanti; oppure, ed è la cosa più nefasta, ci dona l’illusoria convinzione di conoscenza.
Ma, come nella rappresentazione iconografica cristiana, a questo punto la vera conoscenza, la consapevolezza “ispirata” rappresentata dalla Vergine (la Sophia, la Shekhinah Celeste) deve prendere il sopravvento sulla falsa conoscenza, “calpestando”, sotto il proprio piede, il “serpente” che l’ha indotta.
Così nella Viriditas, aiutati da quel “Fuoco Segreto” di splendente luce smeraldina (archetipo del verde) dovremo, con fermezza e costanza, operare verso un riconoscimento di “pochezza” delle illusioni egoiche e poi, liberatici dai loro condizionamenti (grazie al solvente mercuriale), saremo finalmente in grado di calpestarle, cioè di ricondurle al loro regno (inferiore) di appartenenza.
L’avvenuta “vittoria” trasmutativa è segno di saggezza.
Dimensione coscienziale, in  rinnovamento continuo, evolutivo, che estende continuamente il proprio obiettivo d’azione senza mai compiacersi dei traguardi relativi raggiunti. Identificarsi infatti sull’illusorio potere conoscitivo mano mano ottenuto è cosa demoniaca, foriera di protervia orgogliosa, lesiva e nemica, per natura, dell’evoluzione spirituale.
Racconta il mito che Lucifero, l’angelo più bello e più sapiente di tutti, tradito il proprio compito, perse, nell’atto della caduta, la meravigliosa gemma di smeraldo che gli adornava la fronte; essa finì nelle acque dell’Oceano Primordiale che, da allora, divenne la sede della Sapienza Sacra, Universale.
Di questa pietra, portatrice di conoscenza, è fatto, secondo alcune tradizioni, il vaso (o coppa) del Graal, al cui interno il Santo Sangue del sacrificio redentivo del Cristo si fa Luce di amore conoscitivo. Ci troviamo di fronte, così, all’ambivalenza dei due complementari: verde e rosso. Benigna se voluta, vissuta con pienezza, ma estremamente negativa se ricondotta ad atteggiamenti belligeranti di una componente rispetto all’altra.
Se il nostro “rosso” combatterà contro il nostro “verde” la spinta individualistica, egoica, travalicherà i limiti naturali e, credendoci onnipotenti, bloccheremo la nostra evoluzione su posizioni accentrative, egoistiche, tese al dominio sugli altri e sulla natura manifestata.
Se invece sarà il verde ad “ergersi” contro il rosso entreremo in uno stato ossessivo, dove il troppo controllo su passioni e desideri ci renderà rigidi, duri, freddi, giudicanti.
Stretti nelle spire del serpente, crederemo così che l’unica misura della vita sia la “difesa” da essa.
Quanto saremo lontani, allora, da quella partecipazione naturale, armonica, colma di gratitudine per la bellezza manifestativa che ci rende, davvero, i suoi enti trasmutatori coscienziali.




Compito reintegrativo che, proprio nella Tavola di Smeraldo, attribuita ad Ermete Trismegisto, trova espressione degna, esemplificando come la vera Grande Opera non sia tesa al raggiungimento dell’oro materiale, bensì al compimento dell’oro filosofale, espressione dell’avvenuta trasmutazione spirituale nella manifestazione tangibile.
Noi siamo parte integrante della Natura ed anche in qualche misura, artefici. Non tutto ciò che ci circonda e ci sostiene in vita è necessariamente, dovuto; la Provvidenza Divina ha bisogno, per agire pienamente, anche di noi.
Lo smeraldo, pietra preziosa mercuriale, stimola la crescita interiore, la sensibilità ed il senso estetico, nonché, il desiderio di pace e d'armonia. Promuove la perseveranza e la gioia di vivere. Favorisce l'amicizia, l'amore e la concordia nella coppia. Mantiene giovani d'animo. Aiuta a superare i momenti difficili. Genera ottimismo e vitalità. Spinge il soggetto a vivere più intensamente la propria vita. Le piante mercuriali sono il timo per le persone che manifestano debolezza nei sistemi di difesa (il timo aiuta ad erigere le barriere immunitarie anche in senso psichico) e la menta che può aiutare le persone che non riescono ad "entrare nei panni degli altri" per il timore di perdere la “propria identità”. Sia lo smeraldo che le piante mercuriali sono usati in preparazioni spagiriche che curano disturbi fisici e psichici.


Nei suoi studi sull’alchimia, Carl G. Jung, vede nella fase alchemica Viriditas una rappresentazione del nostro Sé o Anima, che ha la funzione psicologica di liberare l’Io, rinchiuso nel carcere della sua solitudine, morto e sepolto nella tomba del suo egocentrismo (Nigredo o Opera al Nero), per armonizzarlo poi in una relazione ricca e consapevole con il proprio mondo affettivo, con il mondo affettivo altrui, con la vita (Rubedo o Opera al Rosso).
In tutta l’opera di Santa Ildegarda
di Bingen, la Viriditas ha una rilevanza straordinaria. Oltre a designare il colore della Natura, ella lo associa soprattutto alla sua energia, alla forza vitale (vis, vir in latino) immessa in tutta la creazione dal soffio divino. Tale forza si esprime non solo nel verde della vegetazione ma è riconoscibile a tutti i livelli, fisici e spirituali del creato, comunque si manifesti. Essa è presente anche nell’anima dell’uomo, poiché è il principio della vita e del movimento.
Viriditas riassume quindi la nozione universale di salute, di prosperità e di bellezza.






O viriditas nobilissima, che hai radici nel sole,
e in candida serenità riluci
nella ruota
che nessuna altezza terrena
contiene,
tu sei circondata dall’amplesso dei divini misteri.
Risplendi come la rossa aurora
E ardi come la fiamma del sole


(Ildegarda di Bingen - Lied 39 )





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