Accanto ai tratti boomorfi, si è conservato nelle leggende e tradizioni intorno alla Befana il legame con l’asino.
La domenica dopo l’Epifania in Bovò di Picardia si usava far girare per la chiesa una giovane su di un somarello e un vecchio a piedi per rappresentare la fuga in Egitto. In un testo di Rouen del secolo XIV si trova descritta una rappresentazione detta Ordo processionis asinorum. In una versione più antica troviamo tra i vari personaggi un “Balaam super asinam, curvus, barbatus, palmam tenens”.
Il ruolo che l’asino ricopre nell’Antico, come nel Nuovo Testamento, indica l’importanza di questo animale presso i primi cristiani, dovuta non soltanto al suo carattere umile, ma anche ad un remoto fondo di sacralità che esso conservava, soprattutto in Asia Minore. È probabilmente anche grazie a questi influssi culturali di provenienza orientale che l’allevamento dell’asino si diffuse anche in Italia, insieme al complesso mitologico che lo accompagnava. La presumibile affinità tra l’animale sacro del mondo rurale ed alcune divinità femminili legate alla terra si concretizza nella festa agraria dedicata all’asino, nella quale affiorano reminiscenze di un culto dedicato ad Ancharia, antica dea dei Precutini.
Nell’antico Egitto, nel mese di Faofi si cuocevano focacce rituali, imprimendovi dei sigilli raffiguranti l’animale, analogamente a quanto accadeva coni pani boomorfi delle tradizioni siciliane. Nell’Egeo si svolgevano processioni alle quali partecipavano figuranti con maschere asinine. Si tratta di un dettaglio che ci induce a scorgere in queste grottesche presenze dei rappresentanti o ministri di una qualche divinità onomorfa. D’altro canto, se immaginiamo di intraprendere il punto di vista dell’antico agricoltore mediterraneo, dobbiamo ammettere che in qualche modo, aldilà del sembiante animale, egli abbia avvertito la presenza di un essere umano. È il pensiero della metamorfosi, che è sempre presente nell’immaginario universale. Proprio queste concezioni e questi miti, diffusi nel mondo mediterraneo, hanno indotto forse l’autore dell’Asino d’oro, Apuleio, ad immaginare che dietro lo sguardo lucido di un povero asinello si nascondesse l’anima dello sventurato Lucio. È per l’appunto sotto questa forma ferina che il giovane porterà a termine la sua formazione spirituale, fino a giungere al momento in cui, iniziatosi ai misteri isiaci, incontrerà la dea stessa che gli restituirà l’aspetto umano. Ma prima che ciò si compia l’asino dovrà affrontare varie prove, e dovrà rendersi degno di servire la dea, offrendosi di trasportarne l’immagine.
Soffermiamoci un momento su questo tema, e vediamo che l’asinello ricoperto da un drappo viene fatto girare per la città, mentre porta sul dorso la statua della dea Cibele accompagnato dai sacerdoti questuanti. Questo particolare, a prima vista insignificante, si rivela invece un prezioso elemento di comparazione con i dati raccolti dai folcloristi.
Nelle Befanate registrate da Knisella Farsetti nel contado toscano appare un giovane mascherato da Befana, il quale conduce un asinello, mentre altri giovani non mascherati lo accompagnano cantando la questua.
Nella Val d’Ajoie in Francia, fino al secolo scorso, nel periodo natalizio si festeggiava la Tante Arie (Harié), la quale si faceva preannunciare da un segnale, il sonaglio dell’asino sul quale lei arrivava. Questo personaggio del folclore francese è molto complesso, e il suo nome è di origine oscura; talvolta appare con tratti zoomorfi, ad esempio zampe d’oca, ma generalmente è molto legata all’asinello, che di solito lei cavalca. Lo studioso Eduard Hoffman-Krayer ha ricollegato il nome di questa fata al tedesco Heer, antico tedesco Hari, Heri, che ricordano la Frau Harre tedesca.
La Tante Arie presenta molti tratti in comune con la Befana : innanzitutto per quanto riguarda la funzione di portatrice di doni, infatti la Tante viene festeggiata nel periodo natalizio, quando in una stanza si imbandisce una tavola piena di vivande e giocattoli. I bambini stanno dietro la porta, e aspettano il segnale del sonaglio dell’asinello; quando all’improvviso si apre loro la porta e si fa trovare la sorpresa della tavola con i doni portati dalla fata, che nel frattempo è scomparsa, ma ha lasciato preziosi segni della sua munificenza. Allora i gioiosi creduloni si precipitano nella camera incantata per ricevere la loro parte di doni dall’invisibile protettrice. La fata Arie fa ingresso nelle case sia attraverso il camino, che attraverso una finestra aperta, e porta dolci, croccanti e frutta secca per i bambini assennati e docili, ma è anche armata di bastoni per quelli disobbedienti e irrequieti, e porta perfino delle orecchie d’asino ai bambini che se le meritano, oppure lascia cadere dal camino della cenere, o delle bacchette di betulla intrise d’aceto. I bambini non dimenticano di lasciare sulla finestra o sul focolare un sandalo dove la Tante Arie dovrà lasciare i suoi doni, e anche un pugno di fieno per l’asinello sul quale essa viaggia. Il giorno di Natale al mattino i bambini si precipitano verso il camino, per scoprire che i sandali deposti alla vigilia sono pieni di regali, e con grande gioia scoprono che il mucchietto di fieno è sparito. È stato l’asinello della Tante Arie che l’ha mangiato.
Talvolta sono dei giovani mascherati a impersonare la fata. Nella contea di Montbéliard, la settimana prima di Natale i giovani si travestivano da Tante Arie e andavano a distribuire ai bambini mele e noci, oppure indossando vecchi abiti e con barbe posticce di stoppa giravano per le case spaventando bambini e bambine. Esteriormente, secondo i racconti locali, la Tante Arie si presenta come una persona dall’aria dolce, a volte ha una corona di diamanti sulla testa, ed abita in una caverna. Viene rappresentata come una massaia laboriosa che fila la sua conocchia, cuoce il pane, lava la biancheria, e percorre i paesi in groppa al suo asinello, la cui campanella annuncia il suo arrivo. Non appena si ode il sonaglio dell’asinello, i bambini sanno che la Tante sta arrivando, ma essi non possono vederla, perché è invisibile, e non appare mai al cospetto dei mortali.
Questa caratteristica dell’invisibilità è un secondo motivo che ci porta ad assimilare la figura della Tante Arie a quella della Befana.
Entrambe le figure proteggono le filatrici, sono patrone dei lavori femminili, e portano con sé sul seno i bimbi più piccoli, a somiglianza delle dee madri del mondo mediterraneo. Inoltre, sia la Befana che la Tante Arie entrano nelle case passando attraverso il camino, o per la finestra, e lasciano ai bambini dolci, croccanti e frutta secca. In cambio i bambini lasciano una manciata di fieno accanto agli zoccoletti per l’asinello della fata, come accade in Italia con la Befana , o con altre figure analoghe. Allo stesso modo, in Catalogna, Santa Lucia, percorre i villaggi a cavallo di un asinello e visita le case lasciando doni ai bambini. Nel Mantovano per l’asinello della santa si usa lasciare della crusca e dell’acqua.
Presso gli antichi Greci, Empusa, spirito infero appartenente alla schiera di Ecate, poteva assumere di volta in volta aspetto di donna, di asino, o di bue. Quando appariva in sembianze umane, essa conservava dettagli della sua natura asinina, come ad esempio una gamba d’asino, era infatti denominata anche onoskelis, “gamba d’asino”. È importante sottolineare che il sembiante onomorfo, accanto a quello boomorfo ed aviforme, è attinente alle figure delle grandi dee del mondo-indo-mediterraneo. I medesimi animali appaiono in stretta correlazione con i personaggi che giungono durante i dodici giorni a portare doni ai bambini, ed in particolare con la Befana.
Qui si fa una grande festa per tre giorni, e al termine i sacchetti contenenti le ossa vengono nuovamente caricati sul somarello e riportati fino al cimitero. Questo esempio indicativo sul ruolo ctonio dell’asino, nonostante sia inconsueto ed isolato, permette di cogliere i vari passaggi correlati al ritorno dell’antenato in casa.
Sia le mascherate che le leggende intorno alla figura della Befana rispecchiano la funzione dell’asino quale animale atto a trasportare gli antenati defunti che fanno ritorno nelle case e la Befana stessa è assimilata a questo misterioso animale.
Da: L’incanto e l’arcano: per una antropologia della Befana, di Claudia Manciocco e Luigi Manciocco
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