lunedì 3 gennaio 2011

San Nicola


San Nicola - il cui nome significa “il vincitore del popolo” o la “vittoria del popolo” - nasce nel III°secolo (si dice nel 270) in Licia (Asia minore, l’attuale Turchia) in una famiglia agiata. I suoi esegeti (in particolare il suo primo biografo, Giovanni Crisostomo, colui che si adoperò per introdurre in Oriente la festa di Natale in qualità di natività del Cristo) elaborarono la sua biografia in modo da conferirgli un’ipotetica dimensione divina. Sarebbe nato, dunque, da genitori sterili. Appena uscito dal ventre materno, si sarebbe alzato in piedi e si sarebbe messo a pregare per due o tre ore. Immediatamente, suo zio, vescovo di Mira (Asia Minore), avrebbe riconosciuto in lui un essere eccezionale e avrebbe paragonato Nicola a un “nuovo sole” (Natale) che si alza sulla terra. Subito infiammato dalla carità, si sarebbe rifiutato di nutrirsi dal seno sinistro della madre, quello del cuore, per riservarlo ai bambini senza balia.
Alla morte dei genitori, distribuisce i loro beni e diventa vescovo di Mira. Sarebbe stato imprigionato e torturato per ordine dell’imperatore Diocleziano, prima di essere liberato da Costantino. Il giovane vescovo avrebbe svolto un ruolo importante durante il primo concilio di Nicea nel 325, prima di morire nel 342 (non il 6 dicembre, probabilmente). Gli sono attribuite diverse opere contro l’eresia ariana ma sono andate tutte perdute.
Già in vita, questo “essere eccezionale” sarebbe stato oggetto di un vero e proprio culto, ma senza alcun rapporto con i bambini. A riprova di questa popolarità, fu ben presto canonizzato dopo la morte, benché, fatto rarissimo all’epoca, non fosse martire. Anzi, per un certo periodo di tempo si celebrerà perfino la data della sua nascita, il 26 giugno (solstizio d’estate), privilegio riservato a sole tre altre persone: il Cristo, sua madre Maria e Giovanni Battista. Si attribuirono inoltre a Nicola dei miracoli propri del Cristo: a una zoppa rese l’uso delle gambe dicendo: “In nome del Cristo, alzati e cammina”. A Sion, in Licia, moltiplicherà un pane per nutrire gli 83 operai di un monastero. Senza parlare, naturalmente, dei bambini resuscitati...
Progressivamente, si assistette a uno spostamento delle caratteristiche del dio Apollo, al quale un culto importantissimo era tributato a Patara, città vicina a Mira, su Nicola. L’antica festa del dio divenne quella di san Nicola. Dietro questo Nicola dai tratti apollineo-cristici, che cosa resta dell’eventuale personaggio storico? Paradosso: in vita, il Nicola “storico” si sarebbe levato con forza proprio contro il culto dei santi “pagani” facendo distruggere, per esempio, a Mira, il tempio e un albero consacrati a Diana (l’iconografia ortodossa, in particolare, lo rappresenta spesso in presenza di idoli rovesciati).
Di questo santo popolare si è fatto il patrono dei bambini, degli scolari, dei prigionieri, dei ladri, dei marinai, delle prostitute, ma anche dei fiorai. Per giustificare questi patrocini più o meno strani, gli si attribuirono diverse gesta eroiche. Si conosce la storia dei tre bambini rapiti, uccisi da un macellaio e resuscitati da san Nicola, storia resa perenne da filastrocche popolari (“C’erano tre bambini che se ne andavano a spigolare nei campi...”).
Patrono dei marinai? Apparso in sogno a dei navigatori dispersi, avrebbe salvato più di una barca dal naufragio e dallo smarrimento. Protettore delle prostitute? Offrendo una dote a tre ragazze che stavano per essere vendute dal padre a un prosseneta, avrebbe permesso alle tre sfortunate di sfuggire al loro destino di cortigiane. Patrono dei prigionieri? Gli si attribuisce anche la salvezza di tre ufficiali romani cristiani ingiustamente condannati. Patrono dei prigionieri? Gli si attribuisce anche la salvezza di tre ufficiali romani cristiani ingiustamente condannati. Il santo sarebbe apparso all’imperatore in sogno ottenendone la grazia.
Si noti la ripetizione del numero tre (prigionieri, bambini, prostitute) e la ricorrenza dei sogni per mezzo dei quali il santo interviene (si ricordi il sogno del marinaio olandese arenatosi sulla spiaggia della futura New York). Così, lo si è voluto anche protettore delle messi per aver più volte salvato dalla carestia le popolazioni dell’Asia minore. Anche qui, è attraverso la sua apparizione in sogno che avrebbe potuto sviare dalla loro strada delle navi cariche di grano.
Comunque sia, sembra evidente che questo san Nicola orientale non ha molto a che vedere con il nostro Babbo Natale nordico e il suo aspetto da vecchio druido dalla barba bianca, anzi da dio delle foreste, che arriva dal circolo polare con le sue renne e la sua slitta.
Ma prima di tutto, come è arrivato in Occidente questo san Nicola orientale e come ha fatto a diffondersi fino a questo punto nei paesi germanofoni?
Nel maggio del 1087, temendo che i Turchi musulmani, che avevano appena conquistato l’Asia minore, profanassero le spoglie del santo, dei mercanti trasportano le sue reliquie a Bari, in Puglia. L’antico patrono della città era Mercurio e il suo ricordo è ancora vivo. Non lontano da Bari si trova il Gargano, un luogo che era allora consacrato a san Michele (è lì che l’arcangelo sarebbe apparso per la prima volta nel VI secolo) ma che anticamente, come indica il suo nome, era dedicato a un misterioso dio Gorgan (Gargan o Gorgon). Si parla di questa divinità come di un dio preceltico che avrebbe potuto essere assimilato a Mercurio nel Sud (anticamente, il Gargano sarebbe stato un Monte Mercurio), a Wotan nel Nord o a Lug o Belenos nell’Ovest. A ogni modo, gli scrittori latini e greci Strabone, Tolomeo e Lucano attestano che un tempio pagano si trovava sul Garganus Mons dove, qualche tempo dopo, fu tributato un culto a Mitra (la qual cosa ci riporta all’origine della festa di Natale) e dove un toro sacro dedicato a questo dio era custodito in una grotta iniziatica del monte.
Se Gorgan è poco conosciuto, la toponomastica restituisce la sua popolarità. Molti siti dedicati a San Michele erano precedentemente dedicati a lui, a cominciare dal monte San Michele che sarebbe stato chiamato ancora nel XIII secolo monte Gargan. E lo stesso Rabelais lo ha immortalato nel suo Gargantua.
Evidentemente, alla fine dell’XI secolo il ricordo di Gorgan e di Mercurio era ancora vivo e per mettere fine alle sue “derive pagane” si trasportarono le reliquie di san Nicola sul monte Gorgan (la consacrazione a san Michele non era forse sufficiente a cristianizzare il luogo o forse, in quest’epoca antica, era evidente per le popolazioni che l’arcangelo dissimulava male gli antichi dèi luminosi che aveva sostituito) e il santo divenne così il patrono di Bari. Si tratta allora del san Nicola che ispirò il nostro Babbo Natale? Precisiamo semplicemente due cose: l’Italia non ha mai veramente tributato un culto a san Nicola e nella penisola quest’ultimo non ha mai distribuito regali. Tuttavia, abbiamo qui proprio il san Nicola che diventerà così popolare al Nord. In realtà, il processo si è sviluppato in due tempi.
In primo luogo, i vichinghi, che si spinsero con le loro incursioni nel Mediterraneo (fino in Sicilia, dove l’influenza normanna si è fatta sentire a lungo), scoprirono in Puglia il personaggio di San Nicola. Costui aveva già cominciato a confondersi con il Gorgan d’origine che ricordava agli scandinavi appena convertiti il dio Odino-Wotan delle loro foreste. Soprattutto, il Nicola/Gorgan apparve loro come il personaggio ideale per fornire garanzie di “buona fede” ai missionari evangelizzatori (in un’epoca in cui costoro li sospettavano di restare fedeli agli antichi dèi e con la spada portavano la fede in Cristo nel cuore e nella testa della gente) pur continuando a venerare, dietro il “santo”, la figura della vecchia divinità. Inoltre, per questi temibili navigatori, Nicola era il patrono dei marinai. Nel 1066, quando la flotta d’invasione del duca di Normandia, Guglielmo, fu sorpresa da una violenta tempesta in prossimità delle coste inglesi, si dice che il Conquistatore invocò la protezione di san Nicola... protezione che, come si sa, si rivelò efficace. San Nicola aveva incominciato la sua marcia verso il Nord. La seconda fase della sua avanzata avrà per cornice la Lorena.
Un cavaliere loreno, Aubert di Varangéville, sarebbe stato fatto prigioniero dai turchi durante la crociata. Dopo aver pregato San Nicola, in qualità di protettore dei prigionieri, il santo sarebbe venuto a trovarlo in sogno e lo avrebbe liberato trasportandolo fin sul sagrato della cattedrale di Nancy. Indipendentemente dal carattere miracoloso dell’evento, resta il fatto che il signore fu veramente liberato e attribuì questo avvenimento al santo. A ringraziamento della sua liberazione, portò con sé - di fatto, rubò - delle reliquie di Nicola (nella fattispecie una falange) e le depose nel 1087 nella chiesa (che diventerà basilica, poi cattedrale nel XV secolo) di Port, piccolo villaggio a 15 km a sudest da Nancy e a un tiro di schioppo da Varangéville. Fin dal primo momento, queste reliquie compiranno miracoli, a partire proprio dal signore di Varangéville, che ritrovò la vista che aveva perduto. Nel 1093, il vescovo di Toul consacra una nuova chiesa in onore del santo. Sotto il suo patrocinio, Port diventerà la cornice della più grande fiera d’Europa, indice della popolarità del santo, il cui culto si è rapidamente diffuso in tutti i territori germanici. Senza dubbio, questa notorietà fu resa possibile dal fatto che il santo si sostituì a un culto più antico.
Molte tradizioni associate al santo hanno un carattere “pagano” innegabile. Ad esempio, le ragazze da marito devono fare il pellegrinaggio di san Nicola e camminare sulla “buona pietra”, una lastra della chiesa da scoprire, per sposare l’uomo dei loro sogni. Meglio ancora, nelle Hautes-Alpes, ancora nel XVIII secolo, le ragazze in cerca di marito andavano in pellegrinaggio, curiosamente all’inizio di giugno, in una piccola cappella consacrata al santo. All’interno del santuario, eseguivano un rito dal carattere sessuale incontestabile, in ginocchio su una pietra  appuntita, di forma conica e schiacciata. “Se accadeva che la fatica dovuta alla posizione troppo prolungata le costringesse a interrompere la preghiera, dovevano prosternarsi e tenere tra le ginocchia quella stessa pietra che aveva la virtù di procurare un marito. Le più devote sceglievano da sole, salendo all’oratorio, la pietra più acuminata che potevano trovare e che deponevano ai piedi del santo con la loro
 offerta”.
1)
 Allo stesso modo nei Vosgi, i giovani celibi il mattino del 6 dicembre dovevano dire: “San Nicola, tu che sposi le ragazze con i ragazzi, non dimenticarti di me”. E nell’Artois, le loro famiglie, gli amici e le amiche donavano loro voti e mazzi di fiori finti insieme a diversi regali.
In realtà, è il san Nicola “distributore di regali” che arriva molto più tardi. Esiste un quadro del pittore del XVII secolo Jan Steen, La festa di San Nicola, conservato al Rijksmuseum di Amsterdam, in cui si vede una distribuzione di regali davanti al camino in una famiglia fiamminga.
Le scarpe sono state preparate. Si vedono dei covoni - o una verga - in una scarpa e un bambino che piange (forse punito dall’accompagnatore nero) mentre tutti gli altri, ricompensati, ridono. In tempi più antichi, la tradizione dei regali esisteva sicuramente in Germania, agli inizi del XVI secolo. Stranamente è a Martin Lutero che si deve questa informazione. Nella sua agenda, alla data del 6 dicembre 1535, annotava: “Regali di san Nicola”. Quel Lutero la cui Riforma sarà alle origini della persecuzione del santo ma, paradossalmente, vedremo che il luteranesimo sarà spesso molto legato allo sviluppo di Babbo Natale/Santa Claus (si pensi semplicemente al pastore luterano Clement Moore e al suo poema).
All’epoca, in Olanda san Nicola arrivava con una grande processione ad Amsterdam la sera del 5 dicembre (crepuscolo del 6, poiché la datazione pagana faceva cominciare la giornata al crepuscolo della precedente) in una barca proveniente dalla Spagna. Era accompagnato dal suo gran cavallo bianco, Slupinis, e dal suo servitore Zwarte Piet (Pietro il Nero), un personaggio imbrattato di fuliggine e vestito con un costume spagnolo con calzoni a sbuffo. Se da un lato non è strano che il minaccioso “accompagnatore tenebroso” sia uno spagnolo (l’Olanda non si è ancora completamente affrancata dalla tutela spagnola), dall’altro è più sorprendente che san Nicola arrivi anche lui dalla Spagna. Il servitore nero rimbrotta i bambini che non hanno fatto per bene le loro preghiere ma il santo interviene e li perdona distribuendo regali e dolciumi a tutti, meritevoli e disobbedienti.
La Riforma eliminerà il culto “pagano” di san Nicola nei paesi a maggioranza protestante. Poi, a loro volta i paesi cattolici della Controriforma lo rigetteranno sostituendogli un Gesù Bambino distributore di regali. Questo tipo di iniziativa dottrinale non mancherà tuttavia di sollevare problemi. Così, quando, in precedenza, il bambino diventava adulto e comprendeva che non era san Nicola a portare i regali, poteva perdere la fede in lui. Era opportuno sostituirgli Gesù Bambino, a rischio di vedere il giovane adulto perdere la fede in quest’ultimo? Questa difficoltà impedì in molte regioni cattoliche la sostituzione del santo col Bambino Gesù.
La vera popolarità di Nicola giungerà nel XIX secolo, ma già gli fa concorrenza un altro personaggio: Babbo Natale propriamente detto. E qui si capisce che il santo del 6 dicembre non è necessariamente l’antenato del personaggio. Così, il Weihnachtsmann tedesco non deriva da san Nicola ma dal suo accompagnatore: il suo nome è Knecht Ruprecht che, né più né meno, era quello dell’aiutante del santo e dunque una reminiscenza diretta dell’antico dio Wotan. Il Babbo Natale moderno si manifesterà come una sintesi di queste antiche tradizioni e del nuovo Santa Claus anglosassone

1) citato da Marie-France Gueusquin-Barbichon, in André Akoun (a cura di), L’Europe - Mythes et traditions, Brépols, Turnhout 1990, p. 356

Da: La vera storia di Babbo Natale di Arnaud D’Apremont

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