Per capire il Graal occorre necessariamente comprendere il sacro principio della Grande Madre e il suo culto poiché, più di ogni altra cosa, il Santo Graal è associato all’eterno femminino. Ne consegue che il Graal è Melkisedeq, il Re del Mondo nel suo aspetto femminile e naturante, ed essendo Melkisedeq associato inequivocabilmente alla Tradizione Eterna poiché egli stesso eterno (Ebrei 7:3); il Graal, sotto un certo aspetto è la Tradizione Primordiale. Gli Egizi venerarono il Melkisedeq attraverso Iside, la Vedova , la Vergine Luce che offre all’iniziato (figlio della vedova) la sacra conoscenza. Gesù si fece Sacerdote al modo di Melkisedeq (Ebrei 7:15) poiché era un Nazirita, occultamente un Figlio della Vedova. Si dice, in ambiti esoterici, che un iniziato è un "Figlio della Vedova", ed è realmente così, perché essere un Figlio della Vedova significa essere come Horus, o come Gesù, in quanto entrambi, secondo i rispettivi culti, nacquero senza l'intervento del padre. Questo appellativo è stato tramandato sino al giorno d'oggi dai Liberi Muratori, i Massoni, che si autodefiniscono proprio Figli della Vedova.
Horus e Gesù, però, non sono i soli, anche la nascita di Melkisedeq fu simile, e se andiamo a verificare in diverse fonti e religioni, altri personaggi e portatori di conoscenza sono stati descritti come nati senza intervento del padre. È necessario comprendere che queste tradizioni non si riferiscono a coppie materiali uomo-donna, ma ai princìpi archetipali di uomo-maschile e di donna-femminile, che si incontrano entrambi in ogni uomo e, pertanto, in tutta l'umanità. Il concepimento e la nascita di Gesù spiegano metaforicamente che tutti possiamo produrre una simile nascita divina dentro di noi, unendo "alchemicamente" i due princìpi, e facendo in modo che il due (l'unione maschile-femminile) partorisca il tre (il Figlio o Spirito).
Qualcuno ha affermato che il Graal sia la tradizione segreta cristiana, il che è vero sotto certi aspetti, ma è limitativo, poiché il Graal medievale ha a che fare anche con la tradizione druidica, ove la coppa era sostituita dal calderone, pur rappresentando lo stesso principio.
Nel paganesimo c’è la presenza, quasi costante, di un Divino femminile. In reazione alle religioni patriarcali, rivelate, spirituali e incentrate sul maschile – sia come sacerdozio che come rappresentazione del divino – il neopaganesimo si fa araldo della necessità di far sentire l’altra campana, di far esperire un divino che sia femminilità, terra-corpo-natura, istinto.
Fu il cristianizzante Sir Thomas Malory a coniare per primo il termine “Holy Grail” nel suo Le Saint Graal. Egli sosteneva che il Graal era il sacro recipiente, confondendo il Graal con il contenitore anziché identificarlo col contenuto. Malory non è stato certo l’unico ad aver commesso l’errore. Sì, perché in realtà il contenuto del sacro calice non era vino, ma sangue o un estratto del sangue che gli alchimisti codificano da sempre col termine “sale” e che si identifica con quel calice di amarezza che Gesù per un momento non volle bere.
Il piangere, il sanguinare, il sudare, l’orinare fanno affiorare il sale dalle sue miniere interiori, sotterranee. Il sale si manifesta nei nostri umori, che sono il fluido attraverso il quale esso affiora alla superficie e nel corso dell’Opera esso diviene simile al sangue.
Se intendiamo che il Graal si identifichi col sangue, obiettivo dell’iniziato alchimista è quello di volgere il graal in Santo Graal, ovvero il sangue/genetica in sangue blu/genetica superiore. Quindi, la reale dizione, sul piano strettamente alchemico, non deve essere Graal ma Santo Graal. Volendo utilizzare il lessico alchemico, è come confondere il piombo con l’oro. Il Graal/piombo, la materia grezza, deve trasmutare in Santo Graal/oro. La materia deve spiritualizzarsi.
La cerca del Graal è segretamente la ricerca dell’Oro Filosofale, dello Spirito Divino in noi, un processo prettamente alchemico che gli iniziati chiamano: Grande Opera, Arte Reale, Agricoltura Celeste, Operazione della Natura, Serpente auto-divorante, Mare Tempestoso, Quadratura del Cerchio, Magistero, Arcanum Dei. Il suo obiettivo dichiarato è la liberazione della luce cristica che solo gli “artisti” Gesù, Siddharta ed Elia hanno mostrato
Da: http://mikeplato.myblog.it/archive/2009/03/15/il-graal-e-l-eterno-femminino.html
http://www.altrogiornale.org/news.php?item.5525.1
Horus e Gesù, però, non sono i soli, anche la nascita di Melkisedeq fu simile, e se andiamo a verificare in diverse fonti e religioni, altri personaggi e portatori di conoscenza sono stati descritti come nati senza intervento del padre. È necessario comprendere che queste tradizioni non si riferiscono a coppie materiali uomo-donna, ma ai princìpi archetipali di uomo-maschile e di donna-femminile, che si incontrano entrambi in ogni uomo e, pertanto, in tutta l'umanità. Il concepimento e la nascita di Gesù spiegano metaforicamente che tutti possiamo produrre una simile nascita divina dentro di noi, unendo "alchemicamente" i due princìpi, e facendo in modo che il due (l'unione maschile-femminile) partorisca il tre (il Figlio o Spirito).
Qualcuno ha affermato che il Graal sia la tradizione segreta cristiana, il che è vero sotto certi aspetti, ma è limitativo, poiché il Graal medievale ha a che fare anche con la tradizione druidica, ove la coppa era sostituita dal calderone, pur rappresentando lo stesso principio.
Nel paganesimo c’è la presenza, quasi costante, di un Divino femminile. In reazione alle religioni patriarcali, rivelate, spirituali e incentrate sul maschile – sia come sacerdozio che come rappresentazione del divino – il neopaganesimo si fa araldo della necessità di far sentire l’altra campana, di far esperire un divino che sia femminilità, terra-corpo-natura, istinto.
Fu il cristianizzante Sir Thomas Malory a coniare per primo il termine “Holy Grail” nel suo Le Saint Graal. Egli sosteneva che il Graal era il sacro recipiente, confondendo il Graal con il contenitore anziché identificarlo col contenuto. Malory non è stato certo l’unico ad aver commesso l’errore. Sì, perché in realtà il contenuto del sacro calice non era vino, ma sangue o un estratto del sangue che gli alchimisti codificano da sempre col termine “sale” e che si identifica con quel calice di amarezza che Gesù per un momento non volle bere.
Il piangere, il sanguinare, il sudare, l’orinare fanno affiorare il sale dalle sue miniere interiori, sotterranee. Il sale si manifesta nei nostri umori, che sono il fluido attraverso il quale esso affiora alla superficie e nel corso dell’Opera esso diviene simile al sangue.
Se intendiamo che il Graal si identifichi col sangue, obiettivo dell’iniziato alchimista è quello di volgere il graal in Santo Graal, ovvero il sangue/genetica in sangue blu/genetica superiore. Quindi, la reale dizione, sul piano strettamente alchemico, non deve essere Graal ma Santo Graal. Volendo utilizzare il lessico alchemico, è come confondere il piombo con l’oro. Il Graal/piombo, la materia grezza, deve trasmutare in Santo Graal/oro. La materia deve spiritualizzarsi.
La cerca del Graal è segretamente la ricerca dell’Oro Filosofale, dello Spirito Divino in noi, un processo prettamente alchemico che gli iniziati chiamano: Grande Opera, Arte Reale, Agricoltura Celeste, Operazione della Natura, Serpente auto-divorante, Mare Tempestoso, Quadratura del Cerchio, Magistero, Arcanum Dei. Il suo obiettivo dichiarato è la liberazione della luce cristica che solo gli “artisti” Gesù, Siddharta ed Elia hanno mostrato
Da: http://mikeplato.myblog.it/archive/2009/03/15/il-graal-e-l-eterno-femminino.html
http://www.altrogiornale.org/news.php?item.5525.1
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