“Si sente dire spesso – di solito da parte di chi non ha studiato la materia – che la visione del mondo e la filosofia dei druidi del passato sarebbero andate irrimediabilmente perdute… ma non è affatto detto che lo spirito originario della filosofia dei druidi non possa essere recuperato nel tempo presente. È anzi indispensabile farlo, giacché una rinascita del vecchio modo di pensare druidico, che riconosceva la santità del mondo vivente e di tutte le sue creature, sembra l’unica alternativa alla dissoluzione del pianeta.”
John Michell, Stonehenge
Ne I druidi il professor Stuart Piggott si sforza di essere quanto più possibile obiettivo e “scientifico” nel presentare la storia del druidismo. Egli comincia con l’illustrare dettagliatamente le fonti di informazione che possiamo utilizzare per il suo studio, e poi le limitazioni e le difficoltà connesse con l’utilizzo di queste fonti.
Successivamente egli passa in rassegna i dati dell’archeologia e delle fonti scritte utili per uno studio del remoto passato del druidismo, e fa un resoconto della rinascita del druidismo, che ebbe inizio nel XVIII secolo e continua ancora oggi. Ne trae la conclusione che nella remota antichità i druidi erano “barbari” e “primitivi”, e alla fine della sua esposizione della loro estinzione così si esprime: “La civiltà romana e la barbarie celtica furono fin dall’inizio opposte per struttura e carattere… i druidi furono una vittima della più ampia lotta originata da quella che il professor Alföldi ha definito la “barriera morale” tra due culture inconciliabili: “l’antitesi di fondo tra l’umanità civilizzata sotto il dominio romano e il mondo della barbarie posto ai suoi margini” con la sua “prevalenza di istinti impetuosi e di passioni bestiali” che trovarono la loro espressione in attività come i sacrifici umani. Druidi, bardi, veggenti e tutto il resto non avevano posto nel nuovo mondo romano-celtico che stava venendo alla luce nelle province dell’Impero”.
Dopodiché egli apre le porte del suo studio sulla rinascita del druidismo con queste parole sprezzanti: “Quando passiamo a considerare… le pretese corporazioni di druidi che oggi rappresentano la misera fine del mito, entriamo in un mondo al contempo mistificante e un po’ patetico. È ancora da Stonehenge che possiamo iniziare questo nostro mesto pellegrinaggio attraverso l’errore”.
A leggere le conclusioni di una tale autorità accademica potremmo certamente essere tentati di lasciar perdere seduta stante qualunque interesse per il druidismo. A che scopo darsi da fare per indagare oltre, su un gruppo di persone che nel passato erano barbari assetati di sangue e oggi sono illusi e patetici? Sfortunatamente per il professor Piggott, ma fortunatamente per noi, possiamo renderci conto che le conclusioni che egli ha tratto dal suo studio sul druidismo dipendono quasi esclusivamente dalla sua particolare ideologia, e che quando egli ce le presenta come “storia” diventano esse stesse pericolosamente fuorvianti. L’ideologia di Piggott è materialista. Egli ritiene che “la religione sia un prodotto della società, allo stesso identico modo della lingua e della letteratura, delle abitazioni e del vasellame, degli animali domestici o della lavorazione dei metalli. Essa viene alla luce all’interno di una società per esaudire certi bisogni psicologici, ed è intimamente legata agli usi e alle leggi, alle gerarchie della struttura sociale e al buon funzionamento delle istituzioni che definiscono e tengono unita la società stessa”.
Questo modo di considerare la religione è noto in psicologia come teoria “a partire dal basso”, in cui la religione viene vista come una sovrastruttura ideologica creata dall’uomo a partire dai suoi bisogni. Il punto di vista ad esso opposto è l’”approccio a partire dall’alto”: la spiritualità e le strutture religiose conseguenti che da essa si sviluppano, vengono viste come emanazioni del diritto, del mondo sovrannaturale, destinate a essere accolte dall’uomo come una manna, come un diritto di primogenitura, come un’ispirazione. La religione sorge non dall’uomo ma da Dio, non a partire dai suoi bisogni, ma in risposta ai suoi bisogni.
Gli storici della teologia sono naturalmente in grado di comprendere questa distinzione ed è questo il motivo per cui i teologi come Matthew Fox e quanti prendono parte ogni anno alla Conferenza di cristiani e druidi respingono la concezione che Piggott si è fatta del druidismo. (Nel 1989 venne istituita una conferenza annuale con lo scopo di fornire un luogo di dibattito per cristiani e druidi in cui essi potessero incontrarsi e discutere argomenti di comune interesse e aree di disaccordo. Capi e membri di molti ordini druidici si incontrano per più di tre giorni con scrittori come John Michell e Shirley Toulson, e con cristiani tanto laici che appartenenti al clero).
Gli studiosi di discipline esoteriche sono ancora più pronti a cogliere l’approccio a partire dall’alto. È un ben noto assioma delle scienze occulte che ciò che è spirituale è causa di ciò che è fisico, che gli eventi fisici si svolgono come risultato di impulsi spirituali. Quanti no si rendono conto della validità di questa concezione appaiono intenti ad affaccendarsi intorno al mondo degli effetti, incapaci di avere una rappresentazione nitida della storia perché non accettano la realtà metafisica dello spirito. Da questo punto di vista, un approccio storico che non arrivi a rendersi conto della causalità dei principi spirituali può essere paragonato a un approccio medico che non arrivi a rendersi conto della capacità che hanno gli stati spirituali, mentali ed emozionali di produrre effetti sul corpo fisico.
Uno studio del druidismo che manchi al dovere di rendere esplicito fin dall’inizio il modo di porsi ideologico dell’autore sarà inevitabilmente fuorviante. Il libro di Piggott cerca di farsi passare per uno studio scientifico “obiettivo”, senza però mettere in chiaro fin dall’inizio che l’autore assume un particolare punto di vista della storia che, per chi se ne renda conto, appare limitato e viziato da pregiudizi. Aveva ragione William Irwin Thompson quando diceva “
La maggior parte degli altri autori si accosta al druidismo con un’ideologia diametralmente opposta a quelle di Piggott. Mentre a Piggott i druidi, antichi e moderni, non piacciono, costoro mostrano con chiarezza di amarli. La maggior parte è favorevole all’approccio a partire dall’alto, senza però renderlo esplicito. Essi interpretano i dati storici in modo che ci presenta i druidi dell’antichità come venerabili saggi, ma evitano quasi sempre di prendere in considerazione il periodo della rinascita. Benché difficili da reperire, essendo perlopiù esauriti, i loro libri costituiscono una lettura migliore, ma anch’essi (con la sola eccezione di Flaming Door di Eleanor Merry, così palesemente esoterico) cercano di farsi passare per studi storici obiettivi.
Se potessimo dar voce alla creatura che vive in fondo al trabocchetto, essa direbbe più o meno così:
“Fai attenzione, o mortale, perché nell’atto stesso di accingerti allo studio delle tracce lasciate dai tuoi predecessori tu stai per entrare in un mondo incantato. Crederai di essere intento a uno studio storico, ma ti troverai alle prese anche con lo studio della mitologia e della scienza, con le profondità della natura umana e con le fonti della sapienza divina. In qualunque momento rischierai di farti sviare fino a ritrovarti a vagare in una stanza di specchi che riflettono solo i tuoi desideri e le tue convinzioni.”I druidi, e la potenza che essi controllavano, stanno alle radici della nostra civiltà. Queste radici si trovano sottoterra. Molti di noi ne sono inconsapevoli e credono che le nostra fondamenta stiano invece nel retaggio giudeo-cristiano. Quando ci si accinge a esplorare le fondamenta di un edificio o di una psiche si rischiano grandi mutamenti nella struttura sovrastante. È un affare pericoloso.
Negli ultimi milleduecento anni o giù di lì, noi abbiamo edificato, strato su strato, sopra il nostro retaggio druidico, finché questo non è stato dimenticato dalla maggior parte di noi. Quando cerchiamo di rimuovere, uno dopo l’altro, questi strati, dobbiamo rendere esplicite le nostre motivazioni, perché se esse rimanessero oscure o distruttrici, il guardiano del pozzo (che è di fatto il guardiano dei misteri, delle nostre fondamenta psichiche e spirituali che non saranno né dovranno essere violate) ci manderà a chiamare e noi cadremo nella trappola di fissare il nostro sguardo non in giù verso le radici ma dentro uno specchio affumicato che riflette semplicemente i nostri pregiudizi. Ma se le nostre motivazioni sono chiare, e se ci accostiamo all’argomento con buon senso, ci ritroveremo impegnati in quella che potremmo definire una terapia culturale. Per lenire il dolore psicologico di un individuo, dobbiamo risalire indietro nel suo passato fino a recuperare quei momenti e quei desideri dell’infanzia che sono stati dimenticati, repressi o negati. Così per lenire il dolore e le storture di una cultura anche noi dovremo esaminare il suo passato per determinare e recuperare quelle dinamiche e quegli avvenimenti che sono stati repressi, negati e dimenticati. Lungi dall’essere distruttiva, quest’opera si rivelerà vitale e salutare
Da: Riti e misteri dei druidi di Philip Carr-Gomm
Questo post è molto interessante e mi ha fatto riflettere ... sembrerebbe che l'approccio "a partire dall'alto" incoraggi la riscoperta delle tradizioni druidiche mentre quello "a partire dal basso" definisca questa riscoperta "patetica". Ora, la conclusione del secondo approccio mi sembra coerente con le sue premesse (anche se riduttive e avvilenti), ma - per l'approccio dall'alto - incoraggiare il recupero di una tradizione o addirittura la sua "rinascita" mi sembra contraddittorio. Chi crede che lo Spirito guidi la Storia dell'uomo in una Alleanza fatta per durare, infatti, deve riconoscere che i tempi in cui i culti e le tradizioni vengono accantonate, quelli in cui sono modificate e quelli in cui si evolvono sono pur sempre i tempi imposti dallo Spirito nella finalità di preservare questa primigena Alleanza. Conseguentemente, in ogni momento della storia, la tradizione druidica è viva e prospera nella forma e nella misura adeguata per quel momento. Questa convinzione mi induce a ritenere che, nei tempi bui che ci attendono, ci saranno nuove reclute tra druidi e sacerdotesse dell'Antica Religione. Che ne pensi amica mia?
RispondiEliminaCiao, vedo il tuo commento solo ora, è un po' che non mi occupo del blog... credo che il druidismo non sia mai morto, fa parte dello spirito autentico degli antichi europei, è autoctono ben più delle principali regioni medio-orientali e credo che anche nell'ombra abbia continuato a prosperare di vita propria evolvendosi con il tempo. Poiché nulla è slegato, lo spirito del druidismo si è intrecciato con gli eventi della storia dell'umanità e con ogni campo del sapere. Questo per chi riconosce il suo spirito dentro di sé, certo, non per chi lo nega. Sono d'accordo con te, mai come ora si sente l'esigenza della rinascita dell'Antica religione, ne va della nostra stessa sopravvivenza non solo fisica, ma anche psicologica, e la forma e la misura in cui la si vive è sempre perfettamente in linea con il momento presente.
RispondiEliminaSe si seguisse solo un approccio storico rigoroso si farebbe una sorta di recita teatrale :-)
Sorry, religioni medio-orientali volevo scrivere, non regioni medio-orientali.
RispondiEliminaBuona serata :-)