domenica 18 dicembre 2011

I Dodici Giorni di Natale



Il ciclo dei Dodici Giorni di Natale inizia il giorno dopo Natale fino al 6 gennaio, il giorno del compleanno di Aion, il bambino nato da Core, la figlia di Demetra.
Aion o Eone, nella tradizione cosmologica greca, era la personificazione del Tempo, insieme a quella più celebre di
Crono, corrispondente al Saturno latino. Venerato come "Signore della luce", rappresenta l'eternità, il tempo infinito, nonché il susseguirsi delle ere.
Per gli antichi Greci c’erano tre modi per indicare il tempo: aion, kronos e kairos. Aion indicava la suddivisione del tempo in grandi ere; kronos era lo scorrere giornaliero delle ore; kairos era, infine, il momento di grazia, magico ed eccezionale.
Iconograficamente lo troviamo raffigurato come un uomo con la testa leonina, con uno scettro, una chiave ed un fulmine tra le mani, avvolto da un serpente che intorno al suo corpo compie 7 giri e mezzo, corrispondenti alle sfere celesti.
È stato equiparato al dio del tempo persiano Zurvan.
Euripide riporta Aion come figlio di Crono.
In alcuni culti misterici veniva festeggiata ad Alessandria d'Egitto, il 6 gennaio, la sua nascita in una festa presso il santuario di Core. In tale occasione l'immagine di un bambino veniva portata in processione dal tempio al Nilo per raccogliere acqua che poi si sarebbe trasformata in vino.
Eraclito dice: "Lui è un bambino che gioca come un bambino e sposta le figure sul tavoliere. Il regno è di un bambino".
Ritornando ai Dodici Giorni di Natale, essi sono chiamati “intercalari”, cioè giorni non inclusi nel calendario.
Nel 1582 Papa Gregorio XIII cambiò il calendario giuliano nel tentativo di aggiungere i giorni al calendario.
In Gran Bretagna lo cambiarono solo nel 1751 ed il popolo insorse per reclamare i giorni che il governo gli aveva “sottratto”. Questi giorni sono considerati speciali dagli antichi Egizi e in tutto il mondo antico.
I Dodici Giorni rappresentano un giorno per ciascun mese dell’anno a venire e sono impiegati per onorare gli Dei.
Nel 560 d.C. il Concilio di Tours li dichiarò parte delle celebrazioni di Natale e si accesero 12 falò sulle colline.
Fra tutti gli usi rituali e le credenze antiche conservate, il cosiddetto presagio delle calende è quello che mostra una più lunga continuità.
Il termine calende traduce l’equivalente termine latino kalendae, legata al verbo calare, cioè fare l’appello.
Questo presagio, nel periodo bizantino era chiamato dodekaemeròn, cioè i dodici giorni. Esso consiste nel presagire l’andamento meteorologico nel corso dell’anno a partire dall’osservazione delle condizioni meteorologiche dei dodici giorni compresi nel periodo solstiziale. Si fanno corrispondere a questi giorni i mesi dell’anno e si procede per analogia: se la giornata sarà bella, il mese corrispondente sarà caratterizzato da tempo sereno o variabile. A volte invece, il presagio viene trattato in modo inverso: calende chiare mese torbido.
Al conteggio dei giorni segue a volte una verifica: si osservano, per verificare la veridicità del responso ottenuto precedentemente, anche i dodici giorni che seguono le calende. Ad esempio, i giorni che vanno dal 7 al 18 gennaio vengono abbinati ai dodici mesi dell’anno ma in ordine inverso (probabilmente deriva dall’antico uso romano di contare a ritroso i giorni della seconda metà del mese). In caso di concordanza fra il primo e il secondo esito del presagio delle calende, cioè se si verificano le stesse condizioni meteorologiche il 26 dicembre e il 18 gennaio, il 27 dicembre e il 17 gennaio e così via, il presagio sarà confermato, mentre in caso di discordanza il tempo sarà variabile.
Twelve Days of Christmas è una famosa
canzone natalizia in inglese, una delle più popolari.
La musica è di origine ignota, benché presente in area britannica e scandinava già nel XVI secolo.
L'esistenza di versioni francesi ancora più antiche (e il riferimento alla pernice che fu introdotta in Inghilterra solo attorno al 1770) fa però presumere un'origine francese.
All'inizio del
XX secolo, Frederick Austin scrisse un arrangiamento, che è quello usato modernamente, dove inserì una propria melodia dal quinto verso ("golden rings") in poi.
Il testo è una filastrocca infantile pubblicata per la prima volta nel libro Mirth without Mischief (Gioie Innocenti) a Londra nel 1780. Doveva essere recitata da alcuni giocatori in circolo nel corso di un gioco di memoria in cui i giocatori recitavano a turno un verso della filastrocca, in sequenza. Anni dopo, gioco e filastrocca furono riproposti da una collezionista di canzoni popolari, Lady Gomme, come "Un bel divertimento per tutta la famiglia prima della cena della dodicesima notte di Natale."
La canzone ha la struttura cumulativa tipica delle filastrocche; il narratore descrive i doni che gli vengono consegnati dal suo "vero" amore nei dodici giorni di Natale. Ogni strofa elenca tutti i doni delle strofe precedenti, aggiungendone uno.
Una struttura simile si ritrova nel brano Alla fiera dell'est di Angelo Branduardi.

On the first day of Christmas, my true love sent to me a partridge in a pear tree.
On the second day of Christmas, my true love sent to me two turtle doves, and a partridge in a pear tree.
On the third day of Christmas, my true love sent to me three french hens, two turtle doves, and a partridge in a pear tree.


La canzone continua secondo questo schema fino ad arrivare all'ultimo verso:

On the twelfth day of Christmas, my true love gave (sent) to me
Twelve drummers drumming
Eleven pipers piping
Ten lords a-leaping
Nine ladies dancing
Eight maids a-milking
Seven swans a-swimming
Six geese a-laying
Five golden (gold) rings
Four calling (colly) birds
Three french hens
Two turtle doves
And a partridge in a pear tree


I doni, in sequenza, sono:
Una pernice in un pero
2 tortore
3 galline francesi
4 uccelli che richiamano (o neri come il carbone)
5 anelli d'oro
6 oche che covano
7 cigni che nuotano
8 fanciulle che mungono
9 signore che danzano
10 signori che saltano
11 pifferai che suonano
12 tamburini che battono il tamburo

Il pero del primo verso avrebbe potuto essere "une perdrix" (una pernice in francese). Il quarto dono era in origine di quattro "Colly (o collie) birds" cioè uccelli neri come il carbone. Il quinto dono potrebbe riferirsi agli anelli che ornano il collo di alcuni uccelli (ad esempio i fagiani) in coerenza col fatto che i doni da uno a quattro e il sesto si riferiscono ad uccelli. In molte versioni c'è un ordine diverso degli ultimi quattro oggetti. Esistono inoltre innumerevoli versioni modificate e parodie musicali o in prosa.
Pare che la popolare canzone natalizia non sia una banale sequenza di rime prive di senso o una strana lista di regali, ma che nasconda un significato profondo.
In Inghilterra, nel periodo che va dal 1558 al 1829, ai cattolici fu vietato per legge l’esercizio, privato e pubblico, della propria fede. L’opinione più diffusa è che la canzone Twelve Days of Christmas sia un ricordo del periodo in cui il cattolicesimo era illegale: si dice che fu scritta in Inghilterra come esercizio di memoria per aiutare i giovani cattolici a imparare i dogmi della loro fede, ma in realtà, abbiamo visto che è probabile che l’origine della canzone sia francese.
Inoltre, secondo lo storico Gerry Bowler, autore di The Encyclopedia of Christmas, nessuno dei supposti significati segreti è distintamente cattolico. Tutti e dodici i messaggi in codice sarebbero stati considerati dai protestanti che governavano in Inghilterra all’epoca compatibili con la normale ortodossia cristiana, così non ci sarebbe stato alcun bisogno di essere insegnati di nascosto.
Alcuni studiosi, incluso il professor Edward Phinney dell’Università del Massachusetts, sostengono che sia innanzitutto una canzone d’amore e che tutti i doni menzionati in essa siano quelli fatti da un uomo alla propria amata. Alcuni di essi sembrano impossibili da donare, come le otto fanciulle che mungono e le nove signore che danzano, ma sia esse che i suonatori di piffero e di tamburo fanno pensare a un matrimonio.
I doni sono decisamente simboli di fertilità, ad esempio se pensiamo alla pernice nel pero, il pero rappresenta il cuore e la pernice è un famoso afrodisiaco.
E che dire delle sei oche che covano? Sette dei dodici versi della canzone si riferiscono ad uccelli di varie specie, tutti simboli di fertilità.
La canzone sarebbe più appropriata ad una festa di amore e gioia come quella di San Valentino o del Primo Maggio che ad una festa religiosa.
Tutti i riferimenti ornitologici, in realtà, richiamano la Dea-Uccello. La mito-archeologa Marija Gimbutas (scomparsa nel 1994), durante i suoi trent’anni di ricerche sul campo ha notato una stupefacente somiglianza tra le figure della Dea nell’Età della Pietra e diversi animali e uccelli, in particolare quelli acquatici, una Dea creatrice del Paleolitico che formò se stessa e il mondo dall’acqua.
Uno tra i segni più antichi e diffusi rinvenuti sulle statuette delle divinità femminili preistoriche in Europa è il triangolo pubico, allusivo non solo della fecondità in generale ma più specificamente della V formata dal branco di oche in volo.
Oche, gru e cigni s’incontrano in dipinti o graffiti nelle grotte del Paleolitico Superiore o intagliati su oggetti in osso e certe rappresentazioni di uccelli acquatici sono chiaramente antropomorfizzate. La Dea Uccello era la Fonte e la Dispensatrice dell’umidità che dà la vita, come un uccello acquatico congiungeva cielo e terra e forse si riteneva che nella sua dimora terrestre si rispecchiasse un regno acquatico divino; una cosmologia connessa anche alla migrazione annuale: infatti il nuovo inizio della vita in primavera era annunciato dal suo riapparire in Europa.
La migrazione, la deposizione delle uova, la loro cova e il rapporto con l’acqua quale fonte radicale di vita sono i tratti essenziali che produssero nell’infanzia del mondo la correlazione identificativa tra la Dea Madre Rigenerante e l’uccello acquatico. Figure femminili con maschere ornitomorfe od occhi di civetta e tombe dalla forma ovale, in relazione all’idea dell’Uovo Cosmico come grembo in cui si è sviluppato l’universo, le troviamo un po’ in tutta l’Europa antica a testimonianza di un legame inscindibile durato millenni. Inoltre il migrare dei palmipedi con la sua scansione temporale era facilmente collegabile alle “regole” delle donne (le mestruazioni), la cui ritmicità mensile, identica a quella lunare, le rendeva inequivocabili strumenti di misurazione del tempo. Un nesso simbolico e cosmologico che percorre un po’ tutta la mitologia europea – si pensi alle numerose Dee Filatrici, arbitre del Tempo e dei destini – e che forse non è estraneo alla struttura della clessidra, formata appunto da due triangoli/vulve collegati.
Ma la testimonianza più significativa che l’esegesi gimbutiana è fondata e coerente, ci viene dalla sua clamorosa persistenza nell’immaginario collettivo. Il folclore è gremito di donne sovrannaturali che si muovono su zampe d’uccello o si trasformano in oche o cigni e l’uovo ha un potere rinnovatore così consolidato che lo ritroviamo perfino in occasione della Pasqua cristiana, in quanto festa di morte e resurrezione.
Ecco che comincia a delinearsi il “true love”, il vero amore di chi ha composto la canzone!

Da: I 7 veli di Iside di Selene Ballerini
www.pesariis.it/associagiovani/azioni/.../calendario_4_trimestre.pdf

http://www.youtube.com/watch?v=zoZVeSrkjJw&feature=mfu_in_order&list=UL
http://it.wikipedia.org/wiki/Twelve_Days_of_Christmas
http://urbanlegends.about.com/od/christmaslore/a/12_days_of_christmas_meaning_2.htm

Nessun commento:

Posta un commento