mercoledì 27 luglio 2011

Lughnasadh - la festa del grano


Uno dei più importanti eventi dell’anno agrario nell’antica Europa era ed è ancora il raccolto del grano. Risalente all’Età Neolitica, la coltivazione dei cereali ha letteralmente plasmato tutte le civiltà europee e mediterranee. La farina e il pane erano letteralmente la vita per le antiche popolazioni.
La mitologia più antica narrò di due entità femminili, madre e figlia, che rappresentavano forse il raccolto maturo e il futuro raccolto da seminare, entrambe simboleggiate dall’ultimo covone mietuto quasi a raffigurare la loro somiglianza e identità. Il folklore europeo ne parlò come la Vecchia del Grano, il vecchio spirito o la vecchia divinità che moriva al momento del raccolto per incarnarsi nella Fanciulla del Grano, raffigurata come una bambola formata con le spighe dell’ultimo covone e conservata come un talismano per tutto l’anno. In epoche precristiane queste due figure venivano chiamate Demetra e Persefone, o Cerere e Proserpina.
Ma non era solo una storia di raccolti e di vegetazione quella che raccontavano gli antichi miti. No, era una storia di morte e resurrezione che coinvolgeva tutti i regni della natura, compreso quello umano. I misteri iniziatici in onore di Demetra e Persefone che si tenevano ogni anno nell’antica città greca di Eleusi rivelavano che la morte è solo un passaggio verso una diversa esistenza. Così come Persefone ritornava dal regno dei morti, anche gli iniziati potevano aspirare alla resurrezione. Il chicco di grano muore ma per rinascere come nuova spiga. Più tardi la divinità del grano assunse aspetto maschile, il Re o Dio del Grano, figlio o amante delle grandi dee. Tali furono Tammuz e Adone, il primo riportato in vita dalla sua sposa Ishtar, il secondo destinato a trascorrere metà dell’an­no con la Regina dell’Oltretomba e l’altra metà con Afrodite, dea dell’amore e della fertilità. Entrambi erano giovani dei che morivano per risuscitare a nuova vita, come il grano. Suggerisce nulla tutto ciò? C’era un bosco sacro dedicato ad Adone nei pressi di Betlehem (“Casa del Pane”)...
In molti templi neolitici dell’Europa orientale sono state rinvenute statuette di donne-uccello (la Dea Uccello) e statuette umane che preparano il pane. Ciò richiama i motivi del tempio di Afrodite a Pafo, nell’isola di Cipro dove Afrodite e Adone furono amanti.
Nei paesi celtici del Nord Europa il raccolto dei cereali avveniva più tardi e prima delle dure fatiche del raccolto ci si concedeva una pausa di festa, contrassegnata il I° agosto dalla celebrazione di Lughnasadh (pron. Luunasa), la “commemorazione di Lugh” (nasadh commemorazio­ne o assemblea). In gaelico irlandese Lunasa indica il mese di agosto, in gaelico scozzese la ricorrenza è chia­mata Lunasda. L’Irlanda è una terra dove le usanze di Lughnasadh sono sopravvissute fino ai nostri giorni. Nei secoli in cui la religione cattolica era perseguitata dai protestanti, le masse rurali si radunavano su cime di colline o vicino a sorgenti per celebrare i momenti di passaggio dell’anno, obbedendo a tradizioni molto più antiche del cristianesimo. L’Irlanda ha ancora un cuore pagano, basti pensare al film “Ballando a Lughnasa” dove tra l’altro è mostrato anche un festino intorno a un falò in cima ad un colle... Lugh, dio del fuoco e della luce, può avere derivato il suo nome dalla stessa radice del latino lux, e pare sia una più tarda e più sofisticata versione di Bel/Beli/Balor che regna su Beltane. Lugh è legato alle popolazioni agricole che si unirono a quelle pastorali: Beltane è una festa pastorale, Lughnasadh è una festa più agraria. Lugh nelle leggende irlandesi era un capo dei Tuatha Dé Danann, il “Popolo della Dea Dana”. Nella guerra contro i precedenti abitatori dell’Irlanda, i Fomori, egli scambiò la vita di Bres, capo nemico, con i segreti dell’agricoltura: aratura, semina, raccolto. Il re dei Fomori era Balor (l’antico Bel), ritenuto nonno o padre di Lugh; ciò non deve sorprendere poiché nelle mitologie di tutto il mondo un dio che rimpiazza una divinità più antica, viene sempre collegata ad essa da legami di parentela per poterne ereditare anche violentemente le funzioni. I Tuatha Dé Danann furono i penultimi invasori dell’Irlanda (gli ultimi furono i Milesiani, cioè i popoli gaelici) e si imposero ai più antichi Fomori. Lugh appare così un Balor rigenerato. Lugh è anche divinità delle arti, chiamato “ugualmente abile in tutte le arti” e “luminoso dalla mano abile” per indicare le sue capacità. Nel grande racconto mitologico “La battaglia di Mag Tured” si descrive l’arrivo di Lugh a Tara, capitale sacra dove possono essere accolti solo coloro che possiedono un’arte. I due portinai di Tara interrogano Lugh il quale elenca a una a una tutte le sue specializzazioni ed essi cercano di rifiutargli l’ingresso dicendo che a Tara esistono già persone maestre in ciascuna delle arti nominate. Al che Lugh ribatte dicendo che non sarebbe entrato a Tara solo se il re avesse avuto al suo servizio un uomo abile in tutte le arti. Poiché nessuno possedeva contemporaneamente tutte le capacità di Lugh, egli entrò trionfalmente nella capitale!
Lugh era patrono di molte città, come Lione in Francia, l’antica Lugdunum, per l’appunto e ciò può essere spiegato col fatto che le città dei Celti nacquero quasi tutte come fiere di artigiani e costoro trovavano naturale consacrare i nuovi insediamenti al loro patrono.
Lugh era detto anche Lamfhada “dal lungo braccio”, appellativo che lo avvicina al dio solare egizio Aton, raffigurato con raggi dalle lunghe mani. In alcune leggende egli appare nato da un parto trigemino (cioè possedendo una triplice forma), in altre egli sposa tre dee. Questo aspetto trino lo avvicina molto a Brigit, anche essa divinità della luce e delle arti, di cui forse era la controparte maschile. Lugh è il padre spirituale del grande eroe irlandese Cu Chulainn, e divenne Llew Llaw Gyffes (“leone dalla mano veloce”) in Galles e Lud in Inghilterra, figure mitiche i cui miti passarono in quello arturiano di Lancillotto. Nei tempi cristiani il suo posto fu preso dall’arcangelo Michele, una più tarda forma di Lucifero che come Lugh è portatore di luce.
Le origini della festa di Lughnasadh sono collegate però non tanto a Lugh quanto alla sua madre adottiva Tailtiu, la quale si affaticò per preparare le pianure irlandesi all’agricoltura e così morì, dopo aver chiesto che la pianura diventasse la sua tomba. Lugh ordinò che gli uomini di Irlanda tenessero una festa annuale all’anniversario della sua morte, istituendo i giochi funebri in suo onore. La tradizione di giochi funerari ha paralleli in molte culture, basti ricordare le cerimonie funebri dei guerrieri morti ricordate nell’Iliade. Il vero scopo della festa è il raduno delle popolazioni al momento del raccolto sulle terre coltivate, terre che costituiscono il corpo materiale della Dea della Terra. Gli stessi raccolti sono anche essi parte del corpo della Madre Terra.
In questo periodo dell’estate avanzata, si erano lasciate alle spalle le fatiche e le preoccupazioni del raccolto del fieno e ci si preparava al raccolto di grano e orzo, le messi che il calore del sole ha fatto maturare. Lughnasadh era occasione di raduni e feste per le tribù celtiche, in cui ci si dedicava a giochi, gare e banchetti. Era tempo di mostrare la velocità dei propri cavalli e di competere in gare di abilità e forza: ciò era anche un allenamento alle fatiche del raccolto, in cui la velocità e la resistenza erano doti essenziali in epoche prive di macchine. Spesso bisognava fare i conti col cattivo tempo che poteva rovinare il lavoro di un intero anno! Così i giovani partecipavano a gare di lotta, lancio di aste, tiro con l’arco e corse di cavalli, giochi tenuti in grande conto in società guerriere come quella celtica; molte di queste usanze sono state conservate nei Giochi Gaelici che si tengono ancora in Scozia nel mese di agosto. Ma anche le arti erano sotto il patrocinio di Lugh e si tenevano quindi anche competizioni poetiche di Bardi e di musici.
I raduni erano occasioni per tenere fiere in cui venivano ingaggiati braccianti e venduti animali. La festa durava due settimane e si diceva che finché sarebbe durata questa tradizione, ci sarebbe stato “grano e latte in ogni casa, pace e bel tempo per la festa e il raccolto”.
Era tempo di baldorie propiziate dal calore estivo e si celebrava l’inizio del raccolto e l’offerta dei primi frutti agli dei (la festa era detta “del primo raccolto”), così come pure la potenza della luce solare e l’abbondanza generosa della natura. Il sole aveva trionfato su venti, gelo e nebbie e ora il raccolto era pronto, ma la fertilità è anche un concetto legato alla sessualità umana, così nell’antica Irlanda si celebravano i cosiddetti matrimoni di prova che duravano un anno e un giorno. La località principale dove si celebrava­no questi matrimoni era in Irlanda a Teltown, località che ha preso il nome dalla Dea Tailtiu. Vicino a una fossa dove sgorgava una sorgente era eretto un muro con un foro: uomini e donne stavano sugli opposti lati del muro, senza potersi vedere ma spingendo insieme le mani attraverso il foro le loro mani. Se agli uomini piaceva l’aspetto delle mani delle donne le afferravano e ciò sigillava il patto matrimoniale. Il contratto era rinnovabile, ma se alla scadenza del periodo la convivenza aveva avuto cattivo esito, la coppia non doveva fare altro che ritornare al luogo della cerimonia, mettersi schiena scontro schiena e allontanarsi in direzione opposte. Una separazione consensuale e tranquilla, senza spese per il divorzio!
Questa usanza in realtà è il ricordo di un’antica pratica rituale. La ragione di dare il nome di Lugh alla festa era dovuta alla sua associazione con la Dea Erin alla quale si unì in matrimonio con“nozze di sovranità” (banais rigi in gaelico) in occasione del suo accesso alla sovranità dei Tuatha Dé Danann. Allo stesso modo tutti i re d’Irlanda si univano ritualmente alla Dea della Terra, la sola che concedeva loro la sovranità sul paese. A Lughnasadh troviamo il parallelo dell’accoppiamento rituale di Beltane, dove il Dio dell’anno crescente sposava la Dea della Terra. Allo stesso modo i “matrimoni nei boschi” di maggio hanno un corrispondente nei matrimoni di Teltown e degli amori nei campi di grano a Lughnasad.
Ma occorre tener presente che le nozze rituali di Lugh rappresentano un accoppiamento sacrificale, in armonia del resto col sentimento di morte che aleggia su questa prima festa di autunno. Secondo lo studioso James Frazer, questo era il tempo in cui il re sacro era ritualmente ucciso e il nuovo re sposava la Dea Madre. Così Lugh moriva e rinasceva in accoppiamento con la Dea, unendo in un unico tema di sacrificio la fertilità umana e quella della terra. A noi tutto ciò può sembrare paradossale, come pure il collegamento dei giochi funerari in onore di Tailtiu con le feste nuziali di Lugh. Per comprendere il paradosso delle nozze di Lugh dobbiamo comprendere che le più tarde aggiunte alla leggenda hanno deformato il ruolo della Dea: infatti, pare che in origine i funerali fossero tenuti in onore del Dio che moriva in quanto Dio del Grano e dell’anno crescente. Le nozze erano quindi quelle del Dio dell’anno calante, suo gemello e sostituto. Troviamo questi aspetti nella leggenda gallese di Llew (figura che come si è detto ripete quella di Lugh). Egli visitò il castello di sua madre Arianrhod recandosi là con un coracle, antica e tipica imbarcazione irlandese che simboleggia forse il cesto del raccolto con cui le divinità solari viaggiavano per recarsi dove li attende la Grande Dea. Caer Arianrhod, il castello della Ruota d’Argento era un altro nome della costellazione della Corona Borealis, costellazione circumpolare che non tramonta e quindi ritenuta dimora ultraterrena di divinità e di eroi defunti. Il viaggio di Llew altro non è che il viaggio compiuto in qualità di re dell’anno crescente dopo il proprio sacrificio e in attesa di rinascita. Llew nelle leggende sposò Blodeuwedd, donna creata con i fiori e quindi figura rappresentativa della Giovane Dea della Vegetazione. In seguito Blodeuwedd tradì Llew con Grown il Forte e lo uccise, sacrificandolo e sposando il suo sostituto, il re dell’anno calante.
Anche in Irlanda gli aspetti sacrificali sono adombrati dalle leggende su Crom, dio sacrificale associato a Lughnasadh e chiamato anche Crom Cruach (“il piegato del tumulo”) o Crom Dubh (“il piegato dal nero colore). L’ultima domenica di luglio in Irlanda è la domenica di Crom Dubh, in cui ha luogo un grande pellegrinaggio sul monte Croagh Patrick dove si dice che San Patrizio sconfisse una schiera di demoni. Il sacrificio di Crom era compiuto anticamente sacrificando un suo rappresentante umano presso una pietra fallica circondata da altre dodici pietre, essendo questo il tradizionale numero dei compagni del re-eroe sacrificale. Il Libro di Leinster cita dodici idoli di pietra e la statua d’oro di Crom. Più tardi i sacrifici umani furono rimpiazzati da quelli di un toro. Crom, come pure Balor o Bres, è una forma antica del dio luminoso che produce raccolti, rimpiazzata da Lugh in qualità di nuovo Dio che gli sottrae i frutti del suo potere. Nelle leggende Crom Dubh era sepolto nel terreno fino al collo per tre giorni e poi liberato una volta che i frutti del raccolto erano stati garantiti: un segno del successo del rituale era l’abbondanza di mirtilli, presagio di raccolti abbondanti. Ciò rimase nel folklore col nome di Domenica del Mirtillo dato alla Domenica di Crom Dubh, con i giovani che vanno a raccogliere questo frutto. La sepoltura di Crom e la sua liberazione ci rinviano dunque al tema di sacrificio e di rinascita di Lughnasadh. Lughnasad passò nel folklore britannico con il nome di Lammas, abbreviazione di Loaf-mass (dall’Anglo-Sassone “Hlaf-maess”) o “messa della pagnotta” poiché con il primo grano raccolto si preparava un pane propiziatorio, offerto nelle chiese come parte di riti eucaristici. L’antica divinità divenne John Barleycorn, lo spirito del grano o dell’orzo che muore stritolato nella macina per donare farina agli uomini o annegato nella distillazione per produrre whisky. Non a caso nel mito celtico la dimora funebre di re ed eroi era rappresentata come una costruzione circolare e rotante, il Castello della Ruota d’Argento: non è forse questa una raffigurazione poetica del mulino con la sua macina sacrificale? Ma lo stesso simbolo viene raffigurato dalla ruota che viene accesa e fatta rotolare giù per il pendio di una collina, usanza ancora oggi celebrata in Scozia, Germania e Svizzera. A volte la ruota finisce in un fiume, così come la ruota delle stagioni inizia il suo declino. Questa ruota è nuovamente la ruota solare che abbiamo già visto nelle feste del Solstizio estivo. Lughnasadh ripete in un certo senso alcuni simboli solstiziali, essendo il culmine e l’inizio del declino nel ciclo delle feste celtiche allo stesso modo in cui il Solstizio estivo è culmine e inizio di declino nelle feste astronomico-solari. La festa viene celebrata anche con fuochi rituali accesi in cima alle colline, come in Galles, nell’isola di Man e in Irlanda, dove i falò sono anche occasione di danze di licenziosità. La pianta sacra di Lughnasadh è la spiga di grano o di orzo. Lugh e Llew sono divinità del grano, di morte e di rinascita, perché il grano tagliato rinasce come farina e pane. Durante i raccolti si credeva anticamente che una forza sacra (chiamata dai russi il Vecchio, da altri popoli slavi la Vecchia, e nei paesi germanici la Madonna del Grano) si incarnasse nell’ultimo covone mietuto. Questo spirito del grano era identificato spesso nell’ultimo mietitore che raccoglieva l’ultimo covone. In tempi antichi egli era sacrificato e le sue ceneri sparse nei campi. Poi si passò a sacrificare animali e bruciare fantocci, ma il significato era sempre quello: il sacrificio della divinità primordiale, che moriva come Re del Grano e il cui sangue benediceva la terra, garanzia di futuri e abbondanti raccolti. La festa del sole calante è il punto di svolta in cui l’Uomo Verde di Beltane si prepara a diventare l’Uomo Grigio della morte in autunno, quando inizia il suo viaggio verso l’Altro Mondo. Ora, infatti, è il tempo in cui si arresta la crescita nel mondo vegetale per permettere al raccolto di maturare. Nel folklore europeo, durante i rituali dell’ultimo covone, si estraggono i chicchi del futuro raccolto e si spargono le ceneri delle spighe per fertilizzare la terra. Il tema di morte e rinascita non negava quello della fertilità, espresso dalle orge rituali durante le feste del raccolto che, riattualizzando il mitico caos primordiale, rinnovavano il ciclo dell’anno e la fecondità della terra: fertilità umana e fertilità della Natura. Eros (amore) e Tanathos (morte) costituiscono un binomio inscindibile anche in questo periodo dell’anno

Da: Feste pagane di Roberto Fattore

Nessun commento:

Posta un commento