martedì 19 luglio 2011

Modelli di divinità femminili


Quando le dee vengono prese come modello del normale comportamento femminile, la donna che per natura assomigli più alla saggia Atena, o alla competitiva Artemide o alla madre Demetra, esprime il suo sé femminile attraverso l’attività, l’obiettività di giudizio e la concentrazione sulla realizzazione delle mete. È autentica rispetto al modello della dea a cui assomiglia di più e non soffre di un complesso di mascolinità, come diagnosticherebbe Freud, né si identifica con l’Animus, né ha un atteggiamento maschile, come ipotizzerebbe Jung.
Quando una donna segue i modelli Atena o Artemide, attributi “femminili” quali la dipendenza, la ricettività o l’istinto ad accudire possono non essere aspetti che fanno parte della sua personalità. Sono qualità che dovrà sviluppare per riuscire a creare rapporti duraturi, diventare vulnerabile, dare e ricevere amore e conforto e aiutare gli altri a maturare. La polarizzazione contemplativa di Estia  tiene la donna a una certa distanza emotiva dagli altri, anche se, per quanto distaccata possa essere, il suo calore silenzioso dà alimento e sostegno. Quello che deve sviluppare, al pari di Artemide e Atena, è la capacità di un’intimità personale. Ciò che queste donne devono fare per crescere è diverso da ciò che serve all’evoluzione di donne Era, Demetra, Persefone e Afrodite. Questi quattro modelli di dea predispongono infatti la donna al rapporto: la loro personalità corrisponde alla descrizione fatta da Jung. Devono imparare a concentrarsi, a essere obiettive, a farsi valere, tutte qualità che non sono forti nella loro natura; devono sviluppare l’Animus, ovvero attivare in sé gli archetipi Artemide e Atena.
Anche quando Estia è l’archetipo dominante, le donne, al pari di quelle orientate al rapporto, per poter essere efficienti devono sviluppare il proprio Animus, ovvero attivare in sé gli archetipi Artemide e Atena

Da: Le dee dentro la donna di Jean Shinoda Bolen

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