C’era un tempo in cui prato, bosco, e ruscello,
la terra, e ogni essere comune
a me sembravano
ornati da una luce celestiale,
la gloria e la freschezza di un sogno.
non è più com’era prima;
mi giro ovunque posso,
di giorno o di notte,
le cose che ho visto ora non posso più vederle.
L’arcobaleno viene e va,
e amabile è la rosa;
la luna con diletto
si guarda intorno quando i cieli erano spogli;
le acque nelle notti stellate
sono belle e serene;
l’alba è una nascita gloriosa;
ma eppure so, dove vado,
dove è passata una gloria dalla terra.
(Ode dell’Immortalità di William Wordsworth)
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Su nelle stanze dei bambini Mary Poppins faceva asciugare gli abiti vicino al fuoco e la luce del sole entrava dalla finestra, scherzando sui muri bianchi, danzando sulle culle dove i pupi dormivano.
“Dico, muoviti! Mi stai proprio negli occhi” disse Giovannino a voce alta.
“Mi dispiace” – rispose la luce del sole. – “Ma non posso farvi niente. Devo assolutamente attraversare questa stanza. Gli ordini sono ordini. Debbo muovermi da Est a Ovest in un giorno e la mia strada passa per questa stanza. Mi dispiace! Chiudi gli occhi e non ti accorgerai di me”. La dorata freccia di sole si allungò attraverso la camera. Evidentemente si muoveva quanto più presto poteva per far cosa grata a Giovannino.
“Quanto sei morbido! Quanto sei dolce! Ti voglio bene”, disse Barbara, stendendo le braccine al suo calore scintillante.
“Brava bambina” – disse la luce del sole approvando e si mosse sulle sue guance e andò fra i suoi capelli simili a una leggera carezza. – “Ti piace sentirmi?” domandò come se amasse di essere lodata.
“De-liziooosa” – disse Barbara con un sospiro di felicità.
“Chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere! Non ho mai veduto un posto dove si chiacchiera tanto. C’è sempre qualcuno che parla in questa stanza”, si udì una voce acuta presso la finestra.
Giovannino e Barbara alzarono gli occhi.
Era lo Stornello che viveva in cima al comignolo.
“Senti chi parla” – disse Mary Poppins, volgendosi in fretta. – “E tu allora? Tutto il giorno sì, e anche metà notte, sui tetti e sui pali telegrafici, cinguettando, gridando e schiamazzando. A furia di chiacchiere, faresti persino cadere le gambe alle sedie. Peggio di un passero. E questa è la verità”. Lo Stornello piegò la testa da una parte e la guardò dal davanzale della finestra.
“Bene – disse – ho i miei affari a cui badare. Consulti, discussioni, querele, contratti… E questo naturalmente rende necessario un certo quantitativo di… tranquilla conversazione”.
“Tranquilla!” esclamò Giovannino ridendo di cuore.
“Non stavo parlando a te giovinotto” – disse lo Stornello, saltando giù dal davanzale della finestra – “E non hai bisogno di parlare, in tutti i casi. Io ti ho inteso te per molte ore di seguito, sabato scorso. Santo Cielo, credevo che tu non la smettessi più, mi hai tenuto sveglio tutta la notte”.
“Quello non era parlare – disse Giovannino. – Ero… – fece una pausa. – Avevo un dolore, voglio dire”.
“Hum!” disse lo Stornello e saltò sulla sponda della culla di Barbara. Camminò sull’orlo finché venne a capo della culla. Poi disse con una smorfiosa vocetta:
“Bene, Barbara, niente per il vecchio amico oggi, eh?”. Barbara si tirò su aggrappandosi a una sbarra del lettino. “C’è l’altra metà del mio biscotto d’orzo” disse e glielo porse col suo pugnetto grasso e tondo. Lo Stornello ci si buttò sopra, lo prese dalla sua mano e rivolò sul davanzale della finestra. Cominciò a beccarlo golosamente.
“Grazie”, disse Mary Poppins intenzionalmente, ma lo Stornello era troppo occupato a mangiare per capire il rimprovero.
“Ho detto grazie!” disse Mary Poppins un po’ più forte.
Lo Stornello alzò gli occhi.
“Eh… cosa?” Ohi, andiamo, ragazza, andiamo. Non ho tempo per simili fronzoli e falpalà”. E inghiottì il resto del suo biscotto.
La stanza era molto quieta. Giovannino assopendosi nella luce del sole, mise in bocca le dita del piedino destro e le strofinò lì dove i denti cominciavano a spuntare.
“Perché ti tormenti a far così?” disse Barbara con una voce sommessa, divertita, che sembrava sempre piena di risa. “Non c’è nessuno che ti vede”.
“Lo so” – disse Giovannino, facendo come una suonatina coi piedini. – Voglio tenermi in esercizio, diverte tanto i grandi. Ti sei accorta che zia Flossie quasi diventava matta quando io lo facevo ieri? Che caro, che bravo, che meraviglia, che creatura! Non l’hai intesa dir tutto questo?”. E Giovannino allontanò da sé il piedino e scoppiò a ridere come se ripensasse alla zia Flossie.
“Le è piaciuto anche il mio scherzo – disse Barbara velocemente. – Mi son tirata via tutti e due i calzini, e lei ha detto che ero così cara che avrebbe voluto mangiarmi. Non è buffo? Quand’io dico che vorrei mangiare qualcosa, voglio dire veramente quello. Biscotti e ciambelle e i pomi del lettino e altro ancora. Ma i grandi non vogliono mai dire quel che dicono, mi sembra. Essa non poteva realmente desiderare di mangiarmi, non è vero?”.
“No. È solo la maniera sciocca che hanno di parlare – disse Giovannino. – Credo che io non capirò mai i grandi. Sembrano tutti così stupidi. E anche Giovanna e Michele sono stupidi qualche volta”.
“Uum”, – assentì Barbara, pensosamente, togliendosi i calzini e tornando a metterseli.
“Per esempio – proseguì Giovannino – non capiscono una sola cosa che noi diciamo. Ma peggio ancora, non capiscono ciò che dicono le altre cose. Ecco, soltanto lunedì scorso ho udito Giovanna osservare che avrebbe desiderato sapere che linguaggio parlava il Vento”.
“Lo so – disse Barbara. – È sorprendente. E Michele insiste sempre, non l’hai inteso?, che lo Stornello dice: pio, pio, pio. Non sembra capire che lo Stornello non dice niente affatto così! ma parla proprio lo stesso linguaggio nostro. Naturalmente uno non pretende che Papà e Mamma sappiano questo, essi non sanno nulla, sebbene siano così cari, ma tu avresti creduto che Giovanna e Michele capissero”.
“lo sapevano una volta” – disse Mary Poppins piegando una camicia da notte di Giovanna.
“Cosa?” – domandarono insieme Giovannino e Barbara con voce molto sorpresa. – Veramente vuoi dire che capivano lo Stornello e il Vento e…”.
“E quel che dicono gli alberi e il linguaggio del sole e delle stelle. Certo lo capivano. Una volta!” disse Mary Poppins.
“Ma… ma com’è che hanno dimenticato tutto?” disse Giovannino corrugando la fronte e cercando di comprendere.
“Ah” – disse lo Stornello, con l’aria di sapere, alzando gli occhi dalle briciole del biscotto. – Vi piacerebbe saperlo?...”.
“Perché sono diventati più grandi” – spiegò Mary Poppins. – “Barbara, mettiti subito i calzini per piacere”.
Questa è una stupida ragione” – disse Giovannino guardandola severamente.
“È quella vera, però” – Mary Poppins soggiunse legando solidamente i calzini di Barbara intorno alle caviglie.
“Ecco, è che Giovanna e Michele son stupidi” – continuò Giovannino. – Io so che non mi dimenticherò quando sarò più grande”.
“Neanch’io” – fece eco Barbara succhiandosi il ditino con soddisfazione.
“Sì, dimenticherete” disse Mary Poppins con aria sicura.
I gemelli si alzarono su e la guardarono.
“Hum!” – disse lo Stornello, con disprezzo. – “Guardateli! Credono di essere le meraviglie del mondo. Piccoli prodigi. Non credo! Certamente dimenticherete, come Giovanna e Michele”.
“Non dimenticheremo” – asserirono di nuovo i gemelli guardando lo Stornello come se volessero ucciderlo.
Lo Stornello se ne burlò.
“Io dico che dimenticherete – insistette. – Non è colpa vostra, certo – aggiunse più gentilmente. – Dimenticherete perché non potete far nulla in contrario. Non c’è stato mai un essere umano che abbia ricordato dopo l’età di un anno, negli anni più avanzati, eccetto naturalmente se…”. E girò la testa sulla spalla indicando Mary Poppins.
“Ma perché lei può ricordare e noi no?” disse Giovannino.
“A-a-a-h! Lei è differente. Lei è
Giovannino e Barbara tacevano. Lo Stornello proseguì a spiegare:
“Sì, è qualcosa di speciale, vedete. Non per la sua bellezza. Uno dei miei pulcini appena nati è più bello di quel che non sia stata mai Mary”.
“Oh, impertinente” disse Mary Poppins arrabbiata, lanciandogli addosso e buttandogli contro il grembiule.
Ma lo Stornello saltò da una parte e volò sul davanzale della finestra fischiando maliziosamente, ben fuori di mira.
“Credevi di prendermi questa volta, vero?” la canzonò e scosse verso di lei le piume delle ali. Mary Poppins brontolò.
La luce del sole si mosse attraverso la stanza tirandosi dietro la sua scia dorata. Fuori si era alzato un vento leggero e frusciava dolcemente tra gli alberi di ciliegio nel Viale.
“Ascolta, ascolta, il vento sta parlando” – disse Giovannino chinando la testa da un lato. – “Tu dici per davvero che non saremo capaci di udir questo quando saremo più grandi, Mary Poppins?”.
“Lo udirete benissimo – disse Mary Poppins – ma non comprenderete”. – A queste parole Barbara cominciò a piangere sommessamente. E c’erano due lagrime anche negli occhi di Giovannino.
“Ma, non ci si può far nulla. Le cose vanno così” disse Mary Poppins in tono ragionevole.
“Guardali, guardali soltanto!” – li canzonò lo Stornello. – “Piangono da morire! Ma! Uno Stornello nell’uovo ha più cervello. Guardali”.
Infatti Giovannino e Barbara piangevano ora di cuore nei loro lettini, lunghi, profondi singhiozzi di grande infelicità.
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Poco tempo dopo i denti, con grande fastidio, spuntarono, come debbono fare tutti i denti, e i gemelli ebbero il loro primo compleanno.
Il giorno dopo la festa del loro compleanno, lo Stornello che era stato via in vacanza in una città vicina tornò al Numero 17, Viale dei Ciliegi.
“Ohilà, ohilà, ohilà, eccomi qui nuovamente”, – gridò pieno di gioia, atterrando con un piccolo dondolìo sul davanzale della finestra. – “Bene, come la va, ragazza?” domandò sfacciatamente a Mary Poppins, piegando la testina da una parte e guardandola con occhi allegri e maliziosi.
“La tua domanda non mi serve a nulla”, disse Mary Poppins, scuotendo la testa.
Lo Stornello rise. “La stessa vecchia Mary Poppins” – disse. – “Non sei cambiata affatto. Come stanno gli altri, i cuculi?” domandò e guardò attraverso il lettino di Barbara.
“Bene, Barberina – cominciò nella sua sommessa voce smorfiosa, - niente per il vecchio amico oggi?”.
“Ma-mma – ma-mma” disse Barbara ninnandosi dolcemente, mentre continuava a mangiare il suo biscotto d’orzo.
Lo Stornello, con un sussulto di sorpresa, saltellò più vicino. “Dicevo – ripeté più distintamente, – c’è niente per il vecchio amico, oggi, Barbara cara?”.
“Ma-mma, ma-mma”, mormorò Barbara guardando il soffitto, mentre inghiottiva l’ultima briciola dolce.
Lo Stornello la guardò fissamente.
“Ah”, disse all’improvviso e si volse e guardò interrogativamente Mary Poppins.
Gli occhi quieti di lei incontrarono quelli di lui in un lungo sguardo.
Poi rapido come una freccia, lo Stornello volò sul letto di Giovannino e si posò sulle sbarre. Giovannino teneva stretta fra le braccia una grossa pecora di lana.
“Come mi chiamo? Come mi chiamo? Come mi chiamo?” gridò lo Stornello con una acuta voce ansiosa.
“Pa-ppa, pa-ppa”, disse Giovannino, aprendo la bocca e mettendoci dentro la gamba della pecora di lana.
Lo Stornello scosse la testa e tornò via.
“Così è accaduto” disse quietamente a Mary Poppins. Ella assentì. Lo Stornello scrutò per un momento i gemelli con amarezza. Poi alzò le ali screziate:
“Oh, ma sapevo che sarebbe accaduto questo. Lo dicevo sempre. Non volevano crederlo”. – Rimase in silenzio per breve tempo, guardando fisso nei lettini. Poi si scosse con decisione. – “Bene, bene. Debbo andar via. Tornare al mio comignolo. Avrà bisogno di una ripulita primaverile. Avrò daffare”.
Volò sul davanzale della finestra e si fermò, guardando indietro disopra la spalla.
“Mi sembrerà strano, tuttavia, senza di loro. Mi piaceva tanto parlare insieme. Mi piaceva. Sentirò la loro mancanza”. In fretta si passò l’ala sugli occhi.
“Piangi?” lo burlò Mary Poppins. Lo Stornello si drizzò. “Piango? No certo. Ho – eh… – un leggero raffreddore, preso nel mio viaggio di ritorno; è tutto qui. Sì, un leggero raffreddore. Nulla di serio”.
Si diresse sul davanzale della finestra, si lisciò le piume del petto con il becco, e poi – “Ciao” – disse disinvolto. E aprì le ali ed era scomparso.
Da: Mary Poppins di Pamela L. Travers
Ciao Patty come va? Molto bella la poesia di William Wordsworth.
RispondiEliminaCiao Viandante,
Eliminasì, insomma, né male né bene. E te come vai? Questo racconto mi aveva ricordato quella poesia che avevamo fatto a scuola e così l'ho cercata. Certe cose ti rimangono impresse :-)