lunedì 27 dicembre 2010

Natale – Yule – La tradizione della Caccia allo Scricciolo


Un altro costume di “Natale” che ha un significato speciale nella tradizione celtica è la Caccia allo Scricciolo, svolta ora in forma simbolica.
Gli “scriccioli” in gara (dréoilìnì, cioè fratellanze rituali) spendono talvolta delle fortune in costumi e musica. Nella forma di più antica attestazione, che è anche la più semplice, la cerimonia (che si tiene sempre il 26 dicembre, giorno di S. Stefano o “Giorno dello Scricciolo”) iniziava con l’inseguimento di un vero scricciolo che infine veniva lapidato. Il suo corpo era quindi deposto in una scatola o gabbia stupendamente decorata con rami di sempreverdi, nastri colorati e frutti (detti perllan o “frutteto” in gallese) che veniva fissata all’estremità di un palo e portata in parata di casa in casa da una compagnia di danzatori, cantanti e musicisti in costume. La composizione specifica dei personaggi variava ma, almeno in Irlanda, includeva sempre un uomo travestito da “megera” (cailleach) e un cavallino chiamato Lair Bhan (“Giumenta Bianca”). Ovunque fossero accolti, i “ragazzi dello scricciolo”  eseguivano una performance di danza, clownerie e musica nuova e vecchia (parte della quale riferita specificamente all’occasione), e quindi chiedevano la carità “per seppellire lo scricciolo”. In effetti, si trattava più precisamente di soldi non per seppellire lo scricciolo, dato che si riteneva che il suo corpo portasse sfortuna; per vendicarsi, i figuranti di alcune comunità si sbarazzavano infine del cadaverino deponendolo sulla terra della casa che li aveva accolti più miseramente o in modo scortese nel corso della giornata. In altre aree, la sepoltura dello scricciolo era un rituale elaborato e il corpo veniva lasciato in un luogo “liminale” (per esempio sulla riva, né sulla terra, né in mare) dove il suo influsso veniva così neutralizzato. Talvolta, oltre alla ciotola o alla borsa in cui si raccoglievano i soldi, i ragazzi dello scricciolo portavano in giro una grossa ciotola usata più che altro per chiedere da bere (anche se in alcuni esempi significativi veniva riempita prima di ogni altra cosa con una mistura “da bagordi” passata poi tra i partecipanti, da assaggiare versando una quota).
Perché fare di uno scricciolo il fulcro di tutte queste attività goliardiche? Lo scricciolo figura in modo prominente nella tradizione popolare come uccello della divinazione (si pone quindi nella classe “druidica” o “bardica” degli esseri) ed è il protagonista di un racconto popolare molto diffuso (senza dubbio quanto resta di una mitologia molto antica) che spiega il suo appellativo di “Re di tutti gli uccelli”.  La storia narra che in una gara a chi riusciva a volare più in alto, lo scricciolo si posò sulla testa dell’aquila e, una volta che il grande uccello aveva raggiunto i limiti della propria forza, lo scricciolo emerse dal suo nascondiglio e volò più in alto degli altri uccelli, guadagnandosi così la supremazia su tutto il popolo alato, nonostante le sue minuscole dimensioni. Tutto questo ci fa ben capire quanto sia astuto lo scricciolo, pronto a partire da quanto altri hanno raggiunto per dare un colpo al loro orgoglio e metterli fuori gioco all’ultimo momento.
Lo sciamano era spesso conosciuto come “l’astuto”, e il Druido, sciamano a sua volta, è anche “astuto” -  un uomo che può farsi invisibile come lo scricciolo, che può viaggiare sul dorso di una nobile aquila per raggiungere la sua destinazione, preservando contemporaneamente le sue energie.
La tradizione usa chiamare il nido dello scricciolo “Casa del Druido”. Di tutti gli uccelli riveriti dai druidi, lo scricciolo è considerato il più sacro. In Irlanda era chiamato il Drui-en, o l’Uccello Druido: nel Galles la parola Dryw significa sia druido che scricciolo.
Ad ogni Capodanno l’apprendista druido entrava nella foresta alla ricerca della saggezza nascosta, così come un nativo americano sarebbe andato ad una Ricerca della Visione. Se in questa ricognizione avesse potuto incontrare uno scricciolo, lo avrebbe letto come segno della benedizione di una conoscenza profonda che avrebbe ricevuto nell’anno a venire.
I druidi bretoni dicono sia stato lo scricciolo a portare il fuoco dal cielo, ma che nel portarlo sulla terra si fosse incendiato le ali fino a dover passare il suo dono al pettirosso, cui pure si infiammarono le piume. A questo punto entrò in scena l’allodola che finalmente fu in grado di portare il fuoco al mondo. In questa leggenda vediamo la simbologia del passaggio di poteri dello scricciolo, re dell’Anno Calante, al pettirosso, re dell’Anno Crescente.
Lo scricciolo cacciato ed ucciso in modo rituale riproponeva l’idea che la morte di un re nel pieno delle sue forze potesse garantire il passaggio dei suoi poteri al successore.
Llew Llaw Gyffes (il Brillante, il Luminoso Abile di Mano, secondo altri il Leone dalla Mano Ferma), figlio di Arianrhod, è chiaramente un re dell’Anno Crescente o Re Quercia, riconosciuto come tale da sua madre nel momento in cui lo loda dandogli il nome, dopo che egli colpisce uno scricciolo ad una zampa con una fionda, come ci viene narrato nei Mabinogi nel racconto Math figlio di Mathonwy. Egli non lo uccide, ma lo azzoppa, cioè azzoppa il suo animale rivale facendo in modo che possa essere riconosciuto da sua madre come Re Sacro. Graves spiega ne La Dea Bianca che alla morte rituale del re si sostituì il culto di un re che regnasse a lungo, il quale però veniva castrato o azzoppato. Più tardi ancora la zoppìa venne sostituita con la circoncisione e con l’uso di scarpe regali, i coturni. Quando Llew viene a sua volta sacrificato e ucciso da Grown Pebr Lleu si trasforma in un’aquila e vola via per andare a vivere su una quercia. La sua resurrezione ha poi luogo nel cuore dell’inverno, nella stagione della Vecchia Scrofa, Ceredwen.
  
Anche il vischio viene tagliato e appeso come decorazione, oppure come talismano della fertilità sotto cui si baciano le giovani coppie. Solitamente, in situazioni del genere, dobbiamo prendere in considerazione una tradizione precedente di sacrificio. I destinatari del sacrificio di sangue sono invariabilmente i poteri dei Fomori, gli spiriti della Terra la cui insaziabile ingordigia e indifferenza alle preoccupazioni umane mette sempre in pericolo la sopravvivenza della Tribù.
Il sacrificio di sangue è associato all’energia solare in molte culture. Per fare uno spettacolare esempio, i sinistri sacrifici umani che caratterizzavano l’America Centrale avevano l’intento esplicito di mantenere forte il sole; se non veniva ben nutrito di sangue, l’astro luminoso poteva non emergere mai più dal buio Mondo Sotterraneo in cui scendeva la sera. La lucentezza di sangue, oro e luce solare venivano collegate fra loro, e potevano trasformarsi l’una nell’altra: l’oro condensava perciò le proprietà di guarigione e di vita della luce solare in forma metallica, mentre il sangue era in grado di aumentare il calore del sole stesso. Si dava quindi del sangue agli spiriti della terra profonda che imprigionavano il sole nei periodi di buio. I Celti condividevano chiaramente una simbologia di questo genere, e possiamo certamente trovarne altre applicazioni nel loro rituale del Solstizio d’Inverno. Fino al Diciannovesimo Secolo, i sacrifici di sangue erano una componente delle celebrazioni natalizie (o di Santo Stefano) in molte parti del Galles. In alcune comunità ciò si limitava a sacrifici di bestiame, e poteva essere spiegato come una sorta di medicina popolare; ma in altri luoghi era un rituale che coinvolgeva esclusivamente esseri umani: talvolta un unico individuo designato a caso o tramite estrazione a sorte (per esempio, l’ultimo a svegliarsi al mattino), il quale veniva fustigato con un ramo di agrifoglio fino a far scorrere il sangue, altre volte l’intera comunità, i cui membri si colpivano a vicenda con rami dello stesso albero in un finto combattimento. In ogni caso l’holming (termine con cui questa pratica finì per essere indicata nei distretti di lingua inglese) aveva lo scopo esplicito di versare del sangue.
A questo punto dovremmo analizzare il ruolo ricoperto da un’altra presenza del Natale, l’agrifoglio. Ben noto ai Celti già nelle prime fasi della loro tradizione (come suggerito dal termine in celtico antico kolennos, “pungitore”), l’albero di agrifoglio acquisì un significato religioso in virtù dei suoi tratti caratteristici. Come tutti i sempreverdi, che sono in qualche modo in grado di sconfiggere l’influsso della stagione giamos sul mondo vegetale, esso divenne un simbolo di vitalità divina, di immortalità che trascende i cicli della natura. Come tutte le creature dotate dei tre colori sacri (in questo caso foglie “nere” – o verde scuro -, fiori bianchi e bacche rosse), esso era una manifestazione speciale di divinità, dato che il nero, il bianco e il rosso sono i colori del triplice aspetto della Dea correlato alle tre fasi della Luna: la luna crescente nell’aspetto della Bianca Dea Fanciulla, la luna piena della Rossa Dea Madre e la luna calante della Nera Dea Anziana. Ma a distinguere l’agrifoglio in modo particolare sono le sue spine in grado di estrarre sangue e che suggeriscono le varie applicazioni di tale attività nel mondo umano, che si tratti di scopi militari o rituali.
L’agrifoglio è quindi il sacrificatore divino tra gli alberi; posizionarlo nel momento più buio della stagione giamos, a presiedere sul nutrimento di sangue del Sole rinato, appare del tutto appropriato.
Il sacrificio di sangue è menzionato anche nel contesto della nascita di Pryderi nel Primo Ramo dei Mabinogi: le serve sporcano le mani e il volto addormentato di Rhiannon con il sangue, così che gli altri credano sia stata lei a uccidere il proprio figlio. Il sangue utilizzato è in effetti quello di un cane appena nato. Secondo alcuni ricercatori, il cane è un animale associato con Lugh e con tutte le figure divine o eroiche che lo hanno preso a modello. Forse che questa sia di nuovo un’eco di un sacrificio di sangue che deve avvenire alla nascita del Figlio della Luce? Nonostante altrove nella storia Pryderi sia equino come sua madre, le divinità celtiche hanno solitamente più di una manifestazione animale e sembra del tutto plausibile che cagna e cagnolino siano qui da intendersi come riflesso della Grande madre e del Grande Figlio, proprio come avviene poco dopo con la Giumenta di Teyrnon e col suo puledro. Il cagnolino non potrebbe allora essere una creatura di natura simile a Pryderi e che viene a lui sostituita, non soltanto come richiede la trama dei Mabinogi, ma anche come sacrificio?
È in ogni caso evidente che sia il rituale di Mari Lwyd sia quello della Caccia allo Scricciolo sono collegati da motivi comuni e carichi di riferimenti mitologici, e che un tempo potrebbero aver fatto parte di un’unica cerimonia. In una tradizione rivitalizzata moderna potrebbe essere illuminante combinare le due cerimonie, sottolineando la forza dell’ immaginario mitologico nel loro contesto stagionale.

Da: Il tempo dei celti. Miti e riti. Una guida alla spiritualità celtica di Alexei Kondratiev e L’oracolo dei druidi di Philip e Stephanie Carr-Gomm

2 commenti:

  1. bellissimo il tuo blog,davvero interessante e ricco di magia!se ti va passa dal mio!benedizioni )O(

    http://foglie-alvento.blogspot.com/

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  2. Grazie, sono contenta che ti piaccia, oggi ho modificato il design, l'ho fatto più "nebbioso" perché è più in sintonia con il mio sentire avaloniano, ora passo senz'altro a leggere il tuo. A presto

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