sabato 28 gennaio 2012

Le Salighe e i fiori


Le Salighe amano i fiori bianchi, che esprimono innocenza di cuore e irradiano la luce, quella diurna come quella notturna, lunare.
Per questo, chi trova i loro rododendri bianchi viene premiato dalle Fanciulle Selvatiche.
Come racconta questa saga.
Sulla malga di Burgeis crescono rododendri bianchi che vengono visti solo dagli uomini innocenti. Chi trova questo fiore lo deve subito coprire e, senza mai distogliere lo sguardo, deve scavare bene sotto la pianta. Lì troverà un grande tesoro.
Più di ogni altro, però, è la stella alpina il fiore preferito delle Salighe, oltre che il simbolo dell’amore verso la loro patria, il Tirolo.
Quando, nelle chiare notti di luna, danzano i loro girotondi sulle rive dei solitari laghetti alpini, una corona di bianchi Edelweiss orna i loro capelli ricciuti. Quella che porta la corona più bella è la regina della danza, e a volte del gruppo.
La stella alpina è il fiore che simboleggia l’elevazione spirituale perché, per arrivarvi, ci si espone al rischio della caduta, del precipitare giù in basso (l’altro volto dell’amore per l’ascensione). Il suo colore bianco rappresenta il colore dell’Anima. E, soprattutto, l’edelweiss ci offre il simbolismo della stella: una totalità, un mandala naturale che possiede un suo centro ben preciso (dunque un’immagine di “centratura”, anche psichica) e che irradia dai suoi petali-raggi una luminosità argentea, lunare. Non stupisce dunque che l’edelweiss sia uno dei doni prediletti delle Salighe. Un dono celebrativo della vita.
Nella valle di Muenster, nell’Engadina, per esempio, le Selvatiche, la sera prima delle nozze, usavano inviare in casa alle spose, almeno a quelle che godevano della loro benevolenza, una corona di stelle alpine e di ruta.
Ma l’edelweiss, con la sua forza simbolica di totalità, è anche in grado di onorare la morte, soprattutto quella delle creature innocenti, la cui Anima ha lo stesso splendore del fiore.
Quando moriva un bambino innocente, infatti, le Salighe si recavano di notte, anche nel più rigido inverno, per ornarne il tumulo ancora fresco con corone di rami d’abete, in mezzo al cui verde scuro brillavano le candide stelle alpine.

Da: Donne selvatiche di Claudio Risé e Moidi Paregger

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