venerdì 15 aprile 2011

La quercia - simbologia







Nome Comune: Farnia
Antico inglese: ak; antico norvegese: eik; antico alto tedesco: eih; teutonico: aiks; gallico: dervo; gallese: derw; bretone armoricano: derven: gaelico irlandese: duir;
Nome botanico latino: Quercus robur
Famiglia: Fagaceae
Ordine: Fagales

Descrizione: è un albero alto circa fino a 35 metri ma esemplari isolati possono raggiungere anche i 40 metri. La farnia è una pianta molto longeva che raggiunge e supera i 1000 anni. La chioma è irregolarmente ovale, globosa e molto ampia, con macchie dense di foglie che si interrompono, lasciando penetrare la luce. È per questo motivo che nei boschi di farnie cresce sempre un sottobosco, ricco di arbusti. Il tronco è robusto e ramoso con rametti glabri. La corteccia è grigio-verde e liscia da giovane, spessa, solcata, con lunghe fessure longitudinali da vecchia. Il tronco produce un legname pregiato; la quercia viene anche usata come ornamento nei giardini. Sui rametti, sulle foglie o sulle gemme delle querce può capitare di trovare delle galle, cioè escrescenze di aspetto legnoso che hanno forme diverse: a sfera, a cappellino, a stella. Le galle sono reazioni che la pianta ha quando viene punta da certi insetti.

Foglie: le foglie sono semplici, obovate, lobate, di 10 cm circa, a superficie ondulata, strette alla base con due orecchiette; hanno un picciolo brevissimo (0,5 – 1 cm), glabro; l’inserzione è alterna. Sono coriacee e di consistenza pergamenacea, da giovani sono pubescenti, poi la superficie superiore diventa glabra mentre quella inferiore rimane coperta da piccoli peli stellati.





Famosa per la sua resistenza e longevità, la quercia è stata a lungo associata alla forza, alla perseveranza, alla lealtà e alla virtù eroica;  simbolizza la presenza del tempo e della lunga memoria degli alberi.

Le foglie della maggior parte delle specie di quercia sono decidue, eppure restano attaccate ai rami tutto l’inverno, fiere e indomite, quasi a celebrare la continuità della vita, mentre la quercia si ritira nel suo mondo interiore così come facciamo noi in quel periodo, mettendo in evidenza la sua forma allargata verso il basso e facendoci così intuire la vastità delle radici che la nutrono e la sostengono.
Raggiungendo il Cielo con i suoi rami e gli Inferi con le sue radici, la quercia unisce le forze della vita e della morte.
Lunazione della quercia o lunazione dell’aquila (presso i Celti), così viene chiamato il periodo in cui si ritira in se stessa, dai primi di novembre ai primi di dicembre, tra  Samhain e Yule.




Pochi boschi sono ricchi di vita come un querceto ad alto fusto. L’aperta cupola delle querce consente che molta luce raggiunga il suolo della foresta: le sue foglie marciscono in fretta dopo la caduta concimando il terreno e consentendo la crescita di altri alberi o arbusti, specie frassini, noccioli, cornioli, e una grande varietà di piante erbacee. La quercia non è mai sola, il suo tronco ricco di pieghe e le sue radici a forma di archi offrono generosamente rifugio agli animaletti suoi amici anche nei mesi invernali, mentre le ghiande offrono ad essi cibo. Ospita anche insetti, fra cui le cicale, che i Greci chiamavano dryokóitai, “quelle che dormono nelle querce”.
Il suo legno è molto pregiato e viene usato nelle costruzioni e per la concia, è ottimo da ardere perché essendo compatto brucia molto lentamente, mantenendo la fiamma; viene usato tradizionalmente a Yule, per celebrare la rinascita del Sole sulla Terra, quando si fa ardere un grosso ceppo di quercia.




Nelle lingue celtiche il termine che designava la quercia significava porta e  probabilmente anche il verbo milanese dervir, aprire, ha origini celtiche e deriva dal gallico dervo, così come i nomi dei paesi di Dervio in provincia di Como e  Dergano, Derganino, in provincia di Milano.
La quercia è dunque una Porta per la Conoscenza, un passaggio tra i mondi; con travi di quercia si costruivano le soglie e i montanti delle porte, e si credeva che in questo modo il suo spirito continuasse a svolgere il ruolo di Guardiano della Porta, inoltre nel calendario celtico degli alberi il mese della quercia era quello in cui cadeva il solstizio d'estate, la Porta, appunto, per la seconda metà dell'anno e per le fate, in cui cade il giorno di San Giovanni.
Dal gallico dervo, “quercia”, sono attestati in epoca romana alcuni derivati utilizzati come nomi propri: fatis dervonibus, “fate delle querce”, a cui è dedicata un’iscrizione di Brescia e Matronis Dervonnis in un’iscrizione di Milano, apparentemente riferita alle medesime fate. Esistevano anche i nomi propri di donna Dervonia e Derva.
La farnia o quercus robur potrebbe raggiungere i duemila anni di vita, con un diametro di 10 metri, se non la si abbattesse per sfruttarne il legno durissimo usato, un tempo, per la costruzione delle navi. Per questo motivo i Romani chiamavano robur sia la quercia sia il vigore fisico e quello morale: da cui l’aggettivo robustus.
Nella creazione di Blodeuwedd “Viso di fiori” nei Mabinogion ad opera dei due dei-druidi Math e Gwydion, venne usato il fiore di quercia per dar vigore a Lleu nel fare l'amore e per dar loro molti bambini.
Vedo la quercia come l'albero "che genera", l’albero dell'unione del principio femminile con quello maschile.
Del resto la stessa pianta porta sia i fiori maschili che quelli femminili. I fiori maschili sono riuniti in amenti di colore giallo, quelli femminili sono di colore verde.






La quercia attira moltissimo i fulmini, se penso al significato dei fulmini presso gli etruschi comprendo che ben si adatta alle caratteristiche di questo albero. Nella mitologia etrusca, il fulmine (scagliato da un dio o da una dea) è l'elemento che feconda la Madre Terra. Il potere del fulmine, luce e calore, insemina la terra durante i temporali, genera i minerali, "pietre di luce",  i "geni" della Terra, come Tages e la stirpe dei Titani, detti anche Giganti. Il dono portato da Tages, il divino figlio della Terra agli etruschi era di grande valore: la conoscenza.
La quercia era sacra a Zeus e ad altri dei del fulmine in diverse religioni dell'antichità, era considerata l'albero del fuoco celeste e sacra al Dio Padre, ma probabilmente in origine era sacra a divinità femminili. Il più antico oracolo greco, la quercia sacra, appunto, a Zeus, si trovava a Dodona, nell’Epiro, ed era interpretato solo da donne. “In quella quercia” riferiva Pausania “c’era un oracolo le cui profetesse erano donne. Chi veniva a consultarlo si avvicinava alla quercia e l’albero si agitava un poco, poi le donne prendevano la parola dicendo: “Zeus annuncia la tal cosa o la tal’altra”. Nell’Odissea Omero narra che Ulisse si recò al santuario “per udire dalla quercia divina di alte fronde il volere di Zeus”.
Secondo il mito più popolare, riferito da Erodoto, due colombe nere partirono da Tebe, in Egitto: l’una giunse in Libia, fondando l’oracolo di Ammone, l’altra a Dodona dove si posò su una quercia affermando con voce umana che in quel luogo doveva esserci un oracolo. Così avevano annunciato allo storico greco le sacerdotesse di Dodona, dette peléiades, colombe, in ricordo della prima colomba. Erano tre: la maggiore si chiamava Promenia, “l’anima di prima”, la seconda Timarete, “la virtù onorata”, la più giovane Nicandra, “vittoriosa sugli uomini”.
In origine le peléiades non erano sacerdotesse di Zeus ma di Dione, la dea sposata da Zeus a Dodona: una divinità arcaica, preellenica, sulla cui identità esistono diverse versioni. Vi è chi l’assimila a Rea, sposa di Crono e madre di Zeus, alla quale era consacrata la quercia. La si chiamava anche Dia, ovvero “del cielo”, come la sposa di Issione sedotta da Zeus: sicché non sarebbe del tutto infondato congetturare che la prima divinità di Dodona fosse una misteriosa dea della quercia poi chiamata Dione. Dione era la dea della sessualità ed è l'unione sessuale, la fecondità, che caratterizza anche il mito della creazione di Blodeuwedd dal fiore della quercia.
A me la quercia dà l'idea che abbia in sé sia la saggezza femminile che quella maschile, è un albero maestoso che può vivere molto a lungo, che incute rispetto; stare vicino a una quercia presso i popoli antichi doveva essere come trovarsi al cospetto di uno sciamano o una sciamana di un villaggio per ricevere consigli, anche nella fiaba di Cappuccetto Rosso la casa della nonna (la vecchia saggia) si trova vicino a tre querce, tre come il numero sacro alla Dea.
La nave degli Argonauti venne costruita grazie al contributo di Atena, che aveva personalmente preparato la prua della nave con una quercia sacra.
La quercia è un albero a crescita lenta, ma inarrestabile.
.
Ci parla quindi dell'importanza di non avere fretta e del valore delle piccole cose, perché anche un albero così possente nasce da una piccola ghianda che è simbolo di vita e di potenzialità.



Lo psicologo junghiano James Hillman ha chiamato "la teoria della ghianda" l'idea che le nostre vite siano formate da un'immagine particolare, come il destino della quercia che è contenuto nella piccola ghianda.
Nel suo bestseller Il codice dell’anima afferma che il nostro carattere e la nostra vocazione di vita sono qualità innate e che è la missione della nostra vita realizzare quelle spinte.




La ghianda era ritenuta il primo alimento degli uomini, con essa si faceva anche una specie di pane documentato ancora alla fine degli anni Sessanta: veniva preparato mescolando farina di ghiande con un tipo di argilla, secondo una tecnica già usata a Roma per la preparazione dell’alica, un pane di grano duro.
Dalla ghianda si ricavava (dopo prolungata bollitura) una farina poi utilizzata in panificazione o (dopo tostatura) una bevanda succedanea del caffè, ma anche decotti astringenti ed antidiarroici. Gli indiani d'America ne ricavavano una vasta serie di ingredienti secondari, dalla farina (con cui preparavano una specie di porridge), all'olio, alle bevande.
Le ghiande essiccate o la farina estratta hanno un alto valore energetico (circa 450 kcal per 100g), contengono proteine (6-8%), grassi (prevalentemente insaturi, 25-35%) e carboidrati (50-60%), sono ricche di calcio, fosforo e potassio, oltre che di niacina (vitamina PP): quest'ultimo fatto ne nobilitava l'aggiunta alle farine di altri cereali (generalmente povere di questa vitamina).
Il caffè a base di ghiande tostate fa la sua comparsa nel diciottesimo secolo, come eredità dei primitivi decotti, quando si diffonde il consumo del vero caffè, considerato troppo costoso per le classi meno abbienti.




Si diceva che le ghiande avessero proprietà fecondatrici e afrodisiache: d’altronde balanos in greco e glans-glandis in latino indicano sia questo frutto sia il glande del pene.
Le galle delle querce, che sono escrescenze provocate da punture di insetti, erano utilizzate nella concia delle pelli, nella tintura, nella produzione dell’inchiostro e anche in medicina per le loro proprietà astringenti.
Le querce avevano un privilegio rispetto agli altri alberi: ospitavano non una ma due specie di ninfe, le anime degli alberi: le driadi e le amadriadi. Le prime – da dryás, quercia sacra – avevano la possibilità di abbandonare l’albero: per questo motivo era proibito abbattere una quercia prima che i sacerdoti le avessero ritualmente abbandonate.
Le seconde – da háma, insieme, poiché erano congiunte indissolubilmente all’albero – morivano invece con la quercia. Ma poiché l’albero era ritenuto millenario, le si considerava quasi immortali. Appena una quercia era in pericolo, le amadriadi prorompevano in lamenti minacciosi.










Il dio celeste, reggitore del cosmo, in Italia era chiamato Giove. Tito Livio narra che dopo una vittoria contro i Sabini Romolo salì sul Campidoglio portando le armi del capo nemico ucciso, le depose ai piedi di una quercia venerata dai pastori e tracciò l’area del primo tempio di Roma dedicato a Giove, divinità “della quercia, della pioggia e del fulmine”. Ai suoi rami appendeva i trofei conquistati al nemico.
L’albero era anche l’emblema della sovranità. Una coroncina di foglie di quercia figurava sulle insegne degli antichi re di Alba Longa e dei loro successori, i re di Roma, a indicare che essi erano i rappresentanti umani del dio della quercia. Per questo motivo Ovidio nelle Metamorfosi, dopo aver tramutato la ninfa Dafne in un lauro, le predice: “Sarai fedele custode davanti alle porte imperiali/ e la quercia mirerai che è nel mezzo”.
Prima dell’era imperiale i generali vincitori che celebravano il trionfo e i magistrati che presiedevano ai giochi circensi indossavano la veste di Giove, presa a prestito del dio sul Campidoglio: il volto era tinto di vermiglio e uno schiavo reggeva sul loro capo una pesante corona di auree foglie di quercia.
Di autentiche foglie di quercia erano intrecciate le corone civiche, emblemi del valore di un cittadino. Chi la riceveva poteva portarla per sempre; se si recava agli spettacoli, al suo apparire il pubblico si levava in piedi. Aveva inoltre il privilegio di sedersi nei posti vicini a quelli dei senatori, godendo con il padre e il nonno paterno dell’esenzione di qualunque onere fiscale.
Un altro colle, il Celio, era chiamato anticamente Mons Querquetulanus per le querce che lo ricoprivano: vi si adorava Giove quale dio della quercia. Il tempio di Vesta, infine, era circondato da un boschetto di querce e il fuoco perpetuo doveva essere alimentato solo con la legna di questo albero.
Alla quercia era collegato anche il rito sanguinoso descritto da James Frazer nel Ramo d’oro, che si svolgeva intorno a una quercia del bosco nella valletta di Nemi dove si aggirava un uomo con la spada sguainata: sacerdote del bosco sacro a Diana, temeva di essere assalito da qualcuno che, uccidendolo, voleva succedergli nel sacerdozio. Ma il rivale, per riuscire nell’intento, doveva staccare il ramo d’oro che cresceva su quella quercia, il vischio, che altro non era se non la materializzazione del fuoco celeste, giunto dal cielo mediante un fulmine per consacrare quell’albero a Giove. Strappare il ramo d’oro dalla quercia significava toglierle il radicamento celeste e rendere dunque inerme colui che ne era il re-sacerdote.
Presso i popoli germanici questi alberi maestosi erano dedicati a Thor, un dio della stirpe degli Asi che in epoca precristiana contendeva la supremazia a Odino. Era il dio del tuono e della folgore, analogo ad altri della tradizione indoeuropea: Indra, Taranis, Giove, Dagda. Possedeva un’arma, il martello Mjöllnir, che aveva funzione antidemoniaca. Era protettore dell’ordine stabilito e promotore della fertilità.
I sacerdoti dei Germani e dei Celti rendevano giustizia sotto una quercia e la consideravano, come testimonia Massimo di Tiro - vissuto nel II secolo dopo Cristo – “la rappresentazione visibile della divinità”.
Sotto le fronde della quercia, gli antichi re prendevano decisioni importanti e amministravano la giustizia; l'istruzione, l'iniziazione e tutti i riti più importanti dei druidi dovevano avvenire in foreste di querce dette Drunemeton.
Ancora nel Medioevo san Luigi IX, re di Francia, usava amministrare la giustizia sotto questa pianta, trasformata evidentemente nel simbolo del Dio cristiano.
Nella prima fase della cristianità le querce suscitarono avversione perché venivano collegate al culto pagano degli alberi. È noto che gli evangelizzatori cristiani dell’Europa centrale, da san Martino a san Bonifacio, sradicavano o tagliavano alberi e boschetti sacri. Centinaia di querce furono abbattute, dalla Lituania alle Gallie. Nel secolo VIII san Bonifacio sradicò quella sacra al dio supremo Thor nei pressi di Gheisemer, per dimostrare ai pagani l’impotenza dei loro dei, e con il suo legname costruì una cappella in onore di san Pietro. Ma il culto per l’albero persistette: quando nel 1128 il vescovo Ottone di Bamberg soggiornò a Stettino, scoprì meravigliato che esistevano ancora querce sacre e ordinò di abbatterle. Ma di fronte all’inaspettata e rabbiosa reazione dei contadini, che minacciavano una sanguinosa rivolta, dovette accettare un compromesso: non le avrebbe abbattute a patto che nessuno venerasse più gli dei tradizionali, e per evitare qualunque tentazione diffuse la voce che quegli alberi erano abitati da spiriti malvagi.
L’Irminsul (in antico sassone grande pilastro) è il pilastro che connette il cielo e la terra, il mondo materiale a quello spirituale. Il suo nome derivava da un antico dio germanico, Irmin. L'Irminsul era spesso rappresentato come una quercia o un grande palo di legno forse coronato da una immagine sacra, ed era la principale divinità dei Sassoni, similmente all'Yggdrasill dei vichinghi.
Ai tempi di Carlo Magno c'erano probabilmente molti Irminsul, ma nella sua conquista dopo l'800 il rappresentante della cristianità trionfante li distrusse tutti (anche il più importante, a Externsteine), anche se presumibilmente il loro culto, bollato come pagano e demoniaco, continuò a lungo.
Nella cattedrale di Hildesheim un Irminsul, probabilmente risalente ai tempi degli antichi Romani (quando Irmin era equiparato al dio Mercurio), è stato inglobato come candelabro.
Nel sito di Externsteine si può osservare un’incisione del XII secolo, in cui un albero veniva piegato dal peso della Croce da cui veniva deposto il Cristo, incisione da molti interpretata come rappresentazione della vittoria del cristianesimo sul paganesimo.


Nel calendario arboreo Ogham la quercia è chiamata duir, contraddistingue il periodo che va dal 10 giugno al 7 luglio, il dio che lo governa è il Dagda, l’animale druidico lo scricciolo, gli aggettivi  chiave di chi è nato sotto questo segno: entusiasta, ottimista, determinato, regale.




In questo periodo, come abbiamo visto, cadeva il Solstizio d'Estate e il giorno di San Giovanni, in cui si apre la Porta tra il nostro mondo e quello delle fate, inoltre veniva sacrificato il Re Quercia, proprio come avviene al dio gallese Lleu, corrispondente dell’irlandese Lugh. Nel cristianesimo anche San Giovanni Battista è stato decapitato proprio attorno al Solstizio d'Estate.
Non sappiamo con certezza se i druidi delle isole britanniche e dell’Irlanda praticassero i loro riti religiosi nei boschi di querce come facevano i loro cugini in Gallia, ma sembra probabile. Luoghi come Derry e Kildare derivano dall’antico nome con cui si designava la quercia; l’Irlanda una volta era completamente ricoperta da alberi di quercia, la cui presenza riecheggia attraverso i secoli in nomi come Derrykeighan, Derrylanan e Derrybaun.
A Kildare le diciannove monache devote a Santa Brigida, la dea Brigid cristianizzata, mantenevano perennemente acceso il sacro fuoco a lei dedicato, probabilmente alimentato con legno di quercia.
L’arpa del dio Dagda che suonava da sola era fatta di legno di quercia e aveva il potere di cambiare l’ordine delle stagioni. Inoltre suonava tre tipi di musica: la musica che arrecava dolore, la musica che arrecava gioia e la musica che faceva sognare.
La quercia è associata allo scricciolo perché tra tutti gli uccelli venerati dai Celti era considerato il più sacro. In Irlanda era chiamato drui-en, che significa “uccello druido”, in gallese la parola dryw significa sia druido che scricciolo. The Irish Book of Ballymote (1391) descrive così la connessione tra la quercia e lo scricciolo: “La quercia dei druidi è il re degli alberi, e lo scricciolo, uccello dei druidi e re degli uccelli, è l’anima della quercia”.
Le leggende celtiche ci parlano di una mitica scrofa che possiede la saggezza e la conoscenza perché si nutre dei frutti che cadono dall'Albero di Mugna, una grande quercia che produce magicamente mele, nocciole e ghiande nello stesso tempo. La scrofa è associata a Ceredwen, ed è l'iniziatrice dei poeti e dei veggenti, colei che dona insegnamenti sciamanici, la nutrice dei sapienti grazie alla saggezza della terra. La scrofa Ceredwen, smembrando il corpo di Lleu per farlo rinascere a nuova vita ha agito come sua ultima iniziatrice e la quercia lo ha accolto nella sua nuova dimensione; dimorando su un suo ramo sotto forma di aquila, Lleu ha appreso altri insegnamenti, inoltre rinasce al  Solstizio d’Inverno, poiché è un Re Quercia.
La quercia è il re o la regina della foresta come l’aquila è il re o la regina degli uccelli. Entrambe sono associate oltre che agli dei che abbiamo visto, a Lugh-Lleu.
Prima di trasformarsi in aquila, si potrebbe dire che l’animale totemico di Lleu sia stato lo scricciolo, che gli dà modo di avere il nome da Arianrhod quando lo colpisce ad una zampina con la  fionda. Lo scricciolo, che era considerato un dio o un re, è protagonista fino ai nostri giorni di riti vari nel periodo del Solstizio d’Inverno e la sua uccisione simbolizzava un passaggio di poteri da un re ad un altro. Il suo azzoppamento ricorda l’uccisione rituale di Lleu quando viene colpito all’inguine da una lancia del suo rivale.
È stata tramandata la leggenda celtica dello scricciolo e dell’aquila in cui lo scricciolo con la sua astuzia è riuscito a volare più in alto di essa.
Lo sciamano era spesso conosciuto come “l’astuto”, e il druido, sciamano a sua volta, è anche “astuto” -  un uomo che può farsi invisibile come lo scricciolo, che può viaggiare sul dorso di una nobile aquila per raggiungere la sua destinazione, preservando contemporaneamente le sue energie.
Io leggo la trasformazione di Lleu da scricciolo ad aquila come il passaggio da una condizione umana, da druido-sciamano, a una condizione divina, il dio solare

Da: Florario di Alfredo Cattabiani
Celtic Astrology: How the Mystical Power of the Druid Tree Signs Can Transform Your Life di Phyllis Vega
www.icnovellara.it/alberi/quercia.htm
http://www.ilcalderonemagico.it/lune_quercia.html
http://ulisse.sissa.it/chiediAUlisse/domanda/2006/Ucau060617d003/

2 commenti:

  1. Anche quest'articolo sulla quercia è interessante:
    http://www.cavernacosmica.com/simbologia-della-quercia/

    RispondiElimina
  2. Lo leggerò senz'altro, grazie. Ti leggo solo adesso, l'ho un po' dimenticato questo blog :-)

    RispondiElimina